“Se l’Italicum non passa e Renzi dà le dimissioni, a quel punto sarà costretto ad andare al voto con il Consultellum e quindi a governare con altre forze. Sicuramente quelle altre forze quando andranno a trattare con lui la prima cosa che chiederanno sarà che non sia più lui il presidente del Consiglio”. Sono le parole del senatore di Forza Italia Augusto Minzolini, secondo cui “le minacce di Renzi di andare a elezioni anticipate sono prive di ogni credibilità. E se anche l’Italicum passasse, a quel punto la riforma del Senato avrà vita molto più dura”. Dopo avere votato l’Italicum a Palazzo Madama, Forza Italia ha annunciato che si opporrà a Montecitorio. Il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta, ieri ha commentato: “Per FI l’elezione condivisa del presidente della Repubblica era conditio sine qua non per proseguire nel percorso delle riforme. Per questo avevamo concesso al Partito democratico 17 modifiche unilaterali al Patto del Nazareno. La nostra stella polare era la totale condivisione nella scelta del nuovo inquilino del Colle”.



Senatore Minzolini, perché avete deciso di dare battaglia contro l’Italicum?

E lo chiede a me che sono sempre stato contrario?

Il resto di Forza Italia però prima lo ha sostenuto e ora si dice contraria…

C’è chi capisce le cose prima e chi le capisce dopo.

Le vere ragioni per opporsi sono di metodo o di merito?



Di merito. Il merito è assolutamente inaccettabile. In primo luogo il meccanismo è partitocratico, in quanto affida tutto alla logica dei partiti, dai deputati nominati al fatto che c’è un partito che potrebbe ottenere il 25% dei voti e avere il 55% dei seggi. Potrebbe cioè vincere il ballottaggio con il 51% dei voti e un’affluenza al 50%, e quindi con il 25% dei consensi effettivi.

E quindi?

Lo ritengo un fatto quantomeno paradossale. In questo modo il segretario del principale partito, che alla fine diventa anche presidente del Consiglio, ha un potere superiore addirittura a quello del presidente americano. Si crea infatti un blocco di potere che dura cinque anni, mentre negli Usa a soli due anni dalle presidenziali ci sono le elezioni di Midterm che spesso costringono la Casa Bianca a dialogare con il partito rivale. Il combinato disposto di Italicum e riforma del Senato proprio non quadra.



A molti però l’Italicum piace…

E’ un fatto che le critiche sono trasversali, vengono da Ostellino che è un liberale, da Scalfari che ha sempre guardato a sinistra, da Polito che ha un passato nel Pci. La critica è assolutamente bipartisan e va al di là degli interessi.

Quali sono gli effetti dell’Italicum sul nostro sistema complessivo? 

Si crea un meccanismo tale per cui c’è un premio di maggioranza troppo grande e nello stesso tempo una soglia di sbarramento al 3%. In questo modo si mantiene in vita uno scenario per cui c’è un grande partito, il Pd, e gli altri non sono neanche costretti a trovarsi un contenitore che li comprenda tutti. C’è il rischio di creare un sistema basato su un grande partito e tanti funghetti intorno. In questo modo si evita che si formi un’opposizione solida in grado di dare vita ai meccanismi dell’alternanza. E’ esattamente il contrario di quello che dice Renzi, secondo cui l’Italicum garantirebbe il bipolarismo. Nella realtà non è affatto così.

 

Posto che l’opposizione all’Italicum è trasversale, riuscirete a federare in Parlamento tutti i contrari?

Sicuramente Forza Italia voterà contro. Se poi la minoranza del Pd sarà capace o meno di mettere al primo posto i valori della democrazia rispetto a quelli della ditta, è una questione di etica della politica.

 

Voi siete intenzionati ad andare fino in fondo in questa battaglia o volete solo mettere i bastoni tra le ruote a Renzi?

Questa è una questione di principio: o cambia la legge o non la voteremo. La priorità assoluta è garantire l’apparentamento al secondo turno per consentire una maggiore rappresentanza alla Camera. Personalmente ritengo inoltre che anche sui capilista bloccati vadano fatte delle modifiche. Sulla soglia di sbarramento invece, se si consente l’apparentamento, non ci sono problemi. Il premier ha voluto fare però una legge elettorale che è assolutamente funzionale al Pd renziano.

 

Il governo porrà la fiducia?

Se il governo pone la fiducia può darsi che riuscirà a fare passare l’Italicum, anche se tutto dipenderà dallo spessore e dalla capacità della minoranza Pd alla Camera. Ma molto difficilmente riusciranno a far passare la riforma del Senato.

 

La battaglia si trasferirà a quel punto sulla riforma della Costituzione?

Esattamente. Anche perché a votare saranno gli stessi senatori che sono più liberi perché hanno meno da perdere, in quanto spesso hanno già all’attivo tre o quattro legislature. Non hanno in mente di giocarsi i principi per la poltrona, ed è quindi più probabile che a Palazzo Madama ci sia un’opposizione vera al disegno di Renzi.

 

Il governo cadrà sulla legge di riforma del Senato?

Alla fine secondo me il governo non cadrà. Anche se l’Italicum non dovesse passare, Renzi non ha nessun motivo per rassegnare le dimissioni nelle mani di Mattarella. In primo luogo non è detto che questo sia l’ultimo governo della legislatura. Non dimentichiamoci che Renzi è arrivato a Palazzo Chigi trasformando la sua posizione dalla volontà di andare subito alle elezioni, alla scelta di siglare un patto con il Parlamento in base a cui sarebbe arrivato al 2018. Renzi è stato insomma costretto a siglare questo patto, e non è detto che dopo di lui anche qualcun altro non sia insediato a Palazzo Chigi con questa stessa missione.

 

E se invece Mattarella accettasse di sciogliere le Camere?

Se si dovesse decidere di andare al voto, Renzi sarebbe costretto a farlo con il Consultellum. Di certo a quel punto non solo il Pd non arriverebbe al 51%, ma non raggiungerebbe neanche il 40% delle Europee: se gli andrà bene si fermerà al 33-34%. A quel punto per governare avrà bisogno di altre forze, e sicuramente quelle altre forze quando andranno a trattare con lui la prima cosa che chiederanno sarà che non sia lui il presidente del Consiglio per come si è comportato in questa legislatura.

 

(Pietro Vernizzi)

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