“Grazie di cuore ai deputati che hanno votato la prima fiducia. La strada è ancora lunga ma questa è #lavoltabuona”. Così Matteo Renzi su Twitter dopo aver incassato alla Camera la prima fiducia sulla legge elettorale, in particolare sull’articolo 1 della riforma. Sono 38 i deputati del Partito Democratico che non hanno votato la fiducia all’Italicum. “Non è una giornata semplice né serena – ha detto Gianni Cuperlo alla Camera – Amareggia e addolora non votare la fiducia perché mi sento parte di una comunità ma è un segnale legittimo e necessario per uno strappo incomprensibile”. Soddisfatta invece Maria Elena Boschi, ministro delle Riforme: “Siamo in linea con i numeri delle altre fiducie. E’ il primo passo”, ha detto lasciando l’aula.
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Ne bastavano 316, ne sono arrivati 352. Tiene la maggioranza di Renzi alla Camera dove è stata approvata la fiducia sul primo articolo della legge elettorale. 207 i voti contrari, tra i quali anche 36 provenienti da deputati del Partito Democratico. Sono in programma domani gli altri due voti, ma con questi numeri Renzi dovrebbe dormire sonni tranquilli. “Se la legge elettorale andrà e il governo potrà proseguire il proprio compito, si aprirà una fase affascinante per tutti noi – ha scritto il premier nella e-news – Finita la fase delle riforme strutturali, infatti, la questione diventa: quale visione strategica per i prossimi vent’anni in Italia? Ne ho parlato a Pompei, ma anche a Georgetown e altrove. Questa è la sfida che culturalmente più mi intriga. Dimostrare che in questo Paese così ricco di passato possiamo costruire un futuro all’altezza della nostra storia. Ma per farlo occorre investire su innovazione, ricerca, talento. Coraggio. Il coraggio, questo è ciò che serve oggi alla classe politica italiana”, ha concluso.
E’ iniziata alla Camera la prima chiama per il primo voto di fiducia sulla legge elettorale. L’operazione di voto è palese: ogni deputato, una volta chiamato, si presenta davanti al banco della presidenza per esprimere il proprio voto. “Con lo scrutinio palese imposto dal voto di fiducia – ha scritto lo stesso Matteo Renzi nella lettera inviata oggi al quotidiano La Stampa – i cittadini sapranno. Sapranno chi era a favore, chi era contro. Tutti si assumeranno le proprie responsabilità. Il tempo della melina e del rinvio è finito”. La minoranza Pd sembra intanto perdere altri pezzi: altri 50 deputati di Area riformista voteranno infatti “sì” alla fiducia sull’Italicum. Tra coloro che nel Pd non prenderanno parte al voto ci sono Pier Luigi Bersani, Alfredo D’Attorre, Gianni Cuperlo, Guglielmo Epifani e Enzo Lattuca.
“Non esco dal Pd, bisogna tornare al Pd. Il gesto improprio di mettere la fiducia lo ha fatto Renzi, non io. È lui che ha fatto lo strappo”. A parlare è Pier Luigi Bersani, annunciando che non voterà la fiducia sulla legge elettorale. “Si ricordano degli ex leader per chiedere loro lealtà solo quando si tratta di votare queste fiducie, non quando rimuovono dalla commissione o non ti invitano alle feste”, ha aggiunto l’ex premier, secondo cui Renzi “non ha messo la fiducia perché non aveva fiducia in noi, l’ha fatto per la bellezza del gesto, ed è anche peggio”. “Di fiducie ne ho votate ben 17, più di una al mese – ha detto ancora Bersani – Sono pronto a votarne 18, ma lo faccio sugli atti del governo, non posso accettare come cittadino, parlamentare, membro del partito democratico che si zittisca il Parlamento su un tema come la legge elettorale”. Poi ha concluso: “Temo che Renzi stia sottovalutando il precedente che sta creando, un precedente che porterà a niente di buono”.
“Rimodificare il modo di elezione dei senatori è complicato, l’articolo 2 è stato approvato così com’è, escludo che si possa modificare salvo che si ricominci tutto da capo. Non si voterà prima di luglio 2016”. Lo ha detto il deputato del Partito Democratico Roberto Giachetti ai microfoni di Mix24 di Giovanni Minoli su Radio 24. “La legge che votiamo oggi – ha aggiunto – è una legge peggiorata per raccogliere le richieste della minoranza Pd. Io penso che l’inserimento delle preferenze sia un danno di cui pagheremo i costi non so fino a quando, ed è stato voluto dalla minoranza del Pd”.
Alla vigilia delle dichiarazioni di voto sulla prima fiducia alla legge elettorale, la minoranza Pd torna a farsi sentire. Attraverso il suo blog, il deputato Pippo Civati ricorda: “Il Pd sull’Italicum si era già spaccato: al Senato. Sullo stesso testo, il Pd aveva perso il voto di 24 senatori, a gennaio. Allora la legge elettorale passò grazie ai voti di Forza Italia, che votò le modifiche proposte nell’ultimo Nazareno prima di Mattarella”. Un nefasto presagio per il governo quello ricordato da Civati, che aggiunge: “Anche allora l’aula fu sottoposta a un trattamento violento, con il super canguro, dettato dall’oltranzismo del governo – prosegue – Il segretario-premier non se ne curò minimamente, allora come oggi, ma se non ci fosse stata Forza Italia, non avrebbe avuto la maggioranza e il governo sarebbe andato sotto e, forse, caduto, se stiamo al clima fiduciario che si è voluto imporre nelle dichiarazioni delle ultime settimane”. Pippo Civati mette in guardia tutti quelli che pensano che la fiducia messa da Renzi sull’Italicum sia in qualche modo una garanzia per l’approvazione della legge: “Ora la questione si ripropone negli stessi termini, sotto il profilo politico, sotto il profilo dei numeri. Non avere considerato questo ‘precedentè, alla ricerca di quelli del 1923 e del 1953, è un errore. Dispiace che nessuno se ne sia accorto, ma il Pd era già spaccato allora e l’esecutivo aveva una maggioranza solo in outsourcing, diciamo così”.
“Sulla legge elettorale sono giorni di polemica e discussione. Rispetto le posizioni di tutti e di ciascuno. Fa male sentirsi dire che siamo arroganti e prepotenti: stiamo solo facendo il nostro dovere. Siamo qui per cambiare l’Italia. Non possiamo fermarci alla prima difficoltà”. Queste le parole di Matteo Renzi nella e-news, concetti già ribaditi nella lettera inviata oggi a La Stampa in cui il premier ha anche ricordato i precedenti tentativi di riforma andati a vuoto: “La nuova legge elettorale è stata promessa nel 2006, ma purtroppo non si è realizzata. È stata promessa nella legislatura successiva e non portata a termine né durante il governo Berlusconi, né durante il governo Monti: tante trattative e poi nulla di fatto”. È stata anche promessa nella legislatura successiva dal governo Letta, “ma il suo iter si bloccò quasi subito, impantanata come altri progetti”.
“La legge elettorale perfetta esiste solo nei sogni” e “mettere la fiducia è un gesto di serietà verso i cittadini. Se non passa, il governo va a casa”. Lo ha scritto Matteo Renzi in una lettera inviata oggi al quotidiano La Stampa. “Abbiamo messo la fiducia perché dopo aver fatto dozzine di modifiche, aver mediato, discusso, concertato, o si decide o si ritorna al punto di partenza. Se un Parlamento decide, se un governo decide questa è democrazia, non dittatura. Se il Parlamento rinvia, se il governo temporeggia, il rischio è l’anarchia”, si legge ancora. L’Italicum, ha aggiunto il premier, “non sarà perfetto, come nessuna legge elettorale è perfetta. Ma è una legge seria e rigorosa che consente all’Italia di avere stabilità e rappresentanza, che cancella le liste bloccate, che impone la chiarezza dei partiti davanti agli elettori. Soltanto uno potrà dire di aver vinto: non come adesso quando, dopo i primi risultati, tutti affollano le telecamere per cantare il proprio trionfo”. Se invece l’Italicum passa, “significa che il Parlamento vuole continuare sulla strada delle riforme. Per come li ho conosciuti la maggioranza dei deputati, la maggioranza dei senatori hanno a cuore l’Italia di oggi e quella dei nostri figli. E se lo riteniamo necessario ci sarà spazio al Senato per riequilibrare ancora la riforma costituzionale facendo attenzione ai necessari pesi e contrappesi: nessuna blindatura, nessuna forzatura”. Poi Renzi ha concluso: “La politica ha il compito di dimostrare che può farcela, senza farsi sostituire dai governi tecnici e dalle sentenze della Corte. Occorre coraggio, però. E questo è il tempo del coraggio. Alla Camera il compito di decidere se è il nostro tempo. Ma a scrutinio palese, senza voti segreti, assumendosi la propria responsabilità”.
E’ stato caos ieri in aula dopo l’annuncio che il governo avrebbe chiesto il voto di fiducia sulla legge elettorale. Il presidente della Camera Laura Boldrini ha dovuto domare la rivolta delle opposizioni, con i deputati di Sel che lanciavano crisantemi al grido di “è morta la democrazia” mentre il capogruppo di Forza Italia Brunetta parlava di governo fascista. Dopo la bagarre si sono incontrati i capigruppo e hanno deciso le formalità: i voti di fiducia saranno ben tre. Il primo si terrà oggi alle 15.30 gli altri due domani. Si tratta di dare la fiducia sugli articoli 1, 2 e 4 dell’Italicum mentre il voto finale sulla legge sarà a maggio, probabilmente nei primi giorni della prossima settimana. La votazione sarà segreta. Il capo del governo Matteo Renzi ha rilasciato alcune dichiarazioni esplicite in cui ha detto fra l’altro che se la legge non sarà approvata se ne andrà a casa: “La Camera ha il diritto di mandarmi a casa se vuole: la fiducia serve a questo. Finché sto qui, provo a cambiare l’Italia” ha scritto su twitter. Nel corso di una intervista televisiva ieri sera ha detto come il voto di fiducia sia l’espressione più democratica che ci sia: “Cosa c’è di più democratico di chi rischia per le proprie idee” ha detto. La minoranza Pd però è sempre contro. Fassina ad esempio ha definito il voto di fiducia un boomerang dichiarando che non darà la fiducia. Anche Bersani ha fatto sapere che non la voterà: “Sulla democrazia un governo non mette la fiducia. Si sta creando così un precedente davvero serio, di cui andrebbe valutata la portata. Questa fiducia io non la voterò”.