“D’Alema si lamenta per l’uso distorto delle intercettazioni, ma in quanto ex presidente del consiglio e leader di Pds e Ds era sua precisa responsabilità fare una legge per impedire eventuali abusi”. Lo afferma Emanuele Macaluso, ex direttore de l’Unità ed ex parlamentare di Pci e Pds. Lo scandalo per l’inchiesta sulla cooperativa Cpl Concordia, coinvolta nell’inchiesta di Napoli per quanto riguarda un appalto a Ischia, rischia di avere delle ampie ricadute politiche. Lo stesso Massimo D’Alema è coinvolto per alcune donazioni.
Partiamo dalla situazione all’interno del Pd. Come interpreta quanto sta avvenendo?
Il Pd non è un partito ma un aggregato politico-elettorale, al cui interno ci sono gruppi che vengono da comunisti, socialisti, democristiani e repubblicani. Manca ancora un coagulo, e non c’è nemmeno una lotta politica chiara. C’è una minoranza che fa le sue battaglie senza un reale progetto alternativo. La destra si è sfasciata, a sinistra non c’è niente, all’interno del Pd non ci sono progetti alternativi, e tutto ciò che resta è un partito che è espressione esclusivamente di Renzi. Il segretario continuerà a restare in sella perché a parte lui c’è soltanto il deserto.
Lei che cosa ne pensa del caso della cooperativa Cpl Concordia?
La cooperativa Concordia ha una storia straordinaria e una tradizione grande e forte. Indicare la Cpl Concordia addirittura come un centro di corruzione e di mafia non mi sembra che sia giusto. Questo non vuol dire che non ci siano dei problemi. Le cooperative un tempo avevano una sponda politica rappresentata da comunisti e socialisti, mentre oggi tutto ciò è venuto meno. Con la crisi della Prima Repubblica, le cooperative sono entrate in una situazione da cui non riesce più a uscire perché non hanno più dei riferimenti chiari. Si limitano ad avere dei rapporti con dei notabili o con delle singole personalità, non soltanto del centrosinistra ma anche del centrodestra.
Come valuta il coinvolgimento di Massimo D’Alema in questa vicenda?
D’Alema è stato chiamato in causa in maniera assolutamente impropria, perché con l’inchiesta non c’entra nulla. Io sono convinto che si debba cambiare la legge sulle intercettazioni, perché queste ultime sono utili e necessarie ma non possono coinvolgere persone che non hanno nessun coinvolgimento con l’inchiesta e con le imputazioni. La critica che muovo a D’Alema è piuttosto un’altra…
Quale?
Lui è stato presidente del consiglio, dirigente di Pds e poi Ds, ha portato Di Pietro nel governo. Era responsabilità di D’Alema quella di modificare la legge sulle intercettazioni, mentre ci pensa ora che è finito nell’occhio del ciclone. Avrebbe dovuto pensare prima che la legge italiana deve garantire chi non ha commesso reati.
Con questa inchiesta da parte dei giudici c’è la volontà di colpire una parte del Pd alla vigilia del voto sull’Italicum?
Non credo a questi complotti. Dopo Tangentopoli i giudici hanno acquisito un ruolo nella vita pubblica che non consiste solamente nel fatto di colpire i reati. Il punto è che ha assunto una funzione catartica, si sente come la forza che deve moralizzare e rinnovare la politica e il Paese. La magistratura oggi ha un potere forte perché la politica è debole e incapace di avere un suo ruolo.
Che cosa ne pensa del nuovo ministro Delrio?
Il ministro per le Infrastrutture, Graziano Delrio, non soltanto si è recato al ministero in bicicletta, con una scelta che francamente fa ridere. Ma soprattutto la prima cosa che ha detto è stata che ha telefonato a Cantone e che lavorerà insieme a lui. Questo significa che Delrio ha bisogno della tutela del magistrato anti-corruzione, perché lui come ministro non ha la forza morale e politica di dire che sarà lui a garantire l’onestà e la correttezza degli appalti.
Questo caso è portato avanti da John Henry Woodcock, già noto per le sue inchieste-spettacolo. Di che cosa è segno?
In questo clima ci sono alcuni magistrati che interpretano il loro ruolo in modo spettacolare. La stragrande maggioranza dei magistrati fa il suo dovere, e poi ce n’è una parte che vive un protagonismo anche se poi le loro inchieste finiscono nel nulla, ma questo non ha importanza. Ciò che conta però per loro è finire in prima pagina e nei titoli di testa del tg. Questo protagonismo è stato criticato tante volte dalla presidenza della Repubblica, dal Csm, dallo stesso presidente della Corte d’Appello di Milano, Giovanni Canzio, eppure alcuni magistrati continuano su questa strada. Il vero problema è che la politica deve essere pulita e forte, e la pulizia non bisogna aspettarla dai magistrati.
(Pietro Vernizzi)