“Da quando non c’è più Napolitano che faceva da argine e al suo posto c’è Mattarella che è parte integrante del partito dei giudici, i magistrati godono di un potere assoluto e incontrollabile”. Lo afferma Piero Sansonetti, direttore del quotidiano Il Garantista, a proposito dell’inchiesta del pm John Henry Woodcock sulla cooperativa Cps Concordia. La vicenda ha lambito anche Massimo D’Alema, che però ha subito querelato le testate che hanno parlato di un suo coinvolgimento.



Che cosa ne pensa del caso Cpl Concordia?

In primo luogo si tratta di un’inchiesta di Woodcock, ed è quindi destinata tendenzialmente a finire in una bolla di sapone. Sicuramente è già fallita la sua parte politica, perché era nata inizialmente per colpire D’Alema, ma la sua reazione inaspettata, immediata e molto rude, l’ha fatta saltare. L’operazione D’Alema è fallita, e non credo che ci fossero altri obiettivi perché nessuno è molto interessato al sindaco di Ischia. Woodcock pensava di fare il colpaccio e invece gli è andata male, ma del resto gli vanno male quasi tutte.



Davvero è bastata la reazione di D’Alema per fare fallire tutto?

Le accuse non ci sono, D’Alema ha reagito in modo forte, ha fatto partire qualche querela e tutto è finito lì. I giornalisti poi non sono certo dei cuor di leone: se vedono una persona moribonda non si fanno problemi ad azzannarla, ma se qualcuno tira fuori i denti scappano a gambe levate.

In questa inchiesta c’è anche la volontà di colpire la sinistra Pd alla vigilia del voto sull’Italicum?

Ho qualche dubbio, perché Woodcock è più un cane sciolto che un esponente organico del partito dei giudici. Anche se l’impressione è che sia un ringraziamento dei giudici a Renzi per i piaceri delle ultime settimane su prescrizione e falso in bilancio. Il fatto che però il pm sia Woodcock dà tutto un altro significato a questa inchiesta.



Delrio ha detto che lavorerà insieme a Cantone. Come valuta questa affermazione?

Non è altro che la dimostrazione di quello che penso da tempo: la politica è totalmente sottomessa alla magistratura, e addirittura lo fa in modo formale. Delrio ammette di non essere in grado di fare il ministro delle Infrastrutture e chiede la protezione di un’entità superiore, del potere assoluto, cioè della magistratura. E quindi chiama un magistrato a diventare il suo capo.

Le cooperative come ne escono da questa vicenda?

Le cooperative escono male da tempo, perché non sono più quello che erano. Erano nate con una missione di sinistra, di cooperazione e alternativa all’economia liberista. Entravano in un disegno che faceva parte della strategia del movimento operaio, oggi però sono diventate completamente parte della logica d’impresa e non hanno più nulla di particolare, sono un pezzo di capitalismo come un altro. Del resto la riforma del lavoro più reazionaria del ‘900 l’ha fatta l’ex capo delle cooperative, il ministro Poletti.

 

E’ un fatto non casuale?

Non è casuale, perché Poletti è considerato un esponente della sinistra e il capo delle cooperative, ma poi di fatto è qualcosa di molto simile al capo di Confindustria. Dal momento che le cooperative sono ormai puramente impresa, Poletti è un rappresentante delle imprese e quindi fa i loro interessi. Le cooperative oggi sono un pezzo importante del comando capitalistico e dell’ideologia liberista.

 

Ma quindi oggi le cooperative non hanno più riferimenti in una precisa area politica?

No, dei riferimenti politici non gliene importa più nulla. Hanno riferimenti a sinistra quando la sinistra è al potere. Siccome le cooperative sono molto forti soprattutto nelle regioni rosse, è normale che abbiano un rapporto più forte con la sinistra. Non però con la sinistra perché sinistra, ma con la sinistra perché è al potere.

 

Esiste una questione morale nel Pd?

Le questioni morali sono questioni filosofiche, non politiche. Ci può essere semmai una questione legale, se dentro al partito è violata la legge facendo politica. Quando coniò l’espressione “questione morale”, Berlinguer la pose in una modalità diversa. Pose cioè la questione del rapporto tra opposizione e potere e del rischio che l’opposizione diventasse subalterna al potere.

 

Come valuta la politica del governo sui temi della giustizia?

Il governo sta soccombendo sempre più ai giudici. Ha fatto una riformina della responsabilità civile del tutto di facciata, che non cambia nulla. Sulle grandi questioni, innanzitutto sulla separazione delle carriere, il governo non osa neanche parlare. I giudici hanno stravinto questa battaglia, nonostante sconfitte sonore come la sentenza della Cassazione su Berlusconi.

 

Perché la politica non riesce a reagire?

Non c’è più nemmeno Napolitano, che in fondo aveva fatto da argine. Al suo posto c’è Mattarella, che appartiene a sua volta al partito dei giudici, e quindi i magistrati godono di un potere assoluto e incontrollabile. Da quando è al Quirinale il nuovo presidente non ha mai detto una parola,mentre Napolitano era intervenuto svariate volte.

 

(Pietro Vernizzi)