Quale sinistra in Gran Bretagna e in tutta Europa dopo la vittoria di Cameron e la sconfitta dei laburisti? Ma anche quale destra, davanti a sfide come l’indipendentismo scozzese e le spinte per l’uscita dall’Unione europea? E’ da più di vent’anni che ci chiediamo se le parole destra e sinistra abbiano ancora valore e quale sia esattamente il loro significato. Nel 1994 Norberto Bobbio rispondeva a questi interrogativi rilanciando la contrapposizione tra destra e sinistra e identificandola con quella tra libertà e uguaglianza. Oggi però la situazione è più confusa e se queste parole appaiono (soggettivamente) ancora valide a chi sente di destra o di sinistra, il loro significato (oggettivo) è diventato molto più incerto.



Negli ultimi due secoli, destra e sinistra veicolavano idee universali, come libertà ed uguaglianza, identificando però forze politiche che agivano soprattutto dentro un orizzonte ben definito: quello dello Stato nazionale. Non a caso si tratta di termini nati dalla collocazione dei diversi gruppi politici nell’emiciclo dei parlamenti nazionali. Oggi quest’orizzonte appare meno rigido perché la realtà degli Stati nazionali è meno assoluta. Si tratta di costruzioni politico-istituzionali non ancora superate e che continuano a giocare un ruolo fondamentale. Ma, nel contesto della globalizzazione, la loro collocazione deve essere continuamente ridefinita come pure gli equilibri internazionali in cui si muovono. Ai partiti politici, perciò, spetta oggi qualcosa di più di un’azione che si differenzia secondo le diverse ideologie agendo però all’interno di una fondamentale continuità dello Stato. Non possono infatti non misurarsi anche con il problema di Stati che non hanno più un orientamento certo e un’identità ben definita.



Cameron è stato premiato dal buon andamento dell’economia britannica. Ma si trova oggi di fronte a due grandi questioni: le spinte per l’indipendenza scozzese e quelle per la fuoriuscita della Gran Bretagna dall’Unione europea. Finora, è stato favorito dall’esito del referendum scozzese, mentre ha rinviato la questione della presenza britannica nell’Unione europea ad un referendum da tenersi entro il 2017. Ha potuto perciò beneficiare della sconfitta degli anti-europeisti di Farage e ha vinto per la seconda volta elezioni decisamente anomale rispetto al tradizionale bipolarismo inglese. Ma gli appuntamenti più importanti sono ancora davanti a lui e ci si aspetta che i maggiori ostacoli vengano dall’interno del suo partito. 



Siamo infatti sempre più lontani dalla politica novecentesca. Nel novecento, la contesa era tra liberali e socialdemocratici o tra conservatori e progressisti. Oggi, invece, avanzano contrapposizioni bipolari di tipo diverso, come quella tra governo e parlamento, tra sistema e antisistema, tra Europa e anti-Europa. Anche nella situazione attuale si governa dal centro, nel senso che vince chi riesce ad occupare lo spazio politico identificato di volta in volta come centrale rispetto alle diverse forze in gioco e a proporre sintesi di volta in volta più convincenti rispetto alle diverse proposte. Ma la caratteristiche del centro cambiano profondamente con il cambiamento dello scenario complessivo.

Tutto questo mette oggi in difficoltà la sinistra, per sua natura legata a posizioni economico-sociali che non appaiono più così decisive come in passato, meno propensa a privilegiare il governo rispetto al parlamento, meno capace di assorbire le spinte euroscettiche. Ogni caso nazionale presenta ovviamente caratteristiche diverse. Ma i fattori che hanno determinato la vittoria di Cameron stanno assumendo un peso crescente anche altrove. Renzi è politicamente vincente in Italia perché appare convincente la sua narrazione di un partito che abbandona una tradizionale identità di sinistra per muovere pragmaticamente verso il centro. E se non è ancora riuscito a portare l’Italia verso una decisa ripresa economica, le aperture di Angela Merkel sull’“europeizzazione” della questione immigrazione premiano la sua insistenza su questo terreno. Tsipras potrebbe sembrare un’eccezione in controtendenza. Ma il motivo della sua vittoria non dipende dalla sua identità “di sinistra”: dipende piuttosto dalla capacità che ha avuto di convincere gli elettori (a torto o a ragione) di possedere una soluzione del conflitto con l’Europa.