“Nel momento in cui è stato costretto a toccare questioni vitali per il Paese come scuola e pensioni, qualcosa nell’ingranaggio dei consensi di Renzi si è rotto. Ora il premier è al bivio: fare come Schroeder, che fece le riforme necessarie ma non fu rieletto, o evitare di toccare le vere questioni per non perdere voti”. E’ l’analisi di Stefano Folli, editorialista di Repubblica. Nel momento in cui a Montecitorio arrivano i primi sì alla riforma della scuola, i sindacati sfilano in piazza del Pantheon a Roma. Diversi deputati si sono affacciati per ascoltare le ragioni della protesta, anche se sono poi sorti alcuni battibecchi con i manifestanti.



Si possono creare saldature tra sindacato e sinistra Pd sulla scuola?

Non c’è dubbio che il problema c’è e che a sinistra si possono creare saldature trasversali anche importanti. Si alimenta una tensione forte, che si lega allo stato di grande difficoltà in cui si trova il Pd. Non credo però che un incontro tra la sinistra Pd e i sindacati arrivi a fare cadere il governo.



Renzi ha sottovalutato il problema?

Sì, è un aspetto che Renzi ha sottovalutato, perché non è soltanto una questione di ceto politico in quanto la minoranza del Pd ha dei collegamenti nella società reale. Nel momento in cui esplode una tensione forte all’interno del blocco sociale degli insegnanti, che indubbiamente ha un peso in questo Paese, ciò fa sì che si riconnettano molti fili politici.

Quali conseguenze politiche può avere la sentenza della Consulta sulle pensioni?

La conseguenza è che una vasta platea di elettori da alcuni giorni attende con ansia che il governo risolva il problema, e ciò crea un’elevata tensione nello stesso elettorato del Pd. La Corte ha commesso un errore, tra l’altro contraddicendo altre sentenze che andavano nella direzione opposta, non tenendo conto dei problemi di bilancio dello Stato. Un organo di altissima giurisdizione come la Consulta non può ignorare le conseguenze economiche, sociali e politiche delle sue prese di posizione. Escluderei però che nella Corte costituzionale vi sia stata una sorta di complotto politico nei confronti del governo.



Che cosa si aspetta nel momento in cui il cuore del confronto politico passa da una riforma lontana dalla vita delle persone come l’Italicum a temi molto più vitali come scuola e pensioni?

Entrambi sono temi che toccano la vita delle persone, ma il governo non cadrà né sulla scuola né sulle pensioni. Si è creata una situazione nuova, che non era stata prevista e che va a incrociare le ambizioni politiche ed elettorali di Renzi. Le stesse Regionali hanno il valore di un grande test nazionale.

Che cosa accadrà?

Finora, dal punto di vista del rapporto con l’opinione pubblica, per Renzi è andato tutto molto bene. La vittoria è un treno che corre veloce e tutti cercano di salirvi sopra. Il problema si crea quando la vittoria incomincia a essere un po’ meno certa. Questo è il momento in cui iniziano a esserci dei problemi. Una parte consistente di insegnanti e pensionati sono tradizionalmente elettori del centrosinistra, e anche per questo Renzi si sta preoccupando di salvare le assunzioni dei precari. In questo momento qualcosa si è rotto nell’ingranaggio a livello dei consensi.

 

Renzi avrà il coraggio di compiere scelte impopolari o si lascerà condizionare dai sindacati?

L’allora Cancelliere tedesco Schroeder ebbe il coraggio di sfidare i sindacati e ne pagò un prezzo in quanto non fu rieletto. Renzi invece si è limitato a discorsi generici sul fatto che la Cgil non può avere poteri di veto e che bisogna essere una sinistra più moderna.

 

Quindi Renzi non ha ancora fatto le vere riforme?

Le riforma attuate finora, come Senato e legge elettorale, non sono così significative per la vita delle persone. L’unica riforma con queste caratteristiche finora è stato il Jobs Act. E’ però un primo passo, ma ne dovrà fare tanti altri nei prossimi tre anni se non vuole restare al palo. Da qui al 2018 dovrà decidere se essere lo Schroeder italiano a rischio di perdere le elezioni, oppure limitarsi a fare alcune cose, ma non tutto ciò di cui ha bisogno il Paese per riprendere lo sviluppo economico.

 

In che modo il centrodestra può uscire dalla situazione di crisi in cui si trova?

Ne uscirà quando Berlusconi lascerà il campo. Prima di allora il centrodestra continuerà inevitabilmente ad avere problemi e a essere diviso tra le sue tante anime. Il giorno in cui Berlusconi dovesse uscire di scena o limitarsi a un ruolo realmente dietro le quinte, le cose cambieranno. Dovrebbe inoltre dare vita a una Costituente del centrodestra, che non duri però soltanto 48 ore per fare parlare di sé nei telegiornali, bensì un vero processo di ricomposizione e di ricostruzione di una forza che voglia essere liberal-democratica. E’ un processo molto complesso, impossibile da avviare finché ci sarà Berlusconi in campo.

 

(Pietro Vernizzi)