Il dato nuovo è che la più temibile opposizione a Renzi si è trasferita dal terreno parlamentare a quello extraparlamentare minando, da entrambe le parti, la neutralità dei contrappesi sociali e istituzionali.

La piena vittoria del premier sull’Italicum ha infatti dimostrato l’incapacità di contrastarlo nel Pd e nel Parlamento prefigurando una sua durevole egemonia. La debolezza delle attuali alternative politiche è manifesta. La crisi del centro-destra dipende dal fatto che i principali tronconi della sua diaspora, Forza Italia e Ncd, nell’ultimo anno — pur litigando tra loro — sono stati “ai piedi” dell’ex sindaco di Firenze: principali artefici del suo avvento a Palazzo Chigi, gli hanno poi garantito vita tranquilla nelle aule parlamentari. Lo stesso Berlusconi che sceglie l’Aventino alla Camera dopo aver ceduto su tutto al Senato conferma la mancata opposizione aggravata dall’essersi fatto imbrogliare dalla Boschi e da Renzi, che non ha certo giovato al carisma elettorale del Cavaliere. In questo quadro la Lega ha strappato la leadership del centro-destra in quanto più visibile e credibile opposizione, ma con un’identità estremista che la inchioda a un “tetto” elettorale e a non essere percepita come alternativa di governo dall’elettorato moderato. Ugualmente Grillo incamera una fuoriuscita elettorale dal Pd a sinistra, ma a sua volta con un “tetto” in quanto non sinistra di governo. 



D’altra parte la dissidenza interna al Pd, per quanto siano autorevoli i suoi esponenti, anche con scissioni non allarma il vertice di partito e di governo. L’elettorato malcontento da sinistra in cerca di rivincita non punta sui “perdenti” e tali — purtroppo per loro — sono percepiti gli ex Pci. Essi infatti sono stati “rottamati” non da Renzi, ma — a Cesare quel che è di Cesare — da Silvio Berlusconi che ha disarcionato uno dopo l’altro Occhetto, D’Alema, Veltroni e Bersani. Il problema di Renzi nelle primarie fu soltanto la partecipazione al voto in quanto la sede del Nazareno — tra Franceschini che tradiva ed Epifani che si arrendeva — era già vuota e gli ex Pci volatilizzati.



Né la polemica sulla “mutazione genetica” è convincente da parte loro. E’ vero che con Renzi c’è destra nella sinistra. Ma quando ha avuto inizio questo fenomeno? Con buona pace de Il Fatto Quotidiano, il simbolo della destra nella sinistra sono proprio Di Pietro e Travaglio. Quale connotazione (o precedente) vagamente di sinistra aveva l’ex Pm? Eppure fu fatto senatore da D’Alema e ministro da Prodi, e Veltroni affossò il progetto di “partito a vocazione maggioritaria” per garantire la sopravvivenza dell’Italia dei Valori. Il “partito della nazione” non piace agli ex Pci? Ma non è stato Enrico Berlinguer a teorizzare la trasformazione del Pci in “partito della nazione”? Tale era il progetto di un partito che in nome della “questione morale” si contrapponeva a tutti gli altri partiti e proponeva agli italiani il “governo degli onesti” sospendendo la divisione tra destra e sinistra.



Ora, con la legge elettorale che delinea un premier asso-pigliatutto, l’opposizione si trasferisce appunto a presidio dei contrappesi destinati ad essere da lui annullati o conquistati. Oltre che da mass media e sindacati, è da Csm e Corte costituzionale che viene la più consistente opposizione al governo, ma con la prospettiva di diventare sempre più un paese senza regole: contrappesi e poteri neutri si vanno sbriciolando. 

Il caso più clamoroso è la Corte costituzionale. Finché si contrapponeva a Berlusconi si diceva che era lo Stato di diritto contro l’Anomalia, ma ora che la collisione è con Renzi diventa una “guerra civile” a sinistra che accumula macerie istituzionali. La sentenza sulle pensioni — votata settimane prima — è stata indubbiamente divulgata “a orologeria” in coincidenza con la protesta di insegnanti e studenti. A loro volta i giuristi sostenitori di Renzi pretendono un ufficio di Ragioneria presso la Corte costituzionale da cui far dipendere l’autorizzazione di bocciare o meno un provvedimento governativo. 

E cioè: la Corte costituzionale dovrebbe chiedere a una Ragioneria se, quando e in che misura si tutelano — di volta in volta — i diritti costituzionali. A seconda delle esigenze di bilancio: oggi sì, domani no. E’ così che le leggi retroattive tendono ad essere prassi accettata. In aggiunta scende in campo Raffaele Cantone che come Autorità nazionale anticorruzione sostiene l'”incandidabilità” dei “parenti stretti dei condannati per fatti gravi”. Considerare “irrecuperabili” i figli di condannati evoca regimi non precisamente liberal-democratici. Con l’Incorruttibile siamo tornati a quella che i costituzionalisti chiamano “la vecchia storia di Rousseau contro Montesquieu”: la “volontà generale” contro lo Stato di diritto. In nome del risanamento economico e morale c’è ormai un generale spintonamento verso un mondo senza regole.

Che la Corte costituzionale, che dovrebbe fungere da arbitro, non sia già oggi inattaccabile emerge ampiamente dal bel libro di Sabino Cassese, Dentro la Corte, che rievoca gli anni di cui l’eminente giurista ne fece parte dal 2005 al 2014. Per ben due volte (a pag. 131 e a pag. 235) Cassese si sofferma su “tipi e caratteri” dei suoi “compagni di viaggio”: si va dal giudice che “si appisola durante le udienze” a quello “bravo e preparato, ma partigiano”. Su 17 se ne “salvano”, a malapena, un paio.