La Camera dei Deputati ha approvato la riforma della scuola con 316 voti a favore, 137 contrari e un astenuto. Stefania Giannini, ministro dell’Istruzione, ha commentato così: “Sono emozionata e soddisfatta, molto soddisfatta. E’ stato un passaggio parlamentare molto vissuto, con coinvolgimento da parte di tutti, con interventi appassionati, talvolta appassionanti. Anche le opposizioni hanno mostrato una carica emotiva molto forte”. Un voto che per Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera, è importante dal punto di vista dei contenuti, ma che dal punto di vista del consenso elettorale di Renzi cambia poco, in quanto la vera questione è “la rottura degli argini tra Pd e centrodestra che rappresenta il vero messaggio del voto in Campania, Liguria e Puglia, e che potrebbe costare a Renzi un forte astensionismo da parte dell’elettorato tradizionale di centrosinistra”.
La Camera ha approvato la riforma. Abbiamo una scuola migliore?
Secondo me sì. Gli elementi fondamentali della riforma tendono a quello che va fatto per modernizzare la scuola italiana. Il mio unico dubbio riguarda l’assunzione dei precari. Sconvolgere il principio in base a cui nella pubblica amministrazione si entra per concorso è un po’ pericoloso. Mentre l’autonomia dei singoli istituti e la responsabilità dei dirigenti scolastici sono tutte cose di cui si parla da decenni. Sono misure che vanno nella direzione di un’offerta formativa più flessibile, personalizzata ed efficiente.
A Renzi conviene di più andare subito al Senato o attendere le Regionali?
Francamente questa è tattica politico-parlamentare. A questo punto però Renzi ha già incassato un massiccio dissenso, e quindi gli conviene mostrarsi più decisionista e condurre in porto la riforma prima delle elezioni.
Sul tema della scuola si è ricreato il Patto del Nazareno con Forza Italia?
No. Il Nazareno era un patto politico che presupponeva uno scambio politico. Qui siamo piuttosto in presenza di una convergenza programmatica naturale, in quanto i contenuti della riforma della scuola sono in sostanza gli stessi che avrebbe voluto il centrodestra quando era al governo.
Alla vigilia delle Regionali, da dove vengono i principali rischi per Renzi?
Renzi si trova senza dei veri e propri competitor politici, non c’è qualcuno che può vincere le elezioni al suo posto. Il massimo del successo che può avere Salvini è il fatto di vincere in Veneto e ottenere delle buone percentuali nelle altre Regioni.
E Berlusconi?
Berlusconi non può vincere praticamente da nessuna parte. Se anche Caldoro vincesse in Campania, non sarebbe una vittoria di Berlusconi. Il massimo che può fare il Cavaliere è prendere più voti di Fitto in Puglia, cosa che secondo me accadrà.
Quindi Renzi non rischia nulla in questa tornata elettorale?
L’unico rischio è che un forte astensionismo dell’elettorato tradizionale di sinistra faccia fare una brutta figura a Renzi, per esempio con percentuali basse in Liguria. A infastidire l’elettorato di sinistra possono essere in parte le tensioni con i sindacati, ma soprattutto un messaggio politico lanciato in queste Regionali, e cioè che in alcuni luoghi del Paese il Pd ha rotto gli argini che lo dividevano dal centrodestra.
In che senso questa sarebbe una novità di queste Regionali?
Alle Primarie in Liguria la Paita ha avuto gli scajoliani dalla sua parte, in Campania più della metà dei cosentiniani sono passati con De Luca e in Puglia Emiliano ha fatto incetta di esponenti locali del centrodestra. Questo è un fatto che irrita una parte degli elettori del Pd e che potrebbe finire per tenerli lontani dalle urne.
I rimborsi ai pensionati decisi dalla Consulta possono creare nuove tensioni tra governo e sindacati?
Nei confronti dei sindacati un primo passo è stato compiuto, perché una parte dei pensionati prenderà un piccolo rimborso. Si sta piuttosto creando una certa tensione nel popolo dei pensionati, per una parte dei quali vige ancora il sistema retributivo, in quanto ci sono continuamente voci di nuove riforme, cambiamenti e stravolgimenti. Tutto ciò crea una tensione politico-sociale, ma anche una certa indisponibilità al consumo. Quando c’è un allarme di questo tipo la gente sospende le decisioni di acquisto e di investimento, preferendo risparmiare.
Lo scontro Renzi-Zingaretti può trasformarsi in un problema nel rapporto con gli enti locali?
Questa è la conseguenza naturale degli eventi. Renzi tenderà sempre a dimostrare che non ha aumentato le tasse, anzi le ha abbassate. Questo però avviene grazie al fatto che aumentano le tasse locali. In questi anni c’è stato un massiccio aumento della tassazione dal centro agli enti locali, con il risultato che è aumentata la pressione fiscale complessiva e in particolare quella regionale relativa agli enti locali.
E quindi?
Questa tensione, che già del resto si era creata con Chiamparino in occasione del Def, continuerà a ripetersi perché il governo centrale deve convincere l’elettorato del fatto che sta abbassando le tasse, per scaricare la colpa degli aumenti fiscali su Regioni ed enti locali che poi protesteranno, anche e soprattutto se sono del Pd.
(Pietro Vernizzi)