Anche per Vincenzo De Luca sarà applicata la legge: è la sorprendente dichiarazione del ministro Alfano al temine di una giornata politica divenuta incandescente dopo la pubblicazione da parte della commissione Antimafia, presieduta da Rosy Bindi, della lista degli “impresentabili”, i politici coinvolti in reati la cui tipologia è minuziosamente prevista dal codice di autoregolamentazione approvato dalla stessa commissione il 23 settembre 2014. Per tutta risposta, ieri De Luca — che qualora venisse eletto, potrebbe essere sospeso da governatore per gli effetti della legge Severino  — ha querelato la Bindi per diffamazione. Su oltre 4mila candidati esaminati, la Commissione Antimafia ha individuato 16 impresentabili: 4 sono candidati in Puglia, gli altri 12 in Campania. Tra di loro c’è De Luca. Qualche effetto, alla vigilia delle elezioni regionali, la lista dell’Antimafia lo ha già prodotto, perché Antonio Scalzone ha ritirato la candidatura e Francesco Plaitano ci sta riflettendo. Ne abbiamo parlato con Massimo Luciani, costituzionalista e avvocato.



Professore, e se un “impresentabile” venisse eletto?
Il termine “impresentabile” è giornalistico, non giuridico. E non significa affatto che un candidato non si possa presentare, o che sia tenuto a fare alcun tipo di passo indietro. 

Se mettiamo da parte la polemica politica delle ultime ore, come siamo arrivati a questo?
La legge istitutiva della commissione Antimafia ha dato alla commissione il compito di verificare su possibili infiltrazioni della criminalità, in particolare di quella organizzata, nelle assemblee rappresentative. La commissione, poi, ha ritenuto di proporre ai partiti un codice di autoregolamentazione, invitandoli ad adottarlo. I partiti che lo accettano si impegnano a non presentare candidati che si trovano in una determinata condizione prevista da quel codice. In realtà, però, anche quei candidati sono perfettamente eleggibili.



Dunque il problema politico è una cosa, quello giuridico un’altra.
Indubbiamente.

Però ci sono polemiche sulla tempistica della lista. E’ stata pubblicata a poche ora dal voto, e domani (oggi, ndr) c’è il silenzio elettorale. La commissione non ha oltrepassato le sue prerogative?
Occorre anzitutto inquadrare la questione in termini più generali. Nella relazione approvata nel 2014 la stessa commissione ha rilevato che, qualificando come non candidabili o invitando i partiti a non candidare persone che si trovano in condizioni diverse da quella del condannato in via definitiva, si corre un grave rischio, perché il candidato potrebbe essere successivamente assolto, mentre il danno subìto nel frattempo sarebbe molto grave e non rimediabile.



Era l’unico problemaNo, ce n’è un altro, che la commissione ha voluto tener presente: precludere la candidatura soltanto ai condannati in via definitiva le è parso troppo debole, perché consentiva di fare politica a personaggi che sarebbe stato il caso di tenere lontani. 

Dunque?
Sono due esigenze molto delicate, che la commissione ha inteso bilanciare con il codice di autoregolamentazione. Tuttavia una cosa è un codice di autoregolamentazione, altra una disciplina legislativa vincolante. E quanto ai tempi, essi sono condizionati dall’acquisizione della documentazione. Poiché non sappiamo come si sia proceduto, la mia risposta… è che al momento non posso rispondere. 

Che cosa bisognerebbe sapere?

Se la commissione abbia sollecitato l’invio di questi dati tempestivamente, se le procure li abbiano altrettanto tempestivamente inviati, se la commissione li abbia vagliati con la dovuta celerità. Lo si potrebbe dire solo conoscendo minuziosamente i fatti. E ho l’impressione che questi nessuno li sappia.

Impresentabile o no, Vincenzo De Luca si è detto certo, se eletto, di poter governare, legge Severino o meno. Ha ragione?
Sulla legge Severino pendono delle questioni di costituzionalità e gli interessati possono soltanto fare delle ipotesi su quello che potrebbe essere il pronunciamento della Consulta. Esprimere ora un parere, nel senso della incostituzionalità o meno, è inopportuno.

Quali sono i dubbi di costituzionalità che incombono?
Soprattutto — se non ricordo male le censure — la retroattività delle misure e il problema della loro proporzionalità: se cioè l’incandidabilità sia una conseguenza proporzionata. Ma la questione di fondo è che si deve decidere sull’equilibrio tra il garantismo penale, perché la Costituzione stabilisce la presunzione di non colpevolezza fino alla condanna definitiva, che è un principio essenziale di civiltà giuridica, e l’esigenza di una moralizzazione della vita politica.

Moralizzazione, appunto. Lei diceva che “impresentabile” non è un termine giuridico, in effetti assomiglia più ad una qualificazione morale.
Infatti. Si tratta di un’etichetta molto pesante, che può voler dire inqualificabile, oppure non candidabile. E forse in tutt’e due queste accezioni non è il termine più felice. Capisco l’esigenza giornalistica di semplificare, però la questione è complicata e ne vanno di mezzo principi — come dicevo — di civiltà giuridica ed esigenze di morale pubblica. 

Ma allora il problema qual è?
Conciliare l’esigenza di moralizzazione con la tutela di un valore giuridico fondamentale dello stato di diritto, il principio della non colpevolezza in assenza di condanna in via definitiva. E non è per niente semplice.

Lei attribuisce alla commissione un ruolo moralizzante?
Al contrario. Sarebbe invece bene mettere da parte sia l’atteggiamento del moralizzatore che vuole tutto travolgere, sia quello di chi ritiene che la legge non desse alla commissione alcuna competenza in materia. Bisognerebbe ragionare pacatamente, evitando posizioni massimalistiche. 

“O la Severino viene cambiata per colpire i delinquenti e non gli amministratori oppure rischia di fare danni. Sono tutti terrorizzati dall’idea di mettere una firma sotto un qualunque atto amministrativo”. Lo ha detto De Luca. Come commenta?
Non ritengo opportuno, a ridosso della consultazione elettorale, commentare quello che ha detto De Luca. Dico però una cosa: che occorre scrivere in modo più preciso le leggi per far sì che i reati siano definiti con molta più precisione, e che anche la discrezionalità dell’amministrazione dev’essere delimitata con maggiore attenzione. La legge deve essere il più possibile precisa, altrimenti l’apprezzamento del giudice sull’esistenza di un illecito finisce per essere troppo ampio. E si pregiudica la certezza del diritto.

(Federico Ferraù)