— Oggi sono chiamati al voto i cittadini di Veneto, Liguria, Marche, Umbria, Toscana, Campania e Puglia per eleggere i nuovi governatori. Finisce una campagna elettorale anomala, dice Peppino Caldarola, opinionista ed ex direttore dell’Unità, “tutta segnata da faide interne — nella sinistra in Liguria, in casa Lega in Veneto, Berlusconi contro Fitto in Puglia. E assistere alla guerra civile nella propria parte è sempre dissuasivo”. Senza contare l’ultimo episodio, la pubblicazione della lista degli impresentabili da parte della commissione Antimafia nella quale figura al primo posto il capolista Pd in Campania Vincenzo De Luca. Una vicenda che spacca il Pd e fatto dire a Renzi, ieri a Trento per il festival dell’Economia, che le regionali non sono un test su di lui. “La preoccupazione di Renzi è reale, perché in un mese è cambiato tutto” spiega Caldarola.



Per Renzi questa faccenda degli impresentabili davvero non ci voleva.
In tutta questa vicenda ci vedo poco di atto dovuto e molto, anzi quasi tutto, di trappola politica. Le liste elettorali sono pronte da un mese, la commissione avrebbe dovuto dare il suo parere nel giro di poche ore dalla presentazione delle liste.

Impossibile, dati i tempi necessari per raccogliere la documentazione.
Su questo la Bindi dice una non verità, per usare un eufemismo. Perché è evidente, parliamoci chiaro, che quei nomi non dicono niente a nessuno. Tranne uno.



Cosa avrebbe dovuto fare la Bindi?
Convocare la commissione appena depositate le liste, esaminare la posizione di De Luca prima di quella di tutti gli altri candidati e dire al Pd se il suo capolista è o non è eleggibile. Così invece ha messo nei guai De Luca medesimo, il Pd ma sopratutto gli elettori.

Renzi è stato ingenuo?
Renzi non può pensare di mettere in mora una classe dirigente e pensare che questa non reagisca. La critica che faccio a Renzi, da non renziano, è di non essere stato renziano, scusi il gioco di parole. In tutta questa vicenda è stato poco rottamatore. 

Dove ha sbagliato?
La Paita nasce nella scuderia di Claudio Burlando, teoricamente un rottamato perché fa parte della vecchia famiglia dalemiana. De Luca è un personaggio di lungo corso e non è di Renzi. Michele Emiliano è in politica da oltre 12 anni. Catiuscia Marini ed Enrico Rossi sono ricandidature, anche Ceriscioli preesiste a Renzi. L’unica candidata renziana per modo di dire è l’ex portavoce di Bersani Alessandra Moretti. Dov’è il segno di Renzi?, in quale candidato si esprime, dal momento che vuole essere giudicato dagli elettori? L’elettore vuole saperlo, ma stavolta resta senza risposta.



Il premier ha preferito vincere invece di rottamare. 

Il punto è un altro, ed è che il segretario politico del Partito democratico non controlla il Partito democratico. Il Pd è un partito con una leadership molto forte e uno stato maggiore piuttosto chiuso in se stesso che nella politica nazionale, come si usa dire, non dà i resti a nessuno, ma che il controllo della periferia non ce l’ha.

Non lo aveva nemmeno con Bersani?
Nemmeno con lui, perché nel corso di questi anni, fatti di quattro segretari politici e di un continuo via vai tra partito liquido e partito della “ditta”, il Pd locale è finito nelle mani dei cacicchi, dei signori delle tessere, dei capi locali che hanno fatto legge a se stessi. Ma nessun leader politico può fare a meno dello strumento che è chiamato a governare. Il suo rapporto con l’opinione pubblica è importante, ma non è il solo.

Quanto può pesare la vicenda De Luca, dichiarato impresentabile dal Pd?
Penso che spingerà tanti a non votare. Una vicenda così è benzina sul fuoco di chi si arrabbia decidendo di astenersi, anche in Campania. Prenda un elettore del Pd. Vede un suo candidato eminente giudicato impresentabile 48 ore prima del voto dalla presidente della commissione Antimafia che è dirigente del suo stesso partito; come fa a non venirgli il dubbio che si stia giocando una partita nella quale la sua voce non conta niente?

Voti per Caldoro?
Non vedo tanto un passaggio di voti da De Luca a Caldoro, quanto un suffragio persino emotivo a favore di De Luca e una quota parte di cittadini che alza le mani e dice al Pd: se volete combattervi così, questa guerra ve la fate da soli. Insomma, “non in mio nome”.

Fino a ieri tutti gli occhi erano puntati sulla Liguria. Come andrà?
E’ una sfida molto delicata perché se Cofferati, con Pastorino, prende il 12-14 per cento rendendo difficile o perfino impedendo l’elezione della Paita in un voto regionale che veniva dato per scontato, allora per Renzi sarà chiaro che la fronda interna al suo partito è una questione molto delicata. 

Prima Renzi parlava di 7-0, poi una settimana fa di 4-3. Ieri ha detto che quello di domani (oggi, ndr) non è un test su di lui.
La preoccupazione di Renzi è reale, perché in un mese è cambiato tutto. L’assedio da sinistra è guidato dalla Cgil e non, si badi, dal buon Bersani né da altri. Non è un paradosso che la vera partita politica, al netto dell'”impresentabile” De Luca, si giochi in casa di Cofferati, cioè dell’uomo che ha inaugurato la politicità assoluta del sindacato, facendone un soggetto politico. Infatti la Camusso, con meno appeal e con maggiore grinta burocratica, ha quasi cancellato la dimensione sindacale per farne un partito politico tout court. E’ lei oggi a sfidare Renzi.

Un suo pronostico generale? 

Molto complicato, visto che i sondaggi si sono rivelati fallaci. Il M5S tutto sommato ha consolidato la sua immagine di opposizione e potrebbe conseguire un risultato migliore di altre amministrative. La vicenda campana può influire non solo sul voto dei campani, in Liguria ci può essere un elettorato leghista non proprio contento di portare acqua al mulino di Berlusconi, col rischio magari di fargli accampare pretese di leadership al posto di Salvini. In generale sento un clima astensionista crescente, potrebbe essere questo il primo partito, confermando il trend delle ultime europee e delle ultime regionali. 

Caldoro è forte?
Potrebbe essere una sorpresa. Non so giudicarlo da governatore, ma da uomo pubblico è assolutamente discreto e la mia personale convinzione è che stiamo entrando in una fase in cui il politico discreto verrà di moda. Gli urlatori hanno cominciato a stufare.

(Federico Ferraù)