“Da che mondo è mondo per mettere in difficoltà un leader bisogna creargli un’opposizione forte all’interno del suo stesso partito, mentre le scissioni non portano da nessuna parte. Dimettendosi dal Pd Civati ha fatto solo un piacere a Renzi”. Lo afferma Emanuele Macaluso, ex direttore de l’Unità ed ex parlamentare di Pci e Pds, a proposito dell’addio di Pippo Civati al gruppo della Camera e allo stesso Pd. Il deputato ha spiegato così la sua scelta: “Renzi non ha rispettato il programma elettorale con il quale siamo stati eletti, a cominciare dalla legge elettorale e dalle riforme. Ha parlato di risultati straordinari del Jobs Act che non si vedono”.



Civati è uscito dal Pd. C’è il rischio che si operi una saldatura tra deputati anti-Renzi e malcontento presente nella società?

Io non ci credo. Scissioni così modeste come quella di Civati lasciano il tempo che trovano. Storicamente del resto le scissioni non sono mai riuscite ad arrivare a nulla. Quando nel 1963-1964 Saragat si schierò a favore della formula politica del centrosinistra, si determinò lo scissione dello Psiup per opera di personalità come Foa, Basso, Vecchietti, ben superiori rispetto a Civati, eppure fallirono. La battaglia politica andrebbe fatta per cambiare il Pd, dentro al partito, con un progetto politico che questa minoranza non ha mai avuto.



Ritiene che Civati non andrà da nessuna parte?

Sì, la sua fuoriuscita avrà conseguenze modeste, senza nessuna possibilità di collegarsi con la massa politica.

Civati può ottenere il sostegno di Camusso e Landini?

Non credo. L’operazione di Landini è nata morta, mentre la Camusso in quanto espressione del sindacato vuole limitarsi ai problemi che riguardano il lavoro: non credo che la Camusso darà ascolto a Civati. La Cgil continuerà a esprimere il malcontento nei confronti delle posizioni del governo ma a partire del suo ruolo di sindacato, e non invece sulle questioni che pone Civati.



Lo sciopero della scuola documenta una frattura tra Renzi e la sua base politica?

Non la definirei una frattura. L’errore di Renzi è nel fatto di sottovalutare l’importanza di una trattativa con il sindacato. Non per accettarne poi tutto, ma per comprenderne gli umori e tenerne conto. Lo sciopero degli insegnanti è significativo solo da questo punto di vista. La legge poteva certamente essere migliorata prima, se soltanto Renzi avesse avuto la modestia di creare un rapporto con il sindacato.

Esiste uno spazio politico a sinistra di Renzi?

Oggi no. Per creare uno spazio a sinistra occorre un progetto politico forte e una leadership capace di esprimere realtà nuove. In questo momento però non vedo progetti alternativi a Renzi. La minoranza del Pd finora non è stata capace di fare altro che emendamenti: alla legge elettorale, alla riforma del Senato e così via. Non è stata però in grado di condurre una battaglia politica all’interno del partito. Renzi resta forte, perché la destra è inesistente e nel Pd non ha un’opposizione capace di progettare un futuro.

Che cosa ne pensa della scelta di Mattarella di firmare l’Italicum?

E’ giusto che il capo dello Stato non intervenga a meno di una manifesta incostituzionalità. Ma deve essere un fatto talmente evidente da costringerlo a un passo di questo tipo. Altrimenti il presidente della Repubblica deve firmare, come hanno firmato sempre tutti.

 

Napolitano in più casi scelse di non firmare norme su cui aveva delle riserve…

Napolitano non firmò per contraddizioni presenti nelle norme stesse, come dei decreti che non avevano un carattere di urgenza previsto dalla Costituzione. Altri presidenti, come per esempio Pertini, invece firmarono qualsiasi legge.

 

Sull’Italicum c’è stato un numero di dissidenti in aumento. Sulla riforma del Senato, Renzi rischia di andare sotto?

Questo non lo so, lo vedremo durante le votazioni a Palazzo Madama. E’ inutile fare ora previsioni su come andranno le cose.

 

I continui strappi di Renzi, come la fiducia sull’Italicum, produrranno delle conseguenze politiche?

Finora non mi pare che ne abbiano avute. Le conseguenze politiche sarebbero la fuoriuscita di Civati? Lasciamo stare. Anche se comunque avere messo la fiducia è stato un errore e una forzatura, perché la legge sarebbe passata lo stesso. Il premier ha posto la fiducia per sfidare la sua minoranza, e quindi è stata una vicenda interamente interna al Pd.

 

Che cosa ne pensa dell’ipotesi di indire un referendum contro l’Italicum?

Un referendum contro la legge elettorale non si può fare. Bisogna limitarsi a parti dell’Italicum, come si è fatto anche in passato, in quanto una legge elettorale deve esserci sempre.

 

(Pietro Vernizzi)