Doppio pasticcio di Renzi su Mafia Capitale e scuola. Lo evidenzia Paolo Franchi, editorialista del Corriere della Sera, secondo cui “dopo la prima ondata degli scandali romani un sindaco debole come Marino si è ritrovato all’improvviso molto forte perché lui con i corrotti non c’entravano nulla. Il fatto che Renzi abbia cercato di scaricarlo è stata tutto tranne che un’uscita intelligente”. Lo stesso si può dire sulla riforma della scuola, con l’80% dei professori scesi in piazza il 5 maggio scorso che sono elettori di Renzi e non sanno neanche che cosa sia la minoranza Pd. Eppure per Franchi, “adesso il premier vuole mettere in conto alla minoranza Pd il fatto che 100mila precari della scuola non saranno assunti. In questo metodo di fare politica non c’è nulla di normale”.
Partiamo da Mafia capitale. Perché Orfini ha deciso di difendere Marino?
Fino all’altro ieri era lo stesso Renzi che difendeva il sindaco di Roma. Il segretario ha mandato Orfini in tv e sui giornali a dire che la giunta Marino non si toccava perché era l’antemurale contro la corruzione, e adesso cambia posizione costringendo il presidente del partito ad ammettere di avere detto fesserie fino a cinque minuti prima. Orfini dovrà pur dimostrare un minimo di dignità politica, e non può certo rovesciare di 180 gradi la posizione. Ci gioca infatti la sua immagine e il suo peso politico. Avrei trovato tragicomico il fatto che Orfini si adeguasse a Renzi per scaricare Marino. Va anche tenuto conto del fatto che Orfini è un uomo del Pd romano, e non è espressione delle famiglie fiorentine, e quindi ha un problema di credibilità nei confronti del suo partito.
Quali conseguenze può avere lo scontro tra queste due anime del Pd incarnate da Renzi e Orfini?
E’ tutto da vedere se Renzi terrà duro sulla richiesta a Marino di dimettersi: potrebbe anche capire ben presto che è meglio rinunciarvi. Anche perché o si induce Marino a dimettersi con una pressione personale, ma non pensa niente affatto di cedere, oppure si cerca di percorrere la via del commissariamento che però ritengo sia molto difficile.
Esiste una terza via?
La terza possibilità è che il gruppo del Pd in Campidoglio voti la sfiducia a Marino, ma in questo caso alle prossime elezioni regalerebbe Roma all’M5S. Con le sue affermazioni sul sindaco di Roma, Renzi si è dunque andato a cacciare in un gratuito pasticcio. Io non ho nessuna simpatia per Marino, lo ritengo un sindaco molto debole. Eppure dopo la prima ondata di arresti per Mafia Capitale il sindaco si è ritrovato all’improvviso molto forte perché lui con i corrotti non c’entrava nulla.
Perché allora il segretario vuole scaricarlo?
Siccome le elezioni in Liguria e a Venezia sono andate male, Renzi se ne esce dicendo: “Fossi in Marino non starei tranquillo”. Quella del premier è stata tutto tranne che un’uscita intelligente. A questo punto o Renzi dà seguito alle sue affermazioni, oppure la sua è una “rodomontata” senza senso.
Al di là del caso romano come vede la resa dei conti nel Pd dopo le Regionali?
Le elezioni del 30 maggio hanno dimostrato quanto fosse una fesseria l’idea che Renzi potesse recuperare al centro e a destra i consensi persi nel suo elettorato tradizionale. Un partito può cercare di rubare i voti delle altre forze solo a patto che in primo luogo riesca a conservare i propri. Nella realtà la politica di Renzi porta il Pd a scontare un prezzo alla sua sinistra, soprattutto sotto forma di astensionismo, e a guadagnare poco o nulla al centro e nell’elettorato moderato.
Ora la “linea gotica” tra premier e minoranza Pd sembra essersi spostata sulla scuola. Renzi sarà costretto ad arretrare?
La questione della scuola va capovolta, perché la sua domanda rovescia i veri termini di quanto sta avvenendo. Alla manifestazione del 5 maggio contro la riforma della scuola sono scesi in corteo tutti gli insegnanti. In piazza quel giorno non c’erano gli estremisti, ma le signore di mezza età con la bandiera della Cisl. E’ la stata prima volta in cui la gente è scesa in piazza non contro il proprio avversario, ma contro il presidente del consiglio del partito per cui vota abitualmente. Almeno l’80% dei manifestanti erano elettori del Pd. E’ un fatto che non riguarda i rapporti tra Renzi, la Giannini, Tocci e D’Attorre, ma che tocca la natura stessa del partito.
Renzi però di fatto sulla scuola non sta negoziando con i sindacati, ma con la minoranza del Pd…
L’invito di Renzi alla minoranza Pd è a togliere gli emendamenti o salterà l’assunzione dei precari. E’ un ragionamento simile a quando ha affermato che la Paita in Liguria ha perso per colpa di Pastorino. Adesso vuole mettere in conto alla minoranza Pd il fatto che 100mila precari della scuola non saranno assunti. In questo metodo di fare politica non c’è nulla di normale.
Perché?
Tutt’al più è la minoranza del Pd, debolissima in Parlamento, che può farsi forte grazie a quanti hanno aderito allo sciopero della scuola. Ma non si può certo dire che 600mila insegnanti abbiano scioperato perché glielo ha chiesto la minoranza del Pd, perché questi la minoranza del Pd non sanno neanche che cosa sia.
(Pietro Vernizzi)