Nonostante la batosta subita da Raffaella Paita in Liguria, seconda con il 27,8%, e da Alessandra Moretti in Veneto, al 22,7%, per Debora Serracchiani quella del Pd alle Regionali è stata una “vittoria netta e chiara”. E Lorenzo Guerini rincara la dose: “De Luca era candidabile, eleggibile e insediabile e seguirà questo percorso. Dopodiché c’è una legge che assegna competenza agli organi di governo. Ma la legge non parla di decadenza, eventualmente di sospensione”. All’indomani del voto va in scena una conferenza stampa paradossale con i vertici del Pd in evidente difficoltà, impegnati a difendere la linea del Piave mentre Renzi se ne vola in Afghanistan. Per Piero Sansonetti, direttore del quotidiano Il Garantista, la verità è un’altra e presto il segretario dovrà farci i conti.



Che cosa accadrà all’interno del Pd dopo il voto di domenica?

L’unico sconfitto di queste elezioni è Renzi, e il vero leader si vede nei momenti di difficoltà. Ora capiremo se finora è stato soltanto fortunato o se invece ha la stoffa per andare avanti. Il messaggio di queste regionali è che la politica è una cosa un po’ più complicata del renzismo. Il premier si era illuso di avere asfaltato tutti, mentre nella realtà non è stato così.



Come valuta il risultato di queste regionali?

Se Renzi non ha subito una Caporetto tale da costringerlo a dimettersi è merito del vecchio Pci e dei dalemiani, che gli hanno consentito di vincere in Umbria, Marche e Toscana. In Campania De Luca ha vinto grazie a De Mita, segno emblematico del fatto che il premier si illude se pensa di poter fare a meno della vecchia politica. Lo stesso Michele Emiliano in Puglia non è un uomo del segretario.

Come vede il flop del Pd in Liguria e Veneto?

Le candidate renziane, come Alessandra Moretti e Raffaella Paita, si sono dissolte. Queste regionali tra l’altro avrebbero potuto essere un’occasione per la legittimazione di un presidente del Consiglio che non è mai stato votato, eppure non è così. Ora con il Pd che è passato dal 40% al 25%, anche il voto delle europee è stato cancellato. Renzi deve capire che i problemi del partito non si risolvono affidando tutto nelle mani di Luca Lotti. Il segretario deve fare i conti con quella parte del partito di cui non condivide le idee, con il sindacato e con gli insegnanti.



Per i vertici del partito un 5-2 è una vittoria. E’ davvero così?

Questa è un’affermazione tecnicamente sbagliata, semmai 5-2 è un pareggio. Il Pd ha semplicemente difeso le Regioni rosse, dove il merito è più di Togliatti che di Renzi, perdendo però la Liguria. E il merito della vittoria in Campania è soltanto di De Luca e non del Pd. Negare la sconfitta non è mai un buon metodo. Se Renzi incomincia così non ha più nessun futuro.

Come si spiega la débacle del Pd renziano?

Il problema del segretario è che non ha consiglieri, è privo di un gruppo dirigente ed è circondato soltanto dai suoi amici fiorentini. Io penso che nei prossimi giorni se ne renderà conto e cambierà strategia. Prenderà atto della sconfitta e rinuncerà anche a Italicum e riforma del Senato. Dovrà rivedere entrambe per ritornare a un tavolo più ampio, ma soprattutto sarà costretto a capire che la politica è concertazione.

 

Per la Paita la responsabilità della sconfitta in Liguria è di Pastorino…

E’ una dichiarazione folle. Non si può pensare di fare una legge elettorale maggioritaria, e poi negare al candidato della sinistra il diritto di presentarsi.

 

La Liguria è un punto d’arrivo o la nascita di un nuovo progetto politico?

La Liguria è sempre stata un laboratorio e una Regione rappresentativa delle percentuali nazionali, proprio per il fatto di essere parte nello stesso tempo del Nord e dell’area mediterranea.

 

L’addio al 40% delle Europee significa anche l’addio al partito della nazione?

Sì. Renzi deve decidere se vuole tornare a fare il Pd, ma allora dovrà chiedere scusa a Camusso, Civati e Cofferati in quanto non si può fare un partito di centrosinistra contro la Cgil, gli insegnanti e D’Alema. In alternativa può fare un partito di centro che prenda dal 15% al 20%. Nel secondo caso però deve dare per scontato che alla sua sinistra nasca un’altra forza politica. Resta il fatto che Renzi non ha sfondato a destra, e se non lo ha fatto stavolta non lo farà mai più.

 

Alla vigilia Renzi aveva detto: “Non è un voto su di me e sul governo”. E’ stato effettivamente così?

Il Pd si è presentato in sette Regioni e Renzi è il segretario. Potrebbe rinunciare a questa carica, ma per ora deve accettare il fatto di essere stato giudicato dagli elettori. Domenica il Pd è il partito che ha perso.

 

Da chi è impersonato di più il Pd non renziano?

E’ impersonato da Susanna Camusso, per paradosso un’ex socialista che in questo momento è il punto di riferimento per chi nel Pd non si identifica con Renzi. Un’area che non ha un vero e proprio leader ma che è molto forte, è molto radicata nella società e non sopporta gli atteggiamenti di Renzi.

 

(Pietro Vernizzi)