“Queste elezioni dicono con chiarezza che con il Renzi 2 non si vince. Devo tornare a fare il Renzi 1. Infischiarmene dei D’Attorre e dei Fassina e riprendere in mano il partito”. Il segretario del Pd ha espresso così la sua intenzione di “resuscitare” il Renzi rottamatore, il cui tocco magico lo aveva inizialmente posto in sintonia con un elettorato in grado di garantirgli il 40% alle Europee di un anno fa. Su scuola, caso Mafia capitale e gestione interna del partito Renzi sembra voler mettere da parte qualsiasi mediazione, per tornare al modello “rullo compressore” che considera vincente. Per Stefano Folli, editorialista di Repubblica, non è la mossa giusta in quanto va riconosciuto che “una crisi di governo nella fase attuale non è da escludere, perché le tensioni nella maggioranza sono notevoli, le fibrillazioni all’interno del Pd anche, e ci sono dei passaggi parlamentari che potrebbero riservare delle sorprese”.
Il premier ha detto che bisognerebbe tornare al Renzi 1, quello che ci ha portato alla situazione attuale. Non ci sarebbe bisogno di un Renzi 3?
Senz’altro. Un Renzi 3 vorrebbe dire una maggiore capacità di allacciare i fili, piuttosto che di spezzarli in continuazione. E’ importante che il Pd sia pacificato al suo interno mediante una sintesi politica che soltanto Renzi può garantire. Nuovi strappi non creerebbero altro che un ulteriore rischio di instabilità.
A quali condizioni sarebbe possibile un Renzi 3?
Il Renzi 3 può essere un passaggio in cui i presidente del Consiglio si pone come colui che ricompone il quadro politico, cerca di rimotivare la sua maggioranza e di dare un nuovo senso al governo con un nuovo orizzonte programmatico chiaro. Oppure può essere addirittura un altro governo che passi attraverso una vera e propria crisi, sia pure controllata attraverso la sintonia con il presidente della Repubblica.
Davvero ritiene che una crisi sia necessaria?
Se si arrivasse a una crisi sarebbe comunque un passaggio difficile e doloroso, che non dobbiamo augurarci specialmente nel momento in cui la stabilità del governo ha un grande valore. Nella fase attuale però non la possiamo escludere, perché le tensioni dentro alla maggioranza sono notevoli, le fibrillazioni all’interno del Pd anche, e ci sono dei passaggi parlamentari che potrebbero dare delle sorprese. Non possiamo nemmeno escludere che il “Renzi 3” sia una riscrittura del patto di governo attraverso un passaggio di crisi.
Bassanini si è dimesso dalla Cassa Depositi e Prestiti e al suo posto c’è Costamagna. Come valuta il modo in cui si è mosso il governo?
Quello della Cdp è un tema molto delicato, perché la Cassa si trova a gestire 300 miliardi di risparmi degli italiani. A maggior ragione aver proceduto a strappi, dando l’impressione di voler imporre a tutti i costi la propria volontà, è stato molto pericoloso. La gente si aspetta che chi governa sappia anche decidere, ma soprattutto vuole dei risultati. Il Paese non ha voglia di essere traumatizzato, si aspetta delle scelte comprensibili che non diano l’impressione di un assalto alla diligenza, e che permettano all’intero Paese di andare avanti senza eccessi di nervosismi. I problemi sono immensi, e l’opinione pubblica ha innanzitutto bisogno di sentirsi rassicurata.
Lei su Repubblica ha criticato il Partito della Nazione in quanto partito personale del premier. Esiste un modello alternativo?
Se Renzi vuole costruire un partito personale, ritenendo che il suo carisma sia sufficiente a vincere le elezioni, fa bene ad andare avanti su questa strada. Deve sapere però che la conseguenza sarà quella di frantumare il Pd così come lo conosciamo oggi. Renzi palesemente non ama questo partito, ma siccome ci deve fare i conti in Parlamento, puntare tutto e soltanto sul partito personale significa esporsi non solo al rischio di una crisi di governo, ma alla stessa impossibilità di continuare la legislatura. E del resto andare alle elezioni adesso con un sistema bicamerale sarebbe un azzardo in tutti i sensi.
Sull’assunzione dei precari della scuola siamo a una battuta d’arresto, ma gli esperti dicono che fin da marzo si sapeva che non c’erano i tempi tecnici per questa operazione. Come ne esce il governo?
Ne esce male perché ha suscitato delle attese, e adesso le delude al’indomani delle elezioni. E’ inevitabile la polemica della destra secondo cui Renzi non assume più i precari perché tanto sono passate le elezioni. Magari non sarà questa la ragione, però l’impressione che dà non è positiva.
Renzi però ha incolpato la minoranza Pd…
Giriamo sempre intorno alla stessa questione. Incolpare la minoranza Pd è un errore politico che serve soltanto a esasperare le tensioni interne. Il punto è se Renzi vuole ricomporre il partito o frantumarlo. Nel secondo caso il premier si espone a dei grossissimi rischi in vista delle prossime scadenze.
Per Renzi, Marino si deve dimettere. Il sindaco di Roma può continuare a resistergli?
Nel momento in cui il segretario del Pd decide che per motivi politici Marino deve lasciare il Campidoglio, non ci sono alternative. Renzi ha tutti gli strumenti per indurlo a farsi da parte, per esempio attraverso le dimissioni dei consiglieri del Pd. Non riesco a capire come il sindaco di Roma possa pensare di sfidare il suo partito. A condizione però che il partito stia dalla parte del segretario, perché se invece il Pd va in un’altra direzione allora si pone un problema molto serio.
Quale piega prenderà infine il caso De Luca?
De Luca sarà sospeso come prevedono le norme. Il caso campano deve essere risolto secondo lo schema di legge, anche perché getta altri dubbi nell’elettorato del Pd, e soprattutto sulla retorica renziana del partito rinnovato. Il premier non può reggere contemporaneamente De Luca in Campania e Marino a Roma. Per il Pd e per Renzi i sondaggi in questo momento non sono buoni, e quindi c’è bisogno di un’iniziativa trasparente.
(Pietro Vernizzi)