Il guanto di sfida è partito dal pratone di Pontida. La ruspa è puntata su Palazzo Chigi, e non sui campi rom. Matteo Salvini si è fatto forte dell’eccellente risultato delle regionali e ha deciso di accelerare. Lui è “il Matteo giusto”, come dicono i suoi fedelissimi, e intende occupare tutto lo spazio del centrodestra, convinto che le altre formazioni dell’area moderata — Berlusconi in testa — dovranno fare i conti con la sua leadership, che lo vogliano o no.
Deve fare in fretta Salvini, deve impedire che lo spazio oggi occupato dalle macerie di Forza Italia venga occupato da qualcun altro, perché in politica i vuoti non esistono e a riempire i vuoti ci vuole un attimo. Per adesso c’è solo lui, unico leader a vedere aumentare i suoi voti rispetto alle europee di un anno fa, sia in percentuale, sia in cifra assoluta. Il Carroccio ha dilagato nel centro Italia, secondo partito in Toscana, terzo in Umbria e nelle Marche.
La Lega Nord è al suo massimo storico, e questo risultato Salvini lo ha sbattuto in faccia persino al fondatore Umberto Bossi, che si è visto ulteriormente ridimensionato il ruolo dal congresso statutario a porte chiuse di sabato scorso. Soprattutto Bossi è parso una voce che grida nel deserto quanto ha scandito dal parco della “sua” Pontida che “la Lega non può essere nazionale” e che finché ci sarà lui sarà nazional-padana.
Il dissenso interno al Carroccio è marginale e ridotto al silenzio, anche se parecchi militanti storici hanno storto il naso di fronte alla prima volta delle delegazioni meridionali allo storico raduno in terra bergamasca. A qualcuno dei duri e puri sentirli chiamare “fratelli del Sud” risulta piuttosto indigesto, ma Salvini è determinatissimo a continuare sulla costruzione della dimensione nazionale del Carroccio 2.0, la sua creatura. Sinora gli sforzi fatti non hanno prodotto i risultati sperati. Troppo poco il 2,29% in Puglia, o il 3,45% ad Agrigento (anche se il candidato sindaco Marco Marcolin ha toccato il 9,15%). C’è un evidente problema di selezione della classe politica da Roma in giù, c’è davvero tanto da lavorare. Ma sulle bandiere gialle e blu di “Noi con Salvini” a Pontida si leggevano i nomi di quasi tutte le regioni meridionali e delle maggiori città. Semi da coltivare e fare crescere.
Per rassicurare gli elettori moderati Salvini ha corretto la rotta del suo linguaggio, ha assicurato che limiterà drasticamente il numero dei “vaffa”, e sta chiamando un gruppo di professori universitari per stendere un programma di governo credibile, raccolti intorno al docente della Cattolica Claudio Borghi, secondo alle regionali in Toscana con il 20% dei consensi. Non solo stop all’immigrazione incontrollata, ma anche cancellazione della legge Fornero, degli studi di settore, via l’Imu sui capannoni e sui terreni agricoli. Elementi di destra e di sinistra mescolati, perché per il leader del Carroccio questi termini hanno ormai poco senso.
Il confronto con il resto del centrodestra non sarà affatto facile, perché Salvini pretende sia fatto alle sue condizioni. Con Berlusconi non c’è quel feeling che esisteva fra il Cavaliere e Bossi, o Maroni, nonostante la comune fede milanista. Salvini ritiene Berlusconi superato e ne teme un’attrazione fatale verso una riedizione del patto del Nazareno. Lui con Renzi non intende stringere alcun accordo.
Con queste premesse il faccia a faccia fra Berlusconi e Salvini in programma in settimana non si preannuncia facile. Visti i sondaggi che danno Forza Italia per la prima volta nella sua storia al di sotto del 10% a livello nazionale, il leader del Carroccio conta di trattare da una posizione di netto vantaggio. Berlusconi, al contrario, insiste sulla necessità di far nascere un contenitore più ampio di Forza Italia e Lega. Berlusconi pensa già alle comunali della primavera 2016, fra cui spicca la sfida di Milano, e cerca di rinsaldare l’asse del nord.
I pesi politici, però, si sono rovesciati. In questo momento i numeri sono dalla parte di Salvini. E su una cosa il vecchio e il nuovo leader del Carroccio si trovano d’accordo: non è necessario un accordo a tutti i costi, serve un vero progetto di cambiamento dell’Italia. Nulla, quindi, va dato per scontato.
Il caso delle regionali toscane è emblematico, visto che si svolgono con una legge fotocopia dell’Italicum con cui — con ogni probabilità — si svolgerà la prossima competizione elettorale nazionale. Correndo sola (unici alleati Fratelli d’Italia) la Lega è arrivata seconda. Qui il Pd del governatore uscente Rossi ha superato agevolmente la soglia del 40%, e non vi è stato alcun ballottaggio. Ma a livello nazionale oggi il 40% appare per il Pd un miraggio. Di conseguenza è fondamentale arrivare secondi e superare il Movimento 5 Stelle. Al secondo turno poi tutto potrebbe accadere, anche che gli italiani non di sinistra decidano di votare contro il Pd, chiunque sia il partito avversario dei democratici nel ballottaggio. Salvini lo sa, e conta di giocarsi su questo schema tutte le sue carte.