Tra Silvio Berlusconi che pensa a una riedizione del “patto del Nazareno” e parte della sinistra del Pd che si dichiara “minoranza dialogante”, Matteo Renzi sembra avere in pugno la situazione. Però, nonostante un ventaglio di leggi che presentano l’Italia — ben diversamente dalla Grecia — come un paese capace di autoriformarsi, registra deludenti risultati elettorali. Ha quindi annunciato di tornare ad essere Renzi 1-il Rottamatore, applicando il precetto di Niccolò Machiavelli che di fronte alle crisi consigliava al Principe il “ridursi in sul principio” ovvero il “ritorno alle origini”. Ma è possibile? 



Oggi egli non è più un giovane emergente di provincia che contesta dalla piazza leader nazionali “bolliti” e asserragliati nel Palazzo, ma un premier-padrone, di governo e di partito, che dal balcone del Palazzo avverte e minaccia chi lo contesta. L’assunzione dei precari promessa prima delle elezioni non è più certa se non si approva in blocco l’intera legge e di fronte alle proteste annuncia che seguirà il consiglio del sudamericano Lula: conferenza-sfogatoio di una giornata per sindacati e associazioni, ma in Parlamento al galoppo ponendo la fiducia. 



Quando Renzi-Renzi 1 si muove all’attacco della Cassa Depositi e Prestiti è rottamazione o presa del potere? Secondo la maggioranza dell’elettorato che gli dette la fiducia alle Europee è ancora rottamazione, ma per una parte di quel 41 per cento non lo è più. Dalla Mogherini a Mattarella sembrerebbe che il “partito della Nazione” non abbia fatto passi avanti, ma si sia sempre più appannato.

Matteo Renzi — rottamatore o meno — in sostanza non ha approfittato della generale disponibilità e simpatia della “società civile” italiana nei suoi confronti per aprire il Pd o per coinvolgere personalità di rilievo nell’azione di governo. Questo accantonamento del “partito della Nazione” per un Pd-staff è emerso sin dall’inizio, dopo le elezioni europee, con la nomina della Mogherini. La trattativa per i nuovi vertici dell’Unione poteva essere l’occasione per dare un segnale di apertura al di là della propria cerchia e per un’Italia che contasse di più a Bruxelles. Il risultato è stato invece una Commissione Juncker ancor più egemonizzata dalla Merkel e una Mogherini che non solo non conta nulla sui dossier economici che ci riguardano, ma che anche sul tema della politica estera per l’immigrazione evidenzia l’isolamento italiano. Quel che Renzi ha raccontato durante il semestre della sua presidenza prima sul piano di investimenti, poi su archiviazione del rigore e infine su solidarietà sull’immigrazione non ha avuto riscontro. 



La minor fiducia è anche legata al fatto che la verità sta diventando un problema per il nostro premier. Ad esempio quando Renzi afferma che gli 80 euro hanno rimesso in moto l’economia a quale pubblico si rivolge? 

Evidentemente a chi non sa che si tratta dello 0,3 e che a spingere sono la Bce, il calo del prezzo del petrolio e il deprezzamento dell’euro (con risultati per l’Italia inferiori alle attese). A chi si rivolge Renzi quando dichiara al Corriere della Sera che non è vero che viene escluso dai vertici internazionali (ma che è lui a disertarli perché irrilevanti), se in parallelo c’è persino il presidente della Confindustria, Squinzi, che protesta per l’emarginazione di Renzi da parte della Merkel e di Hollande?

Anche la scelta di Mattarella è stata sbrigativa e da “giro stretto”. Al di là del culto della personalità verso il Quirinale in vigore nella “seconda Repubblica”, la verità è che Renzi per la successione a Napolitano ha ripiegato sulla figura che gli desse meno ombra nel modo più disordinato: dopo essersi assicurato attraverso la Boschi che Mattarella non aveva obiezioni sulle riforme elettorali e costituzionali del governo, lo ha eletto a sorpresa determinando una rottura frontale con Berlusconi e una ricucitura effimera con Bersani. 

Dopo il risultato deludente nelle amministrative come si è occupato il premier-segretario delle realtà locali? Da un lato si è incontrato a Palazzo Chigi con De Luca per concordare come tutelare lui e il Pd campano di fronte alla legge Severino e dall’altro punta alla sostituzione di Marino. Rottamazione o presa del potere?