La clamorosa deroga alla legge Severino concessa dai magistrati di Napoli in favore del loro ex collega-primo cittadino Luigi De Magistris è la prova – purtroppo mai definitiva – che il vero e gravissimo conflitto d’interesse che inquina la democrazia italiana è quello generato e strenuamente difeso dall’ordine giudiziario: che interpreta da tempo la sua autonomia costituzionale in chiave di egemonia meta-istituzionale; e lo fa sempre in termini di “scambio” di protezione con il Pd, ma senza disdegnare populismi opportunamente orientati come quello arancione del sindaco di Napoli.



Contro di lui – abbiamo appreso ieri – le normative pro-legalità istituzionale (regole sempre giudicate deboli da Raffaele Cantone, altro severissimo magistrato in trasferta) non hanno efficacia. Ce l’hanno sempre e solo contro i politici eletti in Lombardia: mai contro gli ex magistrati eletti in Campania, chissà se alla fine anche con il gradimento di Roberto Saviano e dei suoi lettori-elettori.



In una democrazia già depotenziata dalla pressione dei mercati finanziari e dall’autoreferenzialità delle tecnocrazie sovrannazionali, la magistratura italiana attacca indiscriminatamente gli altri poteri dello Stato e le altre componenti dell’economia e della società civile, tanto quanto indiscriminatamente difende gli appartenenti alla propria casta. E poco importa se – nell’arco di un ventennio – gli incessanti tentativi della magistratura di occupare gli altri poteri pubblici abbiano pressocché sempre fallito le prove: quella del voto (con Antonio Ingroia o anche recentissimamente con Felice Casson); quella della trasparente ed efficace azione di governo (Antonio Di Pietro); perfino quella di una visibile correttezza del funzionamento interno degli uffici giudiziari (caso Robledo a Milano e suoi riflessi nel Csm).



La legge firmata da Paola Severino – ministro tecnico vicino al centrodestra – non ha risparmiato il leader del centro-destra Silvio Berlusconi. Invece la “giurisprudenza” (sic!) che ieri il sindaco-magistrato De Magistris si è divertito a vantare a nome dei colleghi concittadini ha salvato in lui come politico un magistrato che era stato condannato per abuso d’ufficio nell’esercizio della sua funzione pubblica, durante l’inchiesta WhyNot. Fuggito – fatto fuggire – dalla magistratura verso la politica, al sempre-magistrato De Magistris è rimasta l’immunità (l’impunità) assoluta che nella Repubblica italiana del 2015, i magistrati continuano ad auto-assegnarsi d’ufficio. Strizzando l’occhio sempre al solito Pd: quello che pretende le dimissioni da ministri non indagati, ma poi resta sempre in attesa di ben noti “pareri legali” prima di sospendere un presidente della Regione Campania che non doveva essere neppure candidato (e lo riteneva il presidente Pd della Commissione Antimafia). Bene, su Vincenzo De Luca, per chi non avesse capito, è arrivato ieri, a orologeria, un interessante “lodo De Magistris”. “Ora De Luca spera”, titolava ieri a caldo più di un sito.