“A Milano sfiderò il Pd di Renzi, convincerò chi ha votato l’M5S e la Lega solo perché non vedeva alternative concrete e riporterò alle urne parte di coloro che negli ultimi anni si è astenuta per mancanza di offerte convincenti. Ma soprattutto ricostruiremo quella vasta area di governo alternativa al PD che oggi rischia derive lepeniste pericolose”. Lo afferma Corrado Passera, ex ministro dello Sviluppo Economico, Infrastrutture e Trasporti del governo di Mario Monti, con il quale litigò nel 2013 e rifiutò la sua proposta di un ruolo rilevante in Scelta civica. Ex top manager di Olivetti, Cir, Mondadori, Poste e Intesa, Passera ha fondato il movimento Italia Unica e ha lanciato la sua candidatura come sindaco di Milano.



A chi pensa di “rubare” voti con Italia Unica?

Milano è una grande occasione per tornare a dare un senso a chi aveva deciso di non votare più. Nello stesso tempo vogliamo dare risposte a chi aveva optato per la protesta perché non vedeva delle proposte concrete, e convincere persone che hanno votato il Pd solo perché l’alternativa era Grillo. La nostra tesi politica di fondo è che pescando da tutte le componenti è possibile realizzare un’alternativa costruttiva al renzismo dilagante.



I precedenti sindaci di Milano hanno avuto tutti l’appoggio dei partiti. Lei correrà da solo o parteciperà alle Primarie con Salvini?

No, in quanto ritengo che non dobbiamo confondere il centrodestra con posizioni lepeniste. In nessun Paese al mondo si farebbero Primarie comuni tra il mondo liberale moderato di centrodestra e quello dell’estremismo che si allea con Casapound. Questo non significa escludere che un largo elettorato della Lega si possa ritrovare nelle nostre proposte costruttive sulla creazione di posti di lavoro, sulla sicurezza, sulla realizzazione dell’area metropolitana, sull’ambiente e sulle partite Iva.



A Milano è disposto a farsi sostenere dal centrodestra?

A Milano cercheremo di raggruppare il maggior numeri di apporti sia di liste civiche sia di gruppi politica che condividono i nostri valori, le nostre soluzioni e la nostra voglia di rompere con un vecchio modo di fare politica .

Quindi guardate anche agli elettori di Berlusconi e Alfano?

Milano può essere un ottimo laboratorio per costruire la seconda gamba del bipolarismo, alternativo al renzismo.

Quindi non le va bene solo la Lega di Salvini?

L’importante è che non ci siano quelle idee e quelle proposte estreme di Salvini che oltre a fomentare odio sociale farebbero male agli Italiani. Quando si parla di condivisione del programma, non possiamo certo essere d’accordo a non considerare reato la tortura o a spingere l’Italia verso l’autarchia economica.

Qual è la sua idea di Milano?

Milano ha le potenzialità per essere una delle città più in crescita e dinamiche al mondo, in quanto può contare su ricerca, moda e design, cultura e università, industria, terzo settore. A Milano c’è una voglia di far sì che tutto questo diventi volano di creatività e di lavoro senza perdere per la strada la solidarietà perché in città il disagio c’è ed è diffuso. Sento molto forte il desiderio dei miei concittadini di valorizzare orgogliosamente le forze e i risultati raggiunti dai milanesi, ma abbassando finalmente il freno a mano oggi in parte tirato.

Lei è famoso soprattutto per il fatto di essere stato un banchiere, una figura che oggi non è molto popolare. Perché ritiene che il suo curriculum sia utile al Paese e a Milano?

Il Paese ha bisogno di amministratori con esperienze nella gestione di crisi, di sistemi complessi, che conosca il mondo del privato e ma anche il mondo del pubblico – come le Poste -, del profit e del non profit – ad esempio Banca Prossima – , che sia in grado di dominare le dinamiche italiane, ma abbia un’esperienza robusta della dimensione internazionale. Questo set di competenze e di esperienze sono molto utili per progetti ambiziosi.

I rapporti tra credito e impresa sono centrali. Qual è la sua ricetta?

Il nostro Paese soffre per la polverizzazione delle aziende e per una bassa patrimonializzazione. Una delle nostre proposte a livello nazionale è quella di offrire almeno 100 miliardi di garanzie alle Pmi attraverso il fondo centrale di garanzia, che potrebbe essere ricapitalizzato con attivi pubblici e di pagare finalmente l’enorme scaduto accumulato dalla PA nei confronti delle imprese.

 

Lei è stato ministro del governo Monti. Che cosa resta oggi di quell’esperienza?

Rimane il fatto che l’Italia ha mantenuto la sua sovranità e non è stata commissariata. Rimane un’esperienza in cui governo, Parlamento e parti sociali hanno dimostrato per la prima volta la volontà di lavorare insieme, mettendo l’interesse nazionale davanti a tutto. Ma d’altra parte rimane anche la mia insoddisfazione per un Governo che non ha avuto il coraggio di applicare la stessa determinazione anche alle politiche di sviluppo e d’investimento.

 

Da Monti a Renzi, come valuta l’attuale governo?

Molto male. E’ un governo che persevera nell’errore di aumentare tasse e spesa pubblica corrente e di non spingere gli investimenti. E’ un governo che ha dedicato più di un anno a una pessima riforma istituzionale che mette a rischio il funzionamento della democrazia, e che con l’Italicum toglie ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti. Anche a livello di federalismo Renzi ha compiuto un enorme pasticcio sia sulle province che ha fatto finto di abolire, sia con le aree metropolitane che non si sa quali compiti o risorse possono avere. Basta vedere il caso di Milano. Sulla sussidiarietà nessun intervento..

 

Lei come avrebbe risolto il nodo delle riforme istituzionali?

La nostra proposta era ed è un sistema maggioritario a due turni. Al primo turno si presentano tutti, e se nessuno supera il 50% al secondo turno attraverso coalizioni trasparenti si compete per la maggioranza. Proponiamo, inoltre collegi uninominali, per costringere la politica a selezionare meglio i suoi candidati e per dare alle comunità la possibilità di esprimere un loro rappresentante. Infine proponiamo un monocameralismo totale, non il pasticcio che esce dalla riforma del Senato di Renzi.

 

(Pietro Vernizzi)