“Il calo di Renzi è fisiologico, la crisi greca porta voti a Grillo, mentre Salvini non potrà crescere veramente fino a quanto salirà anche lui sul ‘predellino’ come fece Berlusconi nel 2007 e cambierà lo Statuto della Lega nord che sancisce l’indipendenza della Padania come suo principale obiettivo”. A rimarcarlo è l’analista politico Arnaldo Ferrari Nasi, dopo gli ultimi dati sulla fiducia nelle principali cariche dello Stato e leader dei partiti. I dati, a cura di Nando Pagnoncelli e pubblicati dal Corriere della Sera, prendono in considerazione tre momenti: quello dell’insediamento, l’inizio dell’anno (gennaio 2015) e oggi (giugno 2015). Sergio Mattarella scende dal 71% al 65% e Matteo Renzi dal 61% (febbraio 2014) al 47% (gennaio 2015) al 36% (giugno). Al contrario Beppe Grillo passa dal 24% al 23% e al 30% e Matteo Salvini dal 27% al 34% e al 36%.
Ferrari Nasi, come valuta il calo di Renzi?
Quello del gradimento di Renzi è un calo fisiologico. Le europee si sono tenute tre mesi dopo l’insediamento di Renzi come presidente del Consiglio. Il voto del 25 maggio 2014 è avvenuto cioè durante la cosiddetta “luna di miele” con l’elettorato. Renzi aveva vinto le primarie insieme a tutta la battaglia interna al Pd, aveva da poco annunciato che avrebbe approvato una riforma al mese e le opposizioni erano inesistenti e molto disorganizzate. Il 70% della sua fiducia personale dopo le Europee rispecchiava quel momento.
Quindi che cosa è avvenuto?
L’elettorato nel giro di un anno ha avuto modo di rendersi conto che alcune iniziative del capo del governo erano concrete, altre meno e altre ancora per niente. La parabola di Monti del resto è scesa in due-quattro mesi, mentre Renzi sta seguendo una parabola più naturale. Ma dopo un anno e quattro mesi di governo c’è comunque un’opposizione interna che adesso ha ripreso fiato.
Quanto conta il fatto che alcuni nomi eccellenti come Cofferati siano usciti dal Pd?
Questo è un fatto che a Renzi può fare solo piacere, perché in questo modo si è liberato di un peso. Da questo punto di vista il segretario sta rafforzando la sua idea di partito.
Come si spiega che nel frattempo il gradimento di Salvini e Grillo aumenti?
Salvini ha avuto una piccola crescita tendenziale, ma va tenuto conto del fatto che la forma attuale del centrodestra non è definitiva. Per quanto riguarda Grillo il discorso è diverso.
Perché?
Al di là di quello che dicono e fanno i partiti e i giornali, non sono venuti meno i motivi di fondo per cui l’M5S è nato e continua a prosperare. Lo scorso 30 maggio per la prima volta i grillini hanno avuto degli ottimi risultati a livello locale, nonostante in passato le amministrative fossero il loro punto debole.
La crisi greca rafforza di più Renzi, Grillo o Salvini?
Grillo è stato in grado di interpretare come nessun altro l’umore degli italiani nei confronti della Grecia. Per l’italiano medio è evidente che Atene ha barato e per questo si merita le “sculacciate”, ma la Troika non è affatto giustificata nel momento in cui pretende di rivalersi cavando il sangue ai cittadini greci. Le istituzioni internazionali hanno speculato e continuano a speculare sui problemi di Atene, e questo fatto rende simpatica la Grecia all’opinione pubblica del nostro Paese. Grillo lo ha espresso molto bene e questo gli ha giovato anche a livello di consensi.
Agli italiani quanto importa dell’euro e dell’Europa?
Più di due terzi degli italiani vogliono più Europa. Non si accontentano cioè di rimanere nell’Europa e nell’euro, ma addirittura il 30% vuole gli “Stati Uniti d’Europa”. Ciò non vuole però dire che gli italiani siano acritici nei confronti di Bruxelles, anzi. Per fare un paragone, se tuo figlio va male a scuola non lo cacci di casa ma lo mandi a ripetizioni. Allo stesso modo per l’opinione pubblica del nostro Paese l’Europa non sta funzionando, ma ciò che si auspica non è uscirne bensì correggerne la rotta.
E la moneta unica? E’ vista come il capro espiatorio per il fatto che l’economia non riparte?
No. Nella percezione degli italiani i fattori che bloccano l’economia sono corruzione, eccesso di burocrazia, pervasività dello Stato nei settori produttivi e nella vita privata dei cittadini.
Lei prima ha detto che “la forma del centrodestra non è definitiva”. Come si aspetta che evolva?
In questo momento abbiamo una Lega nord al 15-20%, cioè a un terzo dei risultati che dovrebbe ottenere se volesse essere competitiva. Gli altri due terzi sono finiti in parte all’M5S, in parte nell’astensionismo e in parte tra gli indecisi. Per non parlare degli elettori di centrodestra che alle ultime europee avevano scelto di dare fiducia a Renzi. A questo punto Salvini ha di fronte a sé due strade.
Quali?
La prima è rifare la Casa delle libertà, mettendo insieme tutti i partitini del centrodestra. La seconda, che reputo vincente, è quella del “predellino”. Da un giorno all’altro dà un colpo di reni e annuncia che scioglie la Lega nord e forma la Lega nazionale. Questo gli permetterebbe di sdoganarsi con il centro e con il sud. Nell’articolo 1 dello Statuto della Lega infatti si afferma che il obiettivo è “l’indipendenza della Padania”, e questo impedisce qualsiasi sviluppo del partito nelle altre Regioni ed in taluni altri contesti del centrodestra.
(Pietro Vernizzi)