Nuovo capitolo nel caso De Luca. L’ex sindaco di Salerno ieri ha presentato ricorso contro il decreto di sospensione (prevista dalla cosiddetta legge Severino) firmato venerdì sera dal presidente del Consiglio Matteo Renzi. In un primo tempo era sembrato che De Luca avesse la possibilità di nominare la giunta regionale e dunque il vicepresidente di giunta che avrebbe governato al suo posto. Così però non è stato. Da qui la decisione di De Luca di ricorrere contro il decreto di sospensione, con un occhio — o forse entrambi — al caso de Magistris. Oltre i tecnicismi, “l’altra faccia della vicenda, la più rilevante — spiega Sandro Staiano, costituzionalista dell’Università di Napoli — è che anche stavolta è tutto nelle mani dei giudici”.
De Luca ha fatto ricorso contro il decreto di sospensione firmato dal capo del governo.
La soluzione più ragionevole, da parte del governo, sarebbe stata quella di attendere la nomina del vicepresidente della giunta prima di notificare al presidente eletto della Regione il provvedimento di sospensione. Se non temessi di incorrere anch’io in un eccesso interpretativo, visti i tanti che sono stati prodotti in questa vicenda, direi che tale posizione di attesa sarebbe stata non solo possibile, ma addirittura doverosa.
Perché?
Perché, nelle condizioni date, a nessuna determinazione è consentito di provocare una paralisi degli organi eletti e dell’ente Regione.
Ma allora perché Renzi…
Contro questa soluzione possono avere avuto campo vari fattori, tra i quali anche la minaccia di sanzioni penali per il presunto comportamento omissivo del presidente del Consiglio. Minaccia che pare veramente non pertinente, poiché l’articolo 8, comma 4 della cosiddetta legge Severino impone solo al prefetto “l’immediatezza” della comunicazione dei provvedimenti giudiziari che comportano la sospensione, mentre poi il procedimento inteso alla sospensione può proseguire nei tempi più adeguati. E comunque, se proprio avesse voluto trarsi d’impaccio sotto questo profilo, il presidente del Consiglio avrebbe ben potuto produrre il provvedimento sospendendone l’efficacia fino alla nomina del vicepresidente di giunta.
Il problema non avrebbe riguardato la sorte degli atti prodotti nel frattempo, compresa la nomina del vicepresidente?
Sì, poiché la richiamata norma della legge Severino sembra qualificare il provvedimento del presidente del Consiglio come un “accertamento”, sicché, stando alla lettera della legge, l’effetto costitutivo della sospensione “di diritto” risalirebbe al momento in cui il presidente della Regione è stato proclamato. Ma anche in questo caso, guardando al sistema e alla peculiarità del caso, e lasciando il terreno della mera interpretazione letterale, sarebbe stato possibile dare a quel lemma “accerta” un significato non strettamente tecnico.
Altre strade?
Più opportunamente, sarebbe stato possibile produrre un decreto-legge rivolto unicamente a fare salvi gli atti prodotti dal presidente della Regione prima della notifica al consiglio del provvedimento di sospensione. Questo sì. Mentre non sarebbe stato pensabile e non è pensabile un decreto-legge rivolto a stabilire a quale figura, nell’ambito della Regione, tra gli eletti in consiglio, affidare il ruolo di vicepresidente: l’ordinamento regionale è materia di competenza esclusiva della Regione, in particolare affidata allo statuto, e una legge dello Stato che pretendesse di interferire sarebbe sicuramente illegittima, tanto più se in forma di decreto-legge.
De Luca ha presentato un ricorso ex art. 700 del codice di procedura civile, come ha fatto de Magistris a inizio giugno. Il caso di De Luca è riconducibile a quello?
La posizione di De Luca non è perfettamente sovrapponibile a quella di de Magistris, che ha subito la condanna penale quando era già in carica. E non è immediatamente sovrapponibile neppure dal punto di vista processuale, poiché de Magistris aveva ottenuto la sospensione del procedimento e del provvedimento di sospensione già innanzi al giudice amministrativo, in quanto questo aveva ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale. Gli atti erano stati dunque già trasmessi alla Corte costituzionale, che aveva anche fissato l’udienza di trattazione. Quando la questione è passata al giudice ordinario, ritenuto competente in sede di regolamento di giurisdizione, questo non ha fatto altro che ritenere già acquisite tutte le valutazioni svolte dal giudice amministrativo, confermando l’accesso alla Corte costituzionale e la sospensione del provvedimento, perché ha ritenuto che tanto derivasse dalla translatio iudicii.
Naturalmente non può dirsi la stessa cosa nel caso De Luca.
No, perché la richiesta di accesso alla Corte e la richiesta di sospensione del provvedimento in questo caso arrivano al giudice ordinario per la prima volta. E il giudice ordinario valuterà autonomamente l’eccezione di legittimità costituzionale. Sembra che questa sia la via scelta da De Luca, a giudicare dal tenore dei pareri legali resi su sua richiesta.
I fatti lasciano supporre che qualcosa non sia andato come doveva andare: De Luca sapeva che sarebbe stato sospeso dopo la vittoria, tuttavia ha corso ugualmente. Perché?
De Luca ha più volte dichiarato di ritenere che il “fatto politico” dell’elezione diretta debba prevalere su ogni altro fattore, giuridico e istituzionale. Questo convincimento talvolta trova riscontro nei fatti, talaltra no.
Non crede dunque che nel caso di de Magistris giovedì scorso si sia di fatto derogato alla legge Severino?
Nessuna deroga: sulla legge pende un’eccezione di legittimità costituzionale. L’accesso alla Corte costituzionale è una garanzia accordata dal nostro ordinamento.
Ma ci sono buone possibilità che una simile “deroga”, o chiamiamola in altro modo, arrivi anche per De Luca?
Anche per De Luca non si tratterebbe di una “deroga”. Però nel suo caso occorrerà attendere che il giudice ordinario al quale ha proposto l’eccezione di legittimità ne valuti la non manifesta infondatezza. Non è scontato che il suo orientamento corrisponda a quello del giudice amministrativo, ritenuto intangibile dal giudice ordinario del caso de Magistris. È certo invece che, in una situazione resa tanto confusa e complessa, la pressione del contesto sul giudice si fa molto forte.
Come andrà a finire? La regione verrà commissariata? Si andrà a nuove elezioni?
Se il giudice propendesse per l’accesso alla Corte e per la sospensione del provvedimento a carico di De Luca, il nuovo presidente assumerebbe i suoi poteri. Se l’eccezione venisse invece respinta, si dovrebbe procedere allo scioglimento del consiglio regionale per “impedimento permanente”, ai sensi dell’articolo 46 dello statuto della Regione Campania. Ma occorre fare attenzione a parlare di “commissariamento” della Regione, perché lo scioglimento non potrebbe avere carattere sanzionatorio, a carico di un consiglio regionale incolpevole. Dunque l’ordinaria amministrazione dovrebbe essere affidata a De Luca, nella qualità di presidente eletto. Poi si andrebbe a nuove elezioni.
Con il senno di poi, perché il segretario del Pd ha candidato De Luca?
Non si tratta del “senno di poi”, ma del “senno di prima”: il segretario del Pd ha candidato De Luca perché, alle prese con un processo di personalizzazione del partito che vuole portare ad ogni costo a compimento, deve tuttavia fare i conti con la personalizzazione locale, che è molto più strutturata e solida della sua. Come hanno dimostrato lo svolgimento e l’esito delle elezioni primarie in Campania. Poi c’è l’altra faccia della vicenda, la più rilevante.
Quale?
Anche stavolta è tutto nelle mani dei giudici. Tutto, anche ciò che apparterrebbe per propria natura alla sfera della decisione politica, che invece è debole e irresoluta.
(Federico Ferraù)