“L’Italia è fuori dalla linea del fuoco”: lo ha dichiarato ieri in una intervista a Il Sole 24 Ore ilpresidente del Consiglio Matteo Renzi. Ma “un’uscita della Grecia dall’euro sarebbe lo scenario peggiore, in grado di innescare un meccanismo distruttivo”, per questo “di fronte a questa eventualità Renzi non può fare altro che identificarsi totalmente con le posizioni della Merkel, che in Germania non rappresenta i falchi bensì le colombe”. Lo afferma Stefano Folli, editorialista di Repubblica, secondo cui “in Parlamento i partiti di maggioranza e opposizione devono tenere un atteggiamento di responsabilità nazionale, il che non vuol dire formare un unico governo ma concordare una linea comune sulle questioni europee”. I cittadini greci saranno chiamati al voto per il referendum il 5 luglio prossimo. Il quesito che sarà posto loro è il seguente: “Deve essere accettato il progetto di accordo presentato da Commissione Europea, Bce e Fmi nell’Eurogruppo del 25 giugno 2015, composto da due parti che costituiscono la loro proposta? Il primo documento è intitolato ‘Riforme per il completamento dell’attuale programma e oltre’ e il secondo ‘Analisi preliminare per la sostenibilità del debito’’”.
Che cosa dobbiamo temere se in Grecia al referendum vince il no agli accordi Ue?
Dobbiamo temere lo scenario peggiore. Si tratta di un referendum che investe la moneta unica, cioè il vincolo stesso che tiene insieme l’Europa. Purtroppo non ci sono istituzioni politiche comunitarie, c’è un deficit di democrazia, e quindi la vittoria del no in Grecia potrebbe innescare un meccanismo distruttivo.
Rischiamo di avere un’altra estate come quella del 2011?
La stiamo già vivendo. Questa è la più grande crisi dell’Europa, non c’è mai stato un momento così grave come quello attuale. In quanto sta avvenendo oggi c’è molto della storia del 2011, perché siamo arrivati alla questione politica di fondo: se l’Europa deve esistere oppure no.
L’Italia è esposta verso la Grecia per 40 miliardi di euro. Renzi riuscirebbe a fare quadrare comunque i conti?
E’ troppo presto per dirlo. La perdita per i conti pubblici italiani sarebbe terribile, ma bisogna vedere come si distribuirebbero nel tempo questi 40 miliardi di euro.
In Europa ci sono colombe e falchi. Secondo lei i falchi tedeschi hanno già preso di mira l’Italia?
Ci sono falchi in Germania come ci sono in altri Paesi del Nord. Angela Merkel non appartiene ai falchi, e sta lavorando per raggiungere un compromesso. E’ chiaro che se l’Europa va in pezzi i Paesi più deboli saranno esposti alla speculazione, compresa l’Italia sulla quale gravano 2.200 miliardi di euro di debito pubblico.
Quali ripercussioni può avere la crisi greca sulle vicende politiche interne dell’Italia?
La crisi greca ridà fiato ai movimenti populisti, nazionalisti e anti-euro presenti nei vari Paesi europei e quindi anche in Italia. Bisognerà vedere quali saranno i risultati del referendum e i suoi sviluppi. In questo momento Renzi, come del resto mi sembra che stia già facendo, deve restare completamente vicino e identificarsi nelle posizioni espresse dal governo tedesco, cioè a quelle ufficiali dell’Unione Europea. Non ci sono margini per agire diversamente.
La situazione di emergenza finirà per rafforzare Renzi portando ad accantonare le divergenze all’interno del Pd?
Il problema non riguarda soltanto il Pd. Una situazione ancora più drammatica, quale sarebbe appunto il caso di vittoria dei no al referendum greco, dovrebbe consigliare un atteggiamento di maggiore coesione nazionale. Ma ciò non solo all’interno del partito di Renzi, quanto nell’intero Parlamento.
Che cosa si aspetta dai partiti italiani?
E’ uno di quei momenti in cui le crisi esterne sono così gravi da suggerire un atteggiamento di responsabilità nazionale. Questo atteggiamento dovrebbe riguardare tanto le forze di maggioranza quanto quelle di opposizione. Il che non significherebbe formare un governo insieme, quanto piuttosto abbracciare in Parlamento una linea di responsabilità su questo tema.
Questa rinnovata responsabilità nazionale implica anche un nuovo corso del governo?
Tutto ciò implica anche da parte del capo del governo la capacità di parlare un linguaggio nuovo, sia alla minoranza del Pd, sia soprattutto alle forze responsabili presenti in Parlamento. Però anche su questo punto dobbiamo aspettare il 5 luglio.
Per non subire l’azione dei demagoghi anti-euro, Renzi può solo accodarsi alla Merkel o deve svolgere un’azione propria?
Renzi deve fare politica e parlare un linguaggio di verità. In questo momento, prima del referendum, può soltanto fare la sua parte per mostrare che l’Europa è unita nei confronti della Grecia. Per ora non ci sono margini per distinguersi. Quindi bisognerà agire all’interno del Paese e nelle sedi europee per fare prevalere una logica politica di buonsenso. Non per contrapporsi ad altri Paesi come la Germania, ma per costruire un’azione europea che sia adeguata alla gravità della crisi.
(Pietro Vernizzi)