“Dopo che Hollande gli ha voltato le spalle, Renzi si è trovato senza alleati in Europa. Meglio quindi creare un rapporto solido con la Merkel, a capo dello Stato più forte nell’Eurozona, per poi magari chiederle di correggere alcune cose che non vanno”. Lo sostiene Gianfranco Pasquino, professore di Scienza politica alla Johns Hopkins University di Bologna, a proposito della linea tenuta dal governo italiano in relazione alla crisi greca. Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ieri ha annunciato che probabilmente l’accordo tra Atene e i creditori sarà raggiunto nella giornata di sabato, e ha aggiunto: “Alcuni commentatori hanno detto che l’Italia si è tenuta molto prudente sulla crisi greca: ma noi abbiamo una posizione molto chiara, diciamo che il problema oggi è non solo la Grecia, la vera questione ora è che tipo di Europa costruire, perché la mia personale opinione è che negli ultimi 12-15 anni l’Europa abbia perso tante opportunità”.



Professore, come valuta la posizione tenuta da Renzi sulla crisi greca?

Renzi sta cercando di far vedere agli italiani che ne sa di più degli altri, al punto da annunciare l’accordo, e nello stesso tempo sta cercando di comunicare a Tsipras che in realtà voleva un’intesa con la Grecia, pur essendo apparso piuttosto schiacciato sulle posizioni della Merkel. Infine vuole dimostrare a tutti che è così bravo da mettere d’accordo Grecia e Paesi del Nord, e quindi non è nemmeno pensabile che l’Italia si trovi a essere in difficoltà in un prossimo futuro. Il messaggio di Renzi è che negozia perché ha un Paese in ordine e che il merito è delle sue riforme.



Renzi può dire davvero di avere fatto le riforme?

Da un lato Renzi deve giustificare il suo attivismo, perché ha sostituito Letta con la motivazione che il suo predecessore stava facendo poco e lentamente, mentre lui avrebbe fatto tutto e in fretta. Dopo di che anch’io che pure sono critico nei suoi confronti, devo ammettere che il premier ha ragione a sottolineare determinati elementi. Il Jobs Act è una riforma, la riforma elettorale, anche se brutta, però l’ha fatta, e lo stesso vale per la riforma della scuola, sia pure controversa. Metà della riforma del Senato l’ha fatta, e ora vedremo se riuscirà a portare a casa l’altra metà. Certamente quindi il governo fa. Dopo di che la valutazione complessiva sul fatto che abbia fatto bene, e che le sue riforme funzionino, richiederà un po’ di tempo.



L’Italia è il Paese europeo con il rapporto debito/Pil più elevato dopo quello della Grecia. Quanto conta questo fatto?

Il problema dell’Italia è appunto il suo enorme debito pubblico, pari a 132% rispetto al Pil, sul quale continuiamo a pagare interessi cospicui. Se riuscissimo a ridurre il rapporto debito/Pil al 90% risparmieremmo cifre miliardarie che potremmo destinare a infrastrutture e altre attività in grado di produrre lavoro. Questo è il vero macigno sulla strada di una ripresa vivace, che infatti non c’è.

C’è il rischio che il prossimo paese attenzionato della Troika sia proprio l’Italia?

Bruxelles sta già guardando all’Italia con leggera preoccupazione. Quello che però dovrebbe essere più importante per gli italiani è il fatto che gli operatori economici internazionali capiscano che vale la pena investire nel nostro Paese. Perché ciò avvenga occorrono infrastrutture, sia fisiche sia tecnologiche. Creiamo troppi ostacoli alle imprese, anziché favorire il loro insediamento e funzionamento.

 

Renzi insiste spesso sull’alternativa tra austerità e crescita. La crisi greca non era l’occasione per affiancarsi a Tsipras e sostenere la battaglia della crescita?

Sarebbe stato così se Tsipras avesse combattuto la battaglia della crescita. Quella del leader di Syriza invece è stata una grande mistificazione, perché in realtà ha combattuto la battaglia delle proroghe, dei rinvii, dell’haircut a esclusivo vantaggio della Grecia. Mentre non aveva nessuna idea su come cambiare il sistema europeo e spostare l’accento sulla crescita. Del resto lo stesso Renzi non sa come si faccia a compiere questa operazione.

 

Dal punto di vista politico Renzi si è appiattito sulla posizione della Merkel?

Il problema è che Renzi a livello europeo non ha alleati praticabili. Il suo alleato naturale dovrebbe essere Hollande, in quanto socialista, il quale però ha mantenuto un canale privilegiato di rapporto con la Merkel. Il nostro governo non può creare un rapporto forte né con lo spagnolo Rajoy, che rappresenta il centrodestra, né tantomeno con i finlandesi che si fidano poco degli italiani. L’Italia del resto ha una politica abbastanza compromissoria con la Russia, mentre i polacchi sono molto preoccupati di qualsiasi cedimento a Mosca, e quindi anche con Varsavia è difficile trovare un accordo. L’unico alleato possibile per l’Italia è dunque la Germania. Renzi non deve perdere i contatti con la Merkel, il cui ruolo politico in Europa è molto importante.

 

Davvero è meglio tenere una posizione vicina alla Germania, piuttosto che a Spagna, Portogallo e Irlanda?

Un’alleanza fra Paesi deboli rimane un’alleanza debole. La realpolitik prevede quindi che sia meglio avere un rapporto solido con i tedeschi, per poi magari dire alla Merkel che ci sono alcune cose che potrebbe cambiare. Un’alleanza meridionale invece non porta da nessuna parte, anche perché è bollata abitualmente come PIGS (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna), cioè in pratica i quattro “porcellini”.

 

(Pietro Vernizzi)