Se non ci fosse di mezzo la grana greca, il piano starebbe riuscendo perfettamente. Prendere tempo a luglio, evitare i trappoloni, mentre si prepara il terreno per l’offensiva d’autunno. Ecco, la Grecia è una pietra d’inciampo non da poco, perché costringe Matteo Renzi a esporsi su un terreno delicatissimo. Non può evitarlo, deve cercare in ogni modo di opporsi ai falchi tedeschi che vorrebbero la Grecia fuori dall’euro. Mica per altruismo, ma per evitare alla speculazione internazionale ogni tentazione di fare dell’Italia la sua seconda preda, una volta divorata Atene.
Sul piano interno il premier segretario si è fatto più guardingo, dopo la mezza batosta alle regionali. Intende sfruttare la pausa d’agosto per stilare i piani di un’accelerazione forte. Del resto, la sua capacità di pianificare le mosse, anche con una considerevole dose di cinismo, è venuta chiaramente alla luce con la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche in cui si abbandona a giudizi davvero pesanti su Enrico Letta un mese prima della staffetta a Palazzo Chigi.
L’obiettivo di Renzi è quello di presentarsi in Parlamento subito dopo la pausa estiva per pronunciare una sorta di nuovo discorso programmatico. Una ripartenza, un secondo tempo per il suo governo con misure anticicliche e un inizio di calo della pressione fiscale. Da qui ad allora meglio prepararsi con cura ed evitare bucce di banana. Ecco quindi la scelta di evitare lo scontro in Senato sulle riforme costituzionali. I numeri sono più che incerti, e cinque o sei settimane di pausa possono essere preziose per sciogliere i nodi. Le trattative in corso sono due, quella con la sua minoranza interna (cui continua a offrire al massimo un meccanismo di elettività del futuro Senato), e quella con Denis Verdini e con la pattuglia di (pregiati) voti ex azzurri che sarebbe in grado di spostare. Non è detto, però, che possano avere entrambe esito positivo, perché in qualche modo sono fra loro alternative.
Le prove tecniche di un rinnovato dialogo con l’area moderata il Pd le sta facendo sulla riforma della Rai, che infatti ha subìto un’improvvisa accelerazione, e potrebbe avere il sì di Palazzo Madama prima della pausa estiva su un testo che però annacqua, e di parecchio, la proposta originaria del governo, riportando molti poteri in capo al Parlamento e alla commissione di vigilanza.
Se questo dialogo consentisse di riagganciare oltre ai verdiniani lo stesso Berlusconi, Renzi ne sarebbe lieto, ma non si fa troppe illusioni. Nei suoi ondeggiamenti il leader di Forza Italia sembra più propenso a cercare un rilancio del centrodestra, che non a fargli qualche favore. Di Renzi Berlusconi ha imparato a sue spese che è bene non fidarsi. Come Enrico Letta, in fondo.
Fra le mosse per preparare al meglio l’autunno anche un mini rimpasto che dovrebbe andare in porto prima della pausa estiva. Qualche commentatore si spinge a pronosticare per il 21 luglio il giuramento di Gaetano Quagliariello come nuovo ministro degli Affari regionali. Poi ci sono due posti da viceministro, agli Esteri e allo Sviluppo economico, oltre a un posto da sottosegretario alle Infrastrutture. In più fra la seconda metà di luglio e fine settembre si rinnoveranno i vertici delle commissioni parlamentari permanenti, e si libereranno quelle guidate da esponenti di Forza Italia, quattro alla Camera e due al Senato.
In tutti questi casi Renzi userà il criterio di premiare soprattutto i rappresentanti di quel pezzo di sinistra interna che si è dimostrata più malleabile nei suoi confronti, quell’area guidata dal ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina. Fra i nomi che circolano ci sono quelli di Enzo Amendola e Cesare Damiano. Poi anche qualche appetito dei piccoli verrà accontentato, in cambio di un serrate le fila che consenta uno scatto in avanti in autunno.
L’entourage renziano si rende perfettamente conto che la bonaccia che è seguita alle elezioni regionali non può durare in eterno. Il rallentamento della spinta propulsiva del governo è sotto gli occhi di tutti, e non provoca ancora reazioni per via della canicola e della crisi greca, che si sta trasformando in una telenovela brasiliana, con un numero infinito di puntate ad alto contenuto di suspense.
A settembre però bisognerà accelerare, dare la sveglia all’economia, portare a casa la riforma della pubblica amministrazione prima di finire preda della palude. Questo ripiegamento strategico di mezza estate non ha fatto cambiare però il piano a lungo termine di Renzi: sì entro l’anno, al massimo entro gennaio, alla revisione della Costituzione, per abbinare a giugno 2016 il referendum confermativo con le elezioni amministrative. In quel voto il premier intende cercare una nuova legittimazione popolare, sulla base della quale decidere se conviene arrivare a fine legislatura, o portare il paese alle urne nel 2017.