Giallo sull’intercettazione pubblicata da L’Espresso che ieri ha creato il putiferio nei palazzi della Regione Siciliana. Secondo il settimanale, Matteo Tutino, medico personale del presidente Rosario Crocetta, lo avrebbe chiamato e riferendosi a Lucia Borsellino avrebbe detto che “va fatta fuori come suo padre”. Crocetta sarebbe rimasto in silenzio, e questo ieri ha sollevato da più parti la richiesta delle sue dimissioni. In serata però il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, ha reso noto che quella telefonata non è mai stata né trascritta né registrata dagli inquirenti. L’Espresso ha replicato con una nota in cui si confermano i contenuti dell’intercettazione. Ne abbiamo parlato con Calogero Mannino, siciliano, ex ministro Dc dei Trasporti, dell’Agricoltura, della Marina mercantile e degli Interventi straordinari per il Mezzogiorno.



Che cosa ne pensa di questa vicenda dell’intercettazione di Crocetta?

Penso e mi auguro che questa telefonata non sia vera. E’ quello che speriamo tutti per una ragione di benessere morale.

Lei si aspettava fin dall’inizio che questa telefonata non fosse vera?

La gente può essere anche impazzita, ma mi sembra difficile che arrivi a formulare quelle espressioni.



Come fa una certa stampa a pubblicare intercettazioni senza che poi ci sia nessun riscontro?

Lei tocca una questione che riguarda le linee di collegamento tra alcune Procure della Repubblica e giornalisti soprattutto di alcune testate quali Il Fatto Quotidiano, L’Espresso e Repubblica.

Quindi Crocetta merita di rimanere al suo posto?

Il fatto che, come penso e mi auguro, questa telefonata non sia vera non toglie che il fatto politico del governo della Sicilia meriti un giudizio chiaro a prescindere da come andrà a finire questa vicenda. Va tenuto distinto il fatto della telefonata dalla valutazione politica su Crocetta. Il fatto politico del rapporto tra la giunta Crocetta e Lucia Borsellino rimane.



Perché secondo lei Lucia Borsellino si è dimessa da assessore alla Sanità?

La decisione delle dimissioni è arrivata al termine di un percorso di dubbi e di tormenti su tutta l’esperienza governativa e sulle decisioni della sanità. Le stesse motivazioni che ha dato esplicitamente la Borsellino stanno in questa linea, e comunque sono delle motivazioni politiche.

Che cosa ne pensa del modo in cui il Pd ha risposto a queste dimissioni?

I partiti di maggioranza avrebbero dovuto misurarsi con queste motivazioni, perché rappresentano una sfida. Invece i partiti che sostengono Crocetta si sono bendati gli occhi e le orecchie pur di rimanere in sella e hanno tirato diritto. E’ stato un errore gravissimo. Il Pd si immedesima totalmente con l’esperienza Crocetta, che sul piano politico segna soltanto dei punti in negativo, e così si condanna a perdere le elezioni mettendo l’M5S in una condizione di vantaggio.

Da dove nasce questa identificazione totale del Pd con Crocetta?

Il Pd si è fatto condizionare dal “dominus ignotus”, dal senatore Lumia, che è il vero architetto di questo governo regionale. Lumia è beneficiario delle scelte di potere. Si potrebbe dire che Crocetta è presidente della Regione, e Lumia l’uomo della porta accanto. Il Pd si è condannato all’immedesimazione non con la persona di Crocetta che rispetto, ma con la sua esperienza di governo che è assolutamente negativa. Da ultimo sono veramente meravigliato che il senatore D’Alia continui a prestarsi al gioco di Lumia. Lumia è il personaggio di raccordo di molteplici ambienti, locali, imprenditoriali e di sistema, con il privilegio di rapporti speciali con taluni selezionati ambienti giudiziari. Quindi, rispetto al passato, altro che Salvo Lima. 

 

Il Pd non ha sostituito Crocetta perché non sa come rimpiazzarlo?

Il partito non è in condizione di rimpiazzarlo perché Lumia inchioda il Pd al destino di sostenerlo a oltranza. Crocetta è stato eletto con voto diretto, e una crisi comporta che si vada a elezioni. Il Pd rifiuta le elezioni. Il Pd teme le elezioni oggi, e le deve temere di più domani.

 

Perché?

Questo governo non è nelle condizioni di recuperare rispetto agli attuali esiti negativi e la prospettiva è quella di un aggravamento del giudizio negativo degli elettori. Al tempo stesso non si rende conto che resistendo su Crocetta il risultato in prospettiva è sempre più negativo. Un atto di coraggio politico forse metterebbe in condizioni il Pd di giocare ancora una partita nei confronti dell’M5S, che è visibilmente in grado di insidiare l’eventuale primato in Sicilia.

 

Ritiene che Faraone sia spendibile politicamente?

Io parlo da cittadino della strada; Faraone potrebbe andare benissimo come Ferrandelli e Cracolici, l’attuale capogruppo.

 

Secondo lei il fallimento dell’esperienza di Crocetta è anche il fallimento dell’autonomia siciliana?

Sì, e purtroppo le ragioni e le cause ci riportano agli ultimi 20 anni. Già il governo Amato del ’92 ha dato il colpo di maglio al sistema della finanza regionale. E da Amato è stato un crescendo che ha avuto toni alti e forti, con la decisione di Tremonti di attribuire alla Regione Siciliana oneri maggiori rispetto ad altre Regioni, per esempio in materia sanitaria, e al tempo stesso tagliando alcune entrate. Adesso il sistema tributario che sta alla base della finanza regionale è stato ridotto a una vera e propria asfissia.

 

La colpa è soltanto di Roma?

No. La crisi finanziaria della Regione è stato il colpo occulto della crisi di indirizzo politico di una Regione che ha ritrovato le proprie finalità nell’esercizio del potere puro.

 

(Pietro Vernizzi)