L’intervista rilasciata al Corriere della Sera dal Procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi, era attesa. Sei giorni dopo lo scoppio del “caso Crocetta”, e all’indomani della controffensiva legale del governatore Pd della Regione Siciliana contro un’intercettazione-scoop dell’Espresso, il capo della Procura palermitana è uscito dai confini dell’informalità entro cui aveva finora mantenuto le smentite riguardo la controversa conversazione registrata nel 2013 fra Crocetta e il suo medico personale Matteo Tutino.



Scavalcato anche l’anniversario dell’omicidio mafioso di Paolo Borsellino – padre dell’assessore dimissionario alla sanità siciliana, Lucia Borsellino, che Tutino avrebbe minacciato nella telefonata – Lo Voi ha ufficializzato che per lui l’intercettazione è “inesistente”: anche “con tutto il rispetto per la libertà di stampa” del settimanale che ne ha scritto.



Il merito della vicenda, naturalmente, resta centrale e critico: gli eterni nessi e intrecci fra politica, affari, “linguaggi” nell’isola. Però, più passano i giorni, più si legge in filigrana un duro confronto interno in corso fra pesi massimi della magistratura siciliana.

Quando Lo Voi afferma definitivamente che “l’intercettazione non esiste”, significa letteralmente, che essa non compare in alcun fascicolo della Procura che lui guida. Quindi: l’intercettazione che L’Espresso ha confermato di aver ascoltato, potrebbe anche esistere, ma non sarebbe comunque stata ordinata dall’autorità giudiziaria. Non è un caso che Lo Voi punti il dito contro “ambienti politici” come veri protagonisti del “caso Crocetta”.



La presa di posizione del neo-procuratore capo di Palermo può prestarsi tuttavia ad altre letture: che sembrano portare diritto nel ventre dell’ambiente giudiziario siciliano, sempre inevitabilmente agitato. Lo Voi è stato designato capo della Procura di Palermo lo scorso dicembre dal Consiglio superiore della Magistratura. Una nomina appoggiata da Magistratura Indipendente (la corrente più moderata dell’Anm) e da molti consiglieri “laici” espressi dal Parlamento. Una nomina subito molto criticata dalla corrente maggioritaria di Area (sinistra) che schierava per Palermo due suoi campioni: Guido Lo Forte (Procuratore capo a Messina) e Sergio Lari (Procuratore capo a Caltanissetta). Lo Voi era da ultimo sostituto-segretario presso la Procura generale a Palermo. Tutti ovviamente “magistrati antimafia”, con battaglie e medaglie al loro attivo. Ma di diverso colore politico-giudiziario e – non sorprendentemente – acerrimi rivali alla volata finale per una super-Procura. Tanto acerrimi che Lari e Lo Forte – ritenenendosi danneggiati in termini di valutazione dei curricula da parte del Csm – hanno fatto ricorso al Tar.

I magistrati amministrativi (del Lazio, competenti per gli attoi Csm) lo scorso maggio hanno dato inizialmente loro ragione, sospendendo la nomina di Lo Voi. Ma il  17 giugno – appena un mese fa – il Consiglio di Stato ha sospeso la sospensione. Lo Voi sembra quindi capo della Procura palermitana ormai a tutti gli effetti. E forse c’è (anche) questo al nocciolo del “caso Crocetta”.

C’è ovviamente dell’altro. Anzi, molto altro: gli strascichi infiniti della “Trattativa” fra Stato e mafia nei primi anni ’90; l’ormai leggendario teorema di Antonino Ingroia, l’ex procuratore aggiunto di Palermo, poi animatore di Rivoluzione Civile, sconfitto alle elezioni politiche 2013. Oggi Ingroia, dopo un difficile tentativo di rientro nella magistratura, ha un incarico nell’amministrazione Crocetta: e infatti – in modo non scontato – in questi giorni difende Lo Voi e getta acqua sul fuoco caso Crocetta. Ma i veleni del “caso Trattativa” sono ormai lontani dal controllo del padre di quell’ipotesi investigativa. Di mezzo ci sono stati, nel frattempo, gli ultimi difficili mesi di Giorgio Napolitano nel secondo mandato come Presidente della Repubblica.

Napolitano – in quanto ministro dell’Interno una ventina di anni fa – dovette subire un surreale interrogatorio dai Pm di Palermo proprio al Quirinale. Napolitano non è più presidente della Repubblica, ma i veleni della Trattativa non si sono diradati, anzi: la nomina di Lo Voi è stata attribuita da alcuni alla longa manus di Napolitano, in risposta all’aggressività della magistratura antimafia siciliana.

La cronaca degli ultimi giorni concitati segnala nel frattempo il disimpegno di Lari (“L’intercettazione Crocetta non è fra i nostri atti a Caltanissetta”) e la smentita finale anche di Lo Forte, solo dopo l’intervista di Lo Voi. La Procura generale presso la Cassazione ha intanto incaricato l’ufficio omologo presso la Corte d’Appello di Palermo di indagare su quanto è accaduto in Procura attorno al caso Crocetta (Lo Voi afferma che l’intercettazione di una telefonata del 2013 “non esiste” oggi presso la Procura di cui è capo da pochi mesi. Può darsi invece che sia esistita prima e non sia esistita più poi nei fascicoli e negli archivi giudiziari palermitani. O forse davvero non è mai esistita in quanto ordinata da un’autorità giudiziaria. O non è stata ordinata dalla Procura di Palermo).

Chi dovrà indagare su Lo Voi i suoi colleghi sarà comunque Roberto Scarpinato, un’altra vita a far la spola nei camminamenti antimafia fra Palermo e Caltanissetta. Sotto i riflettori: quelli che in Sicilia hanno illuminato la via a molti magistrati. Fra quelle che certamente meritavano di essere illuminate ci sono state quelle del Procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone e quella del presidente del Senato, Pietro Grasso.  

Non sorprende che la Procura di Palermo resti molto ambita. E che la magistratura siciliana non tolleri interferenze nei cursus dei suoi campioni.