C’era una volta Matteo Salvini super-candidato a sindaco di Milano. Non ne parla più neppure l’interessato: il leader della Lega Nord ha capito che correre per Palazzo Marino stava diventando per lui una soluzione (comunque) a perdere: una vittoria l’avrebbe escluso dalle battaglie nazionali (e come ha detto Stefano Folli al Sussidiario.net, la primavera 2016 si profila come stagione di elezioni anticipate). Se invece Salvini perdesse, lo sarebbe forse definitivamente: un po’ come capitato l’ex compagno di partito veronese Flavio Tosi. E poi super-Salvini si stagliava su uno scenario di distanza fra Lega e Forza Italia, mentre ora – soprattutto a Milano – il centrodestra appare di nuovo terreno potenzialmente comune per alleanze e nomi trasversali e condivisibili. La Lega, in ogni caso, non sembra avere un candidato-B dopo il virtuale ritiro del segretario.



Forza Italia (alle prese con il caso Verdini a livello nazionale) tiene per ora le carte in mano, profittando in parte di un protagonismo del centrosinistra che il Corriere della Sera ha già bollato come . Dal campo berlusconiano  sono quandi partiti ballon d’essai estivi come il nome del comico Massimo Boldi e suggestioni che potrebbero invece durare fino all’autunno e forse oltre: come quello di Paolo Del Debbio (in predicato di assumere anche ruoli nazionali) Più ragionevolmente, al capo e al ventre del partito-azienda  non spiacerebbe un candidato profilato su Luigi Brugnaro, vincitore a sorpresa a Venezia. Ma nel “cast” del centrodestra c’è sempre Claudio De Albertis (Triennale) – ammesso che voglia -, ma la riproposizione dello schema Albertini non sembra più così facile, dopo l’esperienza Moratti. E allora? Da Venezia si può prendere il buono della mobilitazione civica – pensano nei piani alti del centrodestra – e intanto si cerca un candidato fuori dai vecchi schemi e magari con proprie risorse da mettere in campo, uno che abbia molto da vincere e molto da perdere soprattutto in proprio: uno che se se vince, vincono tutti, ma se perde, perde soprattutto lui.



Il centrodestra – molto più che il centrosinistra – non potrà poi non fare i conti con l’unica candidatura finora ufficializzata: quella di Corrado Passera. Più passano le settimane, la accettabilità come candidato “civico” sostenuto dal centrodestra si fa più credibile. Se i tempi non sono ovviamente ancora maturi per vedere qualche carta scoprirsi, i primi abboccamenti riservati sarebbero già iniziati (più con Arcore che con Salvini, memore dei legami Passera-Tosi). Sul fronte della mobilitazione civile è al lavoro anche il trentenne, avvocato e leader metropolitano in ascesa, Nicolò Mardegan, fondatore del Movimento civico NoixMilano, tenuto d’occhio proprio dal giro dell’ex banchiere. Per la Milano del dopo-Expo, in ogni caso, Passera presenta un identikit forte: almeno tanto quanto quello di Beppe Sala, il commissario di Milano 2015. Un candidato talmente stra-annunciato per il centrosinsitra da apparire la prima vittima del “rodeo” Pd sul quale anche Repubblica ha dedicato una grande panoramica. utile a mettere per prima la foto di Ferruccio De Bortoli, fino a due mesi fa cordiale concorrente alla direzione del Corriere della Sera. Sostenuto fino all’ultimo da Giovanni Bazoli, ex principale di Passera a Intesa Sanpaolo, De Bortoli non aveva ricevuto il sì di Passera in consiglio Rcs occasione del rientro al Corriere nel 2009.



“Passera versus De Bortoli”, due candidature “civiche”, meneghine fino al midollo, diversamente antirenziane. Non stupisce, infatti, che il premier si stia innervosendo: che abbia tenuto a Milano l’ultima direzione Pd. Che stia premendo su Giuliano Pisapia perché ci ripensi. Il rodeo del centrosinistra a Milano è troppo pericoloso per essere lasciato ai Pd milanesi.