Russia, sanzioni ed Europa: un intrigo in continua evoluzione che non tarda a mostrare sempre nuove soluzioni ai limiti della regolarità. La situazione dovrebbe parlare chiaro: la Russia è sotto embargo commerciale da parte dell’Unione Europea, con relative sanzioni contro che colpiscono i principali poli commerciali ed economici per via della reiterata e non ancora risolta “questione Ucraina”. Ma i fatti si sa, vanno spesso oltre alla realtà stessa, e sebbene vi siano ancora i principali leader europei che tuonano a parole contro la Russia del nemico Putin, poi di sottobanco continuano come prima, se non più di prima a volte, a concludere e portare avanti accordi con le varie industrie energetiche, petrolifere e così via, che fanno riferimento a Mosca. La Germania ha da poco portato a casa un accordo con il colosso Gazprom (notevolmente influente la figura dell’ex-cancelliere Gerhard Schröder, portavoce di Gazprom), la Bp petrolifera inglese ha trovato altri accordi con le aziende russe. E l’Italia, che poi sarebbe il secondo partner commerciale storico di Mosca? Al momento si sanno di moltissime aziende in crisi proprio per questo embargo. L’Europa che fa in proposito? Per tutte queste domande e per avere un parere più informato e approfondito delle varie questioni in gioco, il Sussidiario.net ha raggiunto l’inviato ed editorialista del Sole 24 Ore, Paolo Bricco.
Come stanno realmente i fatti riguardanti queste sanzioni comminate alla Russia, dal punto di vista italiano?
Vi sono fatti di sostanza e fatti di apparenza; ll’apparenza dice che la posizione italiana si riflette nelle scelte e nella posizione di Federica Mogherini come Alto Rappresentante delle politiche estere dell’Unione Europea, un ruolo di grande rilievo. Poi però c’è la sostanza delle cose, e qui la nostra posizione in contesto internazionale è molto debole e gracile. Questo è però è solo la parte finale del processo, ovvero la mancanza di peso politico e diplomatico italiano, ma io mi interrogo anche sulle origini di questo processo.
Cosa vi è all’origine di tutto?
Il governo attuale e quelli passati non sono finora stati in grado di avere una reale idea e polso della situazione sui nostri veri interessi economici e produttivi. In Italia abbiamo un’economia molto articolata che è difficile da comprendere realmente, non siamo un monolite specializzato in un unico settore, ma abbiamo numerose specializzazioni produttive complesse con un forte “export oriented”. Ci manca una conoscenza profonda del nostro paese, mancano i legami con le realtà economiche e aziendali locali, non sappiamo ancora cosa serve davvero al paese e per questo non riusciamo a trasformarlo in vera ricetta politica da portare poi a Bruxelles.
Si può dire che dunque siamo di fronte ad un doppio problema…
Esatto, alla fine del processo manca il peso diplomatico dell’Italia, mentre all’inizio vi sta l’incapacità tutta italiana di interpretare davvero gli interessi e i bisogni di un paese molto complesso come il nostro.
Ma perché siamo arrivati a questa situazione?
Non è un giudizio di merito sull’attuale governo Renzi, è in generale una mancanza che abbiamo da circa 25 anni, insomma dall’inizio della vera fase di globalizzazione iniziata nel 1992. Fino ad allora, eravamo un paese chiave nell’economia globale per 3 principali condizioni favorevoli.
Quali?
La prima è che negli anni ’70-’80 il nostro mercato era legato all’export ma non ne era totalmente dipendente come ora. In secondo luogo, avevamo il primo partito comunista d’occidente e questo ci permetteva un ruolo di tutto rispetto con vari interpreti internazionali di entrambe le aree polari (americana-occidentale e russo-orientale). Da ultimo, eravamo la vera cerniera decisiva con il Mediterraneo. Eravamo dunque davvero una forza negoziale, diplomatica e politica importante, oggi abbiamo perso tutto questo.
E perché questo?
Abbiamo perso tutto il prestigio e il valore geopolitico sia per il mercato globale che avanza e sia per molti errori nostri: bisogna ricostruire un patrimonio di credibilità, competenze e politica che da Roma riuscisse poi a penetrare a Bruxelles facendo pesare il nostro punto di vista e i nostri interessi nazionali. Oggi purtroppo siamo affetti dalla “nanizzazione”, eravamo forti e decisivi, ora siamo piccoli e ricurvi su noi stessi.
Vede qualche speranza per l’immediato futuro?
Non saprei, di sicuro il grande processo di rinnovamento politico del governo Renzi nel centrosinistra e la rimodulazione nel centrodestra con il post-berlusconismo, non possono non tenere conto di questa assoluta urgenza: ricostruire fin dall’inizio questo nuovo patrimonio di diplomazia e politica, dobbiamo riprendere coscienza dei nostri problemi per riuscire ad ottenere peso specifico.
Ma alla fine quindi chi davvero ci guadagna con queste sanzioni alla Russia? Chi davvero vuole ancora oggi questo embargo, solo gli Stati Uniti?
La sua domanda andrebbe divisa, nel senso che è verissimo quello che dice sugli Usa, loro sono i veri beneficiari e protagonisti occulti di queste sanzioni. Ma io mi chiedo anche chi ha vero interesse a vedere una Bruxelles così “spappolata” e in disfacimento, con scelte centrifughe invece che centripete? L’Unione Europea oggi propone una cosa e poi i governi nazionali fanno di testa loro, come si evince dalla gestione della Grexit. Una Ue così fa comodo a molti, non solo l’America ma anche tutti gli altri players internazionali. Rimaniamo in Europa il più grande mercato di consumo al mondo, restiamo un grande mercato finanziario e produttivo ma a livello politico rimaniamo sempre più “nani”. Questo il punto, un gigante economico e un nano politico nello stesso tempo e questo fa comodo davvero a tutti.
(Niccolò Magnani)