Sembra ieri, quel sabato di marzo del 2006: Romano Prodi, dicevano i sondaggi, era davanti dieci punti rispetto al premier uscente Silvio Berlusconi. Fu proprio un memorabile scontro con Diego Della Valle – a un convegnone degli industriali a Vicenza – a proiettare il Cavaliere verso un’inattesa volatona elettorale: quella che il professore bolognese si aggiudicò per soli 24mila voti (e non gli portò bene: la legislatura durò solo due anni, buoni appena a tenere a battesimo il Pd di Walter Veltroni, subito sonoramente sconfitto nel 2008 da Berlusconi Terzo).



Sempre arzillissimi, Silvio e Diego, ma allora ancora troppo poco vecchietti e troppo concorrenti per riconoscersi simili, come ha fatto ieri Berlusconi, con un endorsement dei suoi a Della Valle:
sorprendente e plateale ma mai banale.

La clamorosa tenzone verbale di Vicenza – stravinta da uno smagliante premier-tycoon – diede forma a un confronto reale nell’establishment del Paese: fra un Berlusconi che sembrava avviato al declino e un “centro terzista” di cui Luca di Montezemolo (presidente di Confindustria seduto in sala) e Della Valle (reduce dalle “vittorie” in Rcs e Bnl nell’estate 2005) sembravano i capifila. Non a caso l’arbitro di quello scontro – almeno all’inizio di un crescendo rossiniano – fu Ferruccio De Bortoli, allora esiliato a Il Sole 24 Ore dopo esser stato rimosso da Il Corriere della Sera per le forti tensioni con Forza Italia.



Dietro il rinnovato tentativo “terzista” si allungava da pochi mesi l’ombra ascendente di Mario Draghi, appena giunto dalla Goldman Sachs al vertice di Bankitalia. Certo, fin da allora l’industriale di Tod’s era molto outsider: adottato da Mediobanca in occasione della privatizzazione Comit e poi per infinite altre avventure (dalla difesa del Corriere da Ricucci & Co. fino al tentativo di stabilizzazione di Generali), ma mai fatto veramente entrare nel salotto di Piazzetta Cuccia. Fino alle delusioni ricevute da Matteo Renzi (il sindaco-primo tifoso della Fiorentina): soprattutto in Ntv, teoricamente duopolista con le Fs nell’Alta Velocità ferroviaria.



Ma perché il Diego del 2015 piace al Silvio del 2015? Il Berlusconi politico – presumibilmente – vuol nuovamente sparigliare il tavolo della sua successione, a cui già si sono seduti (non invitati e poco graditi) personaggi come Matteo Salvini e Corrado Passera.

Il patron del marchio “Noi italiani” è fatto certamente di pasta antropologica berlusconiana, a maggior ragione ora che ha pubblicamente ripudiato l’iniziale para-renzismo. Ma è difficile immaginare che Della Valle – allontanatosi forse definitivamente dagli ex salotti buoni della finanza – sia poco interessante per un imprenditore dei “media” che pure sta risistemando il suo gruppo guardando al futuro. Ma mai perdendo il gusto di giocare al massimo livello. E se Milan e Fiorentina sono momentaneamente fuori dalla Champions, i rispettivi patron rimangono top player nei loro business.