“Ora Tsipras non ha alternative a un’uscita dall’euro. Il guaio è che la Merkel userà il caos in cui precipiterà la Grecia per fare credere a tutti che sia il destino inevitabile di chiunque volti le spalle alla moneta unica”. A prevederlo è il professor Claudio Borghi Aquilini, responsabile del dipartimento Economia della Lega Nord e consigliere della Regione Toscana. Per l’economista, “i problemi di Atene non deriveranno dal no all’euro, ma dal fatto che finora è stato un Paese sussidiato dall’esterno. L’Italia, che è tra i Paesi che hanno pagato per questi sussidi, uscendo dall’euro si troverebbe invece in una posizione più simile a quella del Regno Unito. Il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, ieri aveva commentato: “A prescindere dal risultato, l’Europa deve cambiare trattati e moneta. La vittoria del no è uno schiaffone agli europirla che ci hanno portato alla fame”.
Professore, che cosa cambia con la vittoria dei no al referendum?
Cambia poco. Non ci sarebbero state grandi differenze né con la vittoria del no né con la vittoria del sì. L’unico aspetto positivo del prevalere dei no è un segno di insofferenza nei confronti dell’Europa che viene gridato alto e forte, e che spero sarà recepito da parte di tanti. La Grecia era già avviata verso l’uscita dall’euro. Questo è un referendum con un quesito mal posto, perché invece di porre le vere alternative in modo chiaro e netto si è chiesto di dire sì o no all’austerità, come se dipendesse dal popolo greco di mettere fine all’austerità.
Vanno prestati altri soldi alla Grecia come chiede Tsipras?
L’Italia ha già prestato alla Grecia 40 miliardi, e mi domando chi si potrebbe prendere la responsabilità di concedergliene altri nel momento in cui ci sono tanti italiani che avrebbero bisogno di soldi. Se immaginiamo che basti un referendum contro l’austerità perché gli altri Paesi paghino al posto di quello Stato, a quel punto tutti vorrebbero fare il referendum domani.
Tsipras ha detto che dopo il referendum intende riaprire il negoziato…
Mi domando se Tsipras sia una personalità schizofrenica. Non capisco come si possa prima fare votare no al referendum e poi accettare condizioni di austerità simili a quelle che la Germania aveva proposto inizialmente. La conseguenza del referendum sarà un’uscita della Grecia dall’euro. D’altra parte non vedo alternative.
Perché?
Da un lato la Merkel non cambierà le sue condizioni, e dall’altra la stessa Grecia non può prendere di restare nell’euro senza pagare.
Quindi il ritorno alla dracma è una strada obbligata?
In questo momento Atene dipende dall’estero sia per i soldi delle banche sia per quelli del bilancio statale. Gli istituti di credito greci riapriranno solo a condizione che la Bce decida di immettervi nuova liquidità, oppure che si decida di ritornare alla dracma. Inoltre senza nuovi prestiti dai partner europei e dall’Fmi, dubito che Tsipras abbia i soldi per pagare debiti, pensioni, stipendi pubblici e qualsiasi altra cosa. L’unico modo per riacquistare autonomia negoziale è quindi quello di cambiare valuta e cominciare a stamparsi da soli la dracma.
Quali saranno le conseguenze per l’Italia?
L’enorme macchina mistificatrice dell’Ue mira a utilizzare il referendum greco per mostrare le difficoltà che avrà Atene, e per far credere che sarebbero le stesse difficoltà cui andrebbe incontro anche l’Italia in caso di uscita. Le difficoltà greche, in caso di mancato sostegno da parte dell’Europa, deriveranno non tanto dal cambio di valuta quanto dalla mancanza di finanziamenti. Essendo uno Stato sussidiato, nel momento in cui chi sussidia chiude i rubinetti Atene andrà in grave difficoltà. Ma non dimentichiamoci che l’Italia è uno dei Paesi che erogano i sussidi, prestando soldi alla Grecia, e non viceversa.
Quali conseguenze avrà il referendum greco per l’intera Unione Europea?
La Lega nord chiede che tutti i Paesi membri dell’Ue si siedano attorno a un tavolo. Il vertice di oggi potrebbe essere un’occasione in tale senso, anche se purtroppo a rappresentarci non c’è un vero patriota bensì uno smidollato come Matteo Renzi. L’Italia dovrebbe dire: “Se qui non cambia tutto noi ce ne andiamo”. E se non ci fosse un modo per uscire dall’euro attraverso un accordo, cosa che sarebbe veramente nell’interesse di tutti, a quel punto dovremmo attrezzarci per un’uscita unilaterale.
Lei dice che in Europa deve cambiare tutto. In che modo?
Noi della Lega vogliamo un’Europa nella quale tutti i Paesi abbiano la loro sovranità monetaria, ma in cui ci possano essere degli accordi per creare aree di libero scambio e con standard comuni. Pensiamo al rapporto molto più disincantato e tranquillo nei confronti dell’Ue che ha il Regno Unito. Si è mai chiesto perché Londra non ha mai versato un centesimo ad Atene con i Fondi Salva Stati?
Forse perché a Londra non importa nulla dei diktat della Merkel…
Qui non c’entra la Merkel. Il vero motivo è che evidentemente erogare quei prestiti era qualcosa di svantaggioso, e l’Inghilterra ha potuto dire di no perché non era obbligata né dallo spread né dalla moneta. All’Italia hanno incominciato a mettere pressione con lo spread, e a quel punto avremmo accettato qualsiasi cosa.
La Lega nord come pensa di muoversi per costruire un’Europa diversa?
Noi cerchiamo di essere quanto più coordinati possibile con altri partiti europei che la pensano come noi, come con il Front National di Marine Le Pen. Se in Italia e Francia prevalesse la stessa linea politica, a quel punto la Germania dovrebbe subire le nostre decisioni. Nel momento stesso in cui Roma e Parigi dicessero che a uscire deve essere Berlino, anziché Atene, la Merkel non potrebbe più imporre niente.
(Pietro Vernizzi)