“Renzi come Tsipras? Assolutamente no, il parallelo non regge. Il premier greco, almeno, ci ha provato a scuotere la morta gora della sinistra europea. Renzi invece ha scelto fin dall’inizio di non essere un leader riformista, ha subito privilegiato il potere e la governabilità a tutti i costi”. Fausto Bertinotti, presidente della Camera dopo la seconda vittoria elettorale del centrosinistra, sarà ospite del Meeting martedì: poco dopo l’intervento a Rimini del presidente del Consiglio.



Bertinotti arriva al Meeting, ricorda a ilsussidiario.net, dopo decenni di attenzione e curiosità permanenti per il mondo cattolico e in particolare per i suoi movimenti. Una voglia di dialogo che si è intensificata l’anno scorso con Sempre daccapo, un libro-conversazione con don Roberto Donandoni, direttore editoriale di Marcianum. Un volume nato anche dall’attrattiva subito esercitata dal magistero di Papa Francesco sull’ex leader di Rifondazione comunista. Al Meeting – sollecitato dal costituzionalista Alberto Simoncini – parlerà sulla traccia “Al fondo della mancanza”. Mancanza di politica, addirittura di democrazia in Italia? “Io sono molto preoccupato per il futuro della democrazia nel nostro Paese – dice Bertinotti. “La Prima Repubblica ha avuto il suo corso e anche il suo esito. ma nessuno potrà mai contestare che in quella lunga fase della storia repubblicana il Parlamento fosse sovrano perché totalmente permeabile dalla società civile. Io allora lavoravo nel sindacato e ricordo come nacque una grande riforma civile dell’Italla contemporanea come lo Statuto dei lavoratori. E la Seconda Repubblica non è poi riuscita a ricostruire una moderna democrazia rappresentativa, ha lasciato scivolare il sistema politico verso una non-democrazia funzionalista”.



Renzi si è annunciato come rottamatore della Seconda Repubblica e iniziatore della Terza, è ha posto le riforme istituzionali in cima alla sua agenda politica…

Per me Renzi resta protagonista di un tentativo di svolta neo-autoritaria e di continuazione e conclusione della Seconda Repubblica. Mi colpisce come Renzi, i suoi alleati e supporter – ma non sono gli unici in Europa – oppongano quasi sempre un’obiezione finale a ogni voce critica: “Non c’è alternativa”. L’agenda viene quindi dettata direttamente dal governo alle forze politiche e al paese. Anzi: c’è ormai un “partito del governo” che avoca a sé la direzione del Paese “senza alternative”. Di qui uno stile di governo fatto di voti di fiducia e di decreti. Non c’è più vera discussione, autentico confronto democratico fra posizioni diverse sulle priorità economiche e sociali. Renzi non cerca mai di convincere gli italiani – o anche solo i suoi elettori – sulla giustezza dei suoi orientamenti e delle sue decisioni: si atteggia a nuovo Principe. E a proposito di Tsipras, non dimentichiamo che Renzi ha alla fine allineato l’Italia con l’Europa che ha costretto la Grecia alla resa.



Secondo lei, quindi, Tsipras è uno sconfitto…

In queste ore il rischio di essere ingenerosi con Tispras è alto. Io sono stato fra coloro che hanno seguito con interesse e partecipazione la nascita di Syriza e il suo imponente successo elettorale sulla base di una piattaforma politica di cambiamento: in Grecia e in Europa. L’esperienza di Syriza è stata per molti versi straordinaria e non è un caso che oggi si divida sulla svolta governativa di Tsipras, le cui intuizioni originarie avevano peraltro guardato nel profondo della crisi europea. E al premier greco va dato atto di aver condotto il confronto con l’Europa in modo coraggioso e intelligente: anche grazie alle mosse suggerite fino a un certo punto dal ministro Varoufakis.

 

Tsipras poteva fare di più, tenere duro fino alla fine?

 Tsipras agiva da premier, rispondeva a tutti i cittadini del suo paese. Alla fine fra l’avventura e l’accettazione della sconfitta ha optato per la seconda. E’ vero che il comportamento dell’Europa e dei suoi organi istituzionali è stato politicamente ed eticamente scandaloso verso la Grecia: e lo dice chi ha passato una vita nel sindacato a negoziare, quasi sempre duramente. Purtroppo l’Europa reale, odierna, è quella dei potenti e dei forti che non riconoscono chi è più debole. E anche chi fa il tifo per Tsipras poi non muove un dito. Se al tavolo della crisi greca i temi di fondo erano le pensioni di anzianità, le regole sul lavoro, la redistribuzione fiscale del reddito, qualcuno avrebbe potuto anche affiancare Tsipras nel tenere politicamente vive le istanze di un’Europa più giusta. Invece Atene si è trovata di fronte un muro e dietro il muro c’era anche l’Italia di Renzi.

 

Rilanciare la politica vuol dire essere movimentisti come Syriza?

 Io sono sempre stato interessato ai movimenti che animano le dimensioni comunitarie della società italiana. Ad esempio ho sempre guardato con attenzione alle diverse esperienze dinamiche del mondo cattolico, fra cui Comunione e liberazione. Non mi è mai stato indifferente chi s’impegna a creare o ricreare un tessuto sociale di solidarietà in un Paese: chi vuole misurarsi seriamente con le speranze e le difficoltà di una grande comunità nazionale. Il rischio – nella vita di ogni movimento radicato nel sociale – è la proiezione all’interno della politica istituzionalizzata, delle strutture di potere. E’ una sfida critica, da affrontare sempre con vaglio critico, senza mai desistere da questo vaglio.

 

Il Movimento 5 Stelle può ancora dirsi tale?

 5 Stelle è nato certamente come movimento: come momento di larga contestazione sociale di un sistema politico in crisi profonda. E in questo ha avuto un merito indiscusso: quello di contrapporsi al leghismo salvinista e a quanto lo circonda a destra. Ora però i 5 Stelle stanno evolvendo verso la forma partito e mi sembrano talvolta indirizzati a diventare rapidamente un partito come gli altri. Credo che anche al “movimento” 5 Stelle possa far bene tenere sotto esame critico i propri aggiustamenti di rapporto con il potere.

 

(Antonio Quaglio)

Leggi anche

CARO GRILLINO.../ Sapelli: lo sai che anche denaro e potere possono fare il bene?IDEE/ Poletti e la "responsabilità" per cambiare il lavoro in ItaliaFAMIGLIA E MATRIMONIO/ L'"invidia" delle unioni civili