“Soltanto 25 anni fa ungheresi, polacchi e tedeschi del’Est cercavano di sfondare le frontiere dell’Occidente per essere accolti come rifugiati. E’ un paradosso che siano quelle stesse popolazioni a voler costruire muri per fermare chi fugge dalla guerra in Siria e Iraq”. Sono le parole di Azra Nuhefendic, giornalista musulmana bosniaca attualmente nella redazione del quotidiano Il Piccolo di Trieste. Nuhefendic conosce bene che cosa significhi l’esperienza di profugo, perché essa stessa nel 1995 è fuggita dal suo Paese durante la guerra nell’ex Jugoslavia. Ora gli stessi Balcani sono attraversati da un flusso continuo di migranti provenienti da Siria, Iraq e Afghanistan, il cui obiettivo è raggiungere l’Ungheria per poi cercare lavoro in Germania e nel Nord Europa. Solo in due settimane ne sono arrivati 23mila.



Qual è l’effettiva gravità della crisi legata ai migranti che attraversano i Balcani?

Per l’Europa questa è la crisi più grave dopo la seconda guerra mondiale. Siamo di fronte a un flusso quotidiano, e non a ingressi sporadici. La Macedonia è un Paese piccolo e già molto povero. Se ogni giorno passano 3mila persone, ciò rappresenta un problema molto grave. La stessa Serbia non è certo tra i Paesi più ricchi, e anche la sua è una situazione allarmante. L’Ue sbaglia a non prendere questa crisi in modo molto più serio, perché i suoi connotati non sono solo economici ma anche umanitari.



E’ in atto un’“invasione” dell’Europa?

Io non la vedo così. Sono preoccupata soprattutto per il destino della gente che fino a ieri stava nelle sue case e aveva un lavoro, e non aveva nessuna intenzione di andarsene, mentre oggi arriva in Europa perché è costretta a fuggire. Io stessa sono arrivata in Italia come profuga, e so che cosa significhi. Quando uno fugge e lascia tutto lo fa perché non ha altra scelta e vuole salvarsi.

Come valuta la scelta dell’Ungheria di costruire il muro al confine con la Serbia?

Ne penso tutto il male possibile. Ricordo che soltanto 25 anni fa gli ungheresi e i cittadini degli altri Paesi dell’Est europeo cercavano di sfondare le frontiere dell’Europa Occidentale, scandendo “Mai più muri”. Oggi invece di fronte alla prima emergenza hanno deciso di costruire un nuovo muro. Una scelta tra l’altro anacronistica, perché nessun muro è mai riuscito a fermare i fiumi umani dei disperati che tentano di salvarsi la vita in qualsiasi modo.



L’Europa intanto volta la testa dall’altra parte?

Sì. A lungo l’Europa ha ignorato il fenomeno dell’immigrazione che attraversava Turchia e Balcani, in quanto ha preferito pensare soltanto a se stessa. Un’indifferenza che viene proprio da popolazioni che fino a pochi anni fa cercavano di oltrepassare il muro di Berlino. Non dimentichiamoci che fino al 1989 tutti i confini tra Est e Ovest erano dei veri e propri muri. E adesso quelle stesse popolazioni innalzano muri contro persone che si trovano nella loro stessa situazione disperata. Una contraddizione che riguarda la stessa Polonia, che si è detta disponibile ad accogliere solo i migranti cristiani.

Che cosa può fare l’Ue di fronte a questi flussi?

In primo luogo occorre intervenire sulle cause che hanno provocato queste ondate migratorie. Paesi fino a poco tempo fa in pace, oggi sono sconvolti dalla guerra. Bisogna adottare inoltre una politica unica europea in tema di immigrazione, perché il vero problema è che di fronte alle emergenze in Europa ciascun Paese funziona per sé.

 

Serbia e Macedonia hanno chiesto aiuti all’Ue. E’ questa la soluzione?

Non bastano certo i fondi Ue per risolvere il problema. I 300 milioni di euro dati finora dall’Ue alla Serbia sono un’inezia. Serbia e Macedonia chiedono aiuti solo per sistemare temporaneamente i profughi, i quali non hanno certo intenzione di fermarsi nei Balcani dove non c’è lavoro. La gente che fugge non vuole restare nei campi di accoglienza, ma avere una vita normale. Ogni volta che si devono spostare per loro è infatti un grande trauma. Il paradosso è che mentre l’Europa non fa nulla, la popolazione serba si è mobilitata per accogliere i migranti. La gente comune porta acqua e cibo, e considera gli immigrati non come invasori o nemici, bensì come persone che sono state colpite da una grande disgrazia e hanno bisogno di aiuto.

 

Dobbiamo accoglierli tutti in Europa?

Non possiamo respingere quanti sono già arrivati alle porte dell’Europa. O vogliamo rimandare indietro chi fugge dall’assedio di Aleppo? E poi si parla di chi è già arrivato nei Balcani, ma ci sono altri milioni di profughi in Libano, Turchia e Giordania. Se non possiamo accoglierli in Europa, dove possiamo sistemarli? Quanto sta avvenendo è una grande sfida per capire se l’umanità dell’Europa esiste ancora. La gestione di questa crisi per l’Europa è stato un fallimento umano ma anche politico e organizzativo. I nostri politici sono in vacanza e pensano a una riunione per settembre, mentre il fiume umano nei Balcani si ingrossa sempre di più.

 

(Pietro Vernizzi)