“Se Marino avesse un po’ di orgoglio dovrebbe dimettersi. La sua giunta sta facendo la miglior campagna elettorale possibile per Beppe Grillo, e Renzi la lascia al suo posto solo per non tradire l’alleanza con Orfini”. E’ il giudizio di Peppino Caldarola, ex direttore dell’Unità ed ex parlamentare dei Ds, dopo la decisione annunciata dal ministro dell’Interno, Angelino Alfano, di mettere il Comune di Roma sotto la tutela del prefetto Franco Gabrielli. Quest’ultimo collaborerà in modo stretto con il sindaco Ignazio Marino per intervenire negli ambiti più compromessi dal caso Mafia capitale. Il ministro Alfano ha sottolineato inoltre: “Ho proposto lo scioglimento del municipio X, quello di Ostia, e il consiglio dei ministri ha approvato la decisione perché ha tenuto conto degli elementi della relazione del prefetto Gabrielli”. Anche se, come illustrato da Claudio De Vincenti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, “non c’è nessun commissariamento. C’è un ruolo di raccordo operativo del prefetto di Roma con il Comune analogo a quello che il prefetto di Milano sta svolgendo su Expo”.



Qual è il significato politico della cabina di regia per Roma creata dal governo?

E’ il riconoscimento del fatto che Roma non ha una guida, e che il Campidoglio non è in grado di governare la città né nella vita ordinaria né tantomeno in una situazione che si preannuncia eccezionale come quella del Giubileo. D’altra parte però non avendo il coraggio di prendere la decisione più giusta, cioè spingere il sindaco alle dimissioni oppure commissariare la città, si sceglie la soluzione francamente ipocrita di sottrarre le responsabilità principali al sindaco e affidarle al prefetto. Quindi è una soluzione molto all’italiana.



E’ un modo soft con cui Renzi sfiducia Marino?

Sostanzialmente sì. Se Marino avesse orgoglio dovrebbe dimettersi, perché non c’è sindaco al mondo che possa accettare di vedere dimezzati i suoi poteri ed essere commissariato in vista di un evento così importante come il Giubileo. Non credo però che Marino dimostrerà la dignità necessaria per farlo. Renzi ha visto davanti a sé il pericolo di una città allo sbando nei giorni in cui sarà al centro dell’attenzione mondiale, ed è corso ai ripari chiedendo a Gabrielli un surplus di lavoro. Siamo però di fronte a una soluzione di cui l’opinione pubblica coglie l’elemento di debolezza, di fragilità politica e anche di scelta opportunistica.



Mafia Capitale e funerali di Casamonica sono un danno anche per il Pd nazionale?

Sono un danno grandissimo. Generalmente il buon governo locale, in grado di garantire la legalità, è sempre stato il fiore all’occhiello della sinistra. Anche se Marino è esente da responsabilità penali, entrambi gli episodi che ha citato dimostrano che c’è un’area forte della sinistra che è stata coinvolta nel malaffare. Di fronte alla vicenda dei Casamonica inoltre c’è stata una debolezza di comando da parte dell’amministrazione comunale che non è riuscita a capire come quei funerali fossero un danno terribile per l’immagine della capitale. La responsabilità non è soltanto di Marino, ma involontariamente la sua giunta sta facendo la miglior campagna elettorale possibile per Beppe Grillo.

L’intervento del governo arriva politicamente in ritardo?

Il ritardo è frutto del dramma di Renzi. Quando ha acquisito sotto le sue bandiere il giovane capo della sinistra, Matteo Orfini, il segretario Renzi gli ha dato in contraccambio carta bianca sulla città di Roma. In questo modo Renzi gli ha consentito di costruirsi un potere personale. Orfini del resto era stato uno dei protagonisti delle battaglie di corrente del Pd romano, e ha scelto di difendere Marino per un calcolo sbagliato.

 

Quale calcolo?

Ha pensato di avere di fronte a sé la strada più utile per diventare il leader di Roma, e forse il successore di Marino. Renzi non ha voluto tradire il patto con Orfini, e quindi non ha potuto smentirlo. E’ stato così costretto a subire Marino, insieme a tutte le conseguenze provocate dalla sua permanenza nel Campidoglio. Renzi insomma interviene in ritardo perché paga un prezzo a un suo alleato improvvisato, che gli ha messo sul tavolo la condizione di non procedere su Roma pena la rottura dell’alleanza.

 

Renzi sta cercando di non spaccare il Pd?

Il Pd romano è già un partito spaccato. Dopo le Regionali, Marianna Madia fece delle affermazioni molto drastiche su quello che stava avvenendo nel Pd della Capitale. Non capisco quindi che cosa ci sia da tenere unito in un partito che, secondo il rapporto di Fabrizio Barca, ha intere sezioni dominate non solo dai signori delle tessere ma spesso anche da fenomeni di contiguità con la malavita. Tanto che alcune sezioni sono state commissariate e alcuni presidenti rimossi per ragioni di legalità.

 

Ritiene comprensibile la cautela del segretario del Pd?

No, la cautela di Renzi è immotivata perché in queste condizioni il Pd romano va incontro a una sconfitta senza precedenti. Anche perché non emerge una figura carismatica in grado di tenerlo unito: non c’è un nome che possa essere preso in considerazione per la prossima partita elettorale. Il Pd romano non ha selezionato una classe dirigente, pur essendoci sicuramente al suo interno delle persone che “hanno tirato la carretta”.

 

(Pietro Vernizzi)