“Poco dopo le elezioni Europee il Pd era al 37%, mentre oggi è sceso al 33%. Un’indubbia erosione che si spiega anche con il fatto che abbiamo un Pd sempre meno partito e sempre più orientato a diventare un comitato elettorale che si accende in previsione delle elezioni”. A rimarcarlo è Roberto Weber di Ixè, che ha reso noto un nuovo sondaggio da cui risulta che in questo momento Sergio Mattarella è il politico italiano con il consenso più alto, il 59%. Dietro di lui Renzi al 30%, Salvini al 22%, Grillo al 20% e Berlusconi al 12%. Il governo nel suo complesso è invece al 27%. Tra i partiti il Pd è al 33,1%, l’M5S al 22,5%, la Lega al 15,8% e Forza Italia al 9,9%.



Renzi ha più consensi del suo governo. Tutto normale?

Questo è un fatto abbastanza tradizionale. Piuttosto, colpisce che nel caso di Renzi il divario sia fin troppo scarso. Oggi il premier è al 30% e il governo al 27%, in altri momenti avevamo il 7/8% di scarto.

Che cosa ha fatto sì che la fiducia in Renzi sia scesa al 30%?



C’è una serie di riforme che il governo ha avviato e in alcuni casi concluso, ma che stentano ancora a fare sentire il loro potenziale. L’assunzione dei precari della scuola nel momento in cui andrà a regime avrà una ricaduta positiva anche in termini di consensi. Lo stesso si può dire per il Jobs Act, che come tutte le riforme darà risultati nel medio-lungo termine.

Ma ci sono ragioni più profonde per cui l’attuale maggioranza è in crisi di consenso?

Dobbiamo tenere conto della disoccupazione a livello nazionale, cui si aggiungono i casi di Sicilia e Comune di Roma, che nessuno riesce a governare: una somma di fattori che fa sì che la popolarità di Renzi sia scesa.



Gli italiani sono stanchi di Renzi?

Noi abbiamo ormai due Paesi: quello che non vota e quello che vota. Nel Paese che vota la polarità di Renzi è elevata, non è del 30% ma del 40%. Il Paese che invece sta a guardare, ma che segue comunque la politica, lo penalizza. Se non ci saranno intoppi alle prossime elezioni il vincitore sarà quindi Renzi.

A quali intoppi fa riferimento?

Ci possono essere delle mine sul cammino di Renzi che se non saranno disinnescate, peseranno. Le elezioni amministrative per esempio non sono per nulla scontate.

Quali saranno le sfide più delicate?

A Milano se il Pd non trova un buon candidato incontrerà delle difficoltà, problemi molto seri ci possono essere in Sicilia, e lo stesso vale anche per Roma se si va al voto anticipato. Sono tutti elementi che poi vanificano sui territori la presa che ha Renzi a livello nazionale. In passato la sinistra vinceva le amministrative e poi non era premiata alle politiche. Questa volta invece al Pd di Renzi potrebbe avvenire l’opposto, e quindi terrei le due cose distinte.

Com’è la salute interna al Pd?

C’è stata un’indubbia erosione: poco dopo le elezioni europee il Pd era al 37%, mentre oggi è sceso al 33%. Un andamento che si spiega anche con il fatto che abbiamo un Pd sempre meno partito e sempre più orientato a diventare un comitato elettorale che si accende in previsione delle elezioni.

 

In questi giorni si è parlato di una possibile alleanza Berlusconi/Salvini. Quali conseguenze avrebbe?

Lega e FI insieme prenderebbero meno della somma dei voti dei due partiti da soli. Sul piano nazionale un’operazione di questa natura mi sembra molto difficile, anche perché il leader naturale dell’alleanza sarebbe Salvini. E poi c’è una quota di elettorato residuo di centrodestra che fa riferimento a Berlusconi e che ha un carattere più moderato rispetto a Salvini. Potrebbe accettare quindi una coalizione tra i due solo a condizione che alla guida ci sia Berlusconi, ma quella stagione è ormai finita.

 

La popolarità di Mattarella significa che agli italiani piacerebbe una Repubblica presidenziale?

Finora Mattarella si è dimostrato molto più defilato rispetto a Napolitano, e non ci sono stati interventi veramente pesanti o che andassero a confliggere con le opinioni espresse dai principali partiti. Non credo che ci sia una pulsione di questo tipo, piuttosto c’è una posizione super partes e di equilibrio che risulta gradita agli italiani.

 

Le stime sull’affluenza sono in aumento o in calo?

L’affluenza oscilla tra il 60 e il 65%, e alla fine probabilmente voterà il 60%. Lo ritengo un elemento di preoccupazione perché in Italia il quadro istituzionale, che è sempre stato debole, trovava un grande supporto nella partecipazione popolare. Se quest’ultima si attenua, la stessa coesione sociale è messa in discussione.

 

(Pietro Vernizzi)