Renzi promette 80 miliardi di investimenti al sud, cerca di chiudere la partita in casa Pd con un accordo sul cda Rai in commissione di Vigilanza (oggi il voto), tenta di stemperare l’opposizione interna sulle riforme istituzionali. A prima vista il premier sembrerebbe in affanno, ma per Antonio Padellaro, già direttore del Fatto Quotidiano, la Dc renziana — perché di questo si tratta — riuscirà, se non a smussare le differenze, ad accontentare tutti. In realtà il vero problema, per il presidente-segretario, non sta dentro il Pd, ma fuori.
Padellaro, cosa sta accadendo nel Pd?
Fino ad oggi Renzi ha avuto buon gioco nel contrastare l’opposizione interna, un po’ perché è divisa, un po’ perché non ha mai spinto il dissenso fino al punto di votare contro il governo, se si eccettua l’emendamento sul canone Rai. La minoranza ha protestato, ha presentato proposte alternative, però al momento giusto o non ha partecipato al voto o ha evitato di mettere in crisi il governo. C’è anche da dire che gli esponenti più radicali del dissenso, come Civati e Fassina, sono andati via.
Nessuna scissione in vista dunque.
Ma quando mai. In un partito come il Pd di Renzi, che assomiglia così tanto alla vecchia Dc, dopo le dichiarazioni di guerra sia arriva sempre a un compromesso.
Anche sulla riforma del Senato?
Sì, credo che anche in questo caso al momento giusto una mediazione verrà fatta. Certo, finché non si arriverà a nuove elezioni la minoranza dem sarà sempre una spina nel fianco di Renzi, perché al Senato i senatori ostili hanno il loro peso.
E sulla Rai?
Sulla Rai i giochi sono diversi da qualunque altro terreno, perché l’obiettivo di tutti è spartirsi i posti. Mentre su scuola, riforme o legge elettorale si sono fatte battaglie di principio o al più di tentativi di arginare lo strapotere di Renzi, nel caso della Rai gli aggiustamenti si possono fare perché c’è ampio margine. Le caselle sono tante, dal cda fino ai direttori di rete e di tg, si può mediare a volontà.
Insomma, lei non dà nessun credito alle fibrillazioni antirenziane.
Oggi fare un nuovo soggetto politico è da aspiranti suicidi. Non ricordo una sola scissione che abbia portato bene a chi si è scisso, forse con la sola eccezione di Sel rispetto a Rifondazione… Uscire è pericoloso. Fassina e Civati annunciano nuovi soggetti politici che però dovranno essere saldati con altre cose esistenti — lista Tsipras, Sel, Landini. Chi esce deve contrattare posizioni, spazi, ruoli. Il primo giorno hai i titoli dei giornali dalla tua, subito dopo però devi ripartire da zero.
E chi vuole rompere le uova nel paniere?
Sa bene di doverlo fare dentro al Pd. Alla minoranza dem conviene lavorare sulla propria rendita di posizione.
Caso Azzollini, l’Ala di Verdini, la riforma Rai, lo scontro con i comuni, Crocetta, Marino… Renzi non ha un po’ troppi fronti aperti?
Renzi oggi è indubbiamente più debole: dopo tutto il logoramento fa parte di chi sta al governo, soprattutto quando si governa in condizioni difficili, purtroppo per Renzi e purtroppo per noi, perché i numeri dell’economia vanno male. La ripresa non c’è e Renzi non può sventolare vittorie. Continua a promettere l’abbassamento delle tasse ma anche questo è solo un annuncio. Ed è più debole perché gli altri si stanno rafforzando. M5s in particolare. La vicenda della strada siciliana che i parlamentari M5s hanno costruito con i loro soldi ha colpito moltissimo la gente normale.
Meno sparate, Grillo dietro le quinte, tutto molto più coordinato. M5s sta cambiando?
M5s per tanti versi è ancora un disastro, non si assume responsabilità di governo, ma i numeri sono i numeri. Si sono posizionati intorno al 25 per cento e fanno operazioni di forte impatto come questa, dimmi tu quando mai un partito politico ha pagato di tasca sua la costruzione di una strada. Renzi non può cacciare Crocetta se no vince M5s, idem a Roma. Altro che sinistra interna, il problema di Renzi sta fuori dal Pd e si chiama M5s.
Salvini è ansioso di sfidare Renzi.
Ma è un nemico molto meno pericoloso per lui. Chi può drenare altri voti dal centrosinistra è proprio M5s. Salvini può prendersi i voti in uscita da Forza Italia, mentre M5s ha le carte per attingere a due serbatoi: Renzi e gli astenuti. Il presidente del Consiglio deve preoccuparsi.
Preoccuparsi quanto?
Che la finalissima al ballottaggio se la giochino M5s e Lega.
Non è uno scenario troppo fantasioso?
Oggi certamente sì, domani chissà.
Ma Renzi arriva al 2018?
Oggi, sondaggi alla mano, è messo male, rischia molto, dalla Sicilia a Roma. Basti pensare che tutti i governatori, Emilia-Romagna esclusa, non sono suoi. Per questo ha tutto l’interesse a tenere le bocce ferme. Lo aiuta il presidente della Repubblica: se Napolitano non ha fatto votare gli italiani quando era il momento, ancor meno lo farà Mattarella, che è molto più prudente.
Uno scenario sulle riforme istituzionali.
Vediamo che succede in commissione tra una settimana. A condurre i giochi c’è la Finocchiaro, che non è renziana, ma nemmeno della minoranza dem. Se la Finocchiaro non ammette gli emendamenti della minoranza, sarebbe difficile per Grasso ammetterli poi in aula…
(Federico Ferraù)