“E’ un errore presentare come un espediente formalistico il problema costituito dalla diversità tra le due formulazioni dell’articolo 2 della riforma del Senato. La norma esige il rispetto attentissimo della forma”. Lo evidenzia Luigi Manconi, giornalista e deputato del Pd, a proposito dell’intervento del presidente di palazzo Madama, Pietro Grasso, che ha manifestato l’intenzione di sancire l’emendabilità dell’articolo 2 della riforma del Senato. Una presa di posizione che ha dato adito a diversi retroscena che ritraevano il presidente Grasso nell’intento di “sabotare” la riforma di Renzi. Lui però ha smentito tutto precisando: “Ho evitato, fino a oggi, di smentire ogni singolo racconto, anche perché sto diventando un appassionato lettore di ‘fantapolitica’. Le ricostruzioni apparse oggi però vanno decisamente troppo oltre”.



Onorevole Manconi, Renzi sulla riforma del Senato dice di avere i numeri e anche, se vuole, di poter forzare la mano. Lei che cosa ne pensa?

Sono tra i firmatari degli emendamenti della cosiddetta “minoranza Pd”. E nello stesso tempo sono per negoziare, negoziare e ancora negoziare. Questo a differenza di altri che si ritrovano nella minoranza del partito e che sono tra i firmatari degli emendamenti. Al di là delle dichiarazioni tonitruanti che provengono dall’una e dall’altra parte, al di là di reciproche minacce e dichiarazioni di guerra, ritengo che vi sia tuttora la possibilità di negoziare. Sono invece contrario a una precipitazione del conflitto e a un’impostazione che preveda una successione di ricatti.



Come valuta la proposta di Zanda, che ha pensato a un listino elettivo per il Senato in concomitanza con le Regionali?

Quella del capogruppo Zanda è un’ipotesi da esaminare attentamente e contestualmente ad altre ipotesi. Anche a costo di sembrare un ingenuo che rifugge all’acre odore della battaglia, per me l’importante è che ci si confronti sulle diverse ipotesi e che su queste si negozi fino in fondo.

Che idea si è fatto dei retroscena che hanno indicato in Grasso un antagonista di Renzi?

E’ un errore presentare come un espediente formalistico o come un cavillo giuridico il problema costituito dalla diversità tra le due formulazioni dell’articolo 2 della riforma del Senato. La norma esige il rispetto attentissimo della forma. La difformità tra i due testi comporta quindi un problema reale, e dunque quello di Grasso non è un escamotage.



Renzi di recente ha affermato che il ventennio berlusconiano è stato un errore perché tutto incentrato su una sola persona. Il premier non rischia di riproporre questo stesso scenario, con al centro sé stesso?

Renzi ha espresso troppo sbrigativamente e dunque malamente un concetto che ha pure qualche fondamento di realtà. Il ventennio non è stato solo berlusconismo contro anti-berlusconismo, anzi in questo centrosinistra, Pd e Ulivo hanno fatto anche delle buone cose. Ovviamente hanno patito molte cocenti sconfitte, hanno commesso madornali errori, ma non sono riducibili alla specularità tra berlusconismo e anti-berlusconismo. Ma nella rappresentazione di Renzi c’è anche qualcosa di vero.

 

Che cosa, precisamente?

Il berlusconismo è stato così pervasivo e così insidioso che ha condizionato potentemente le mosse dell’avversario. Anzi lo ha costretto troppo spesso la sinistra a specchiarsi in Berlusconi, a muoversi sulla difensiva e ad agire sulla scorta dell’azione di Berlusconi stesso. E quindi a esserne in qualche modo prigioniera, almeno per alcuni periodi.

 

Può fare un esempio?

Uno tra i più evidenti è questione della giustizia, rispetto a cui il centrosinistra è stato incapace di elaborare una riforma radicale, di pensare a un’amministrazione della giustizia totalmente diversa da quella attuale. E ciò perché la sinistra è stata condizionata dalla presenza così prepotente del berlusconismo con le sue malefatte, con i suoi reati, con le sue leggi ad personam.

 

Con quali effetti di ampio respiro?

Questo certamente ha condizionato, e quindi ha tolto autonomia al centrosinistra. Per non parlare di una certa cultura, che mi disturba chiamare “dell’immagine” o “dello spettacolo”, che sono formulazioni molto povere e molto abusate. C’è stato un prevalere del messaggio e degli stilemi della comunicazione immediatista e istantanea, che ha prevalso su una comunicazione orizzontale, più saggia e razionale.

 

Tutto ciò rischia di riprodursi con il renzismo?

Sì, certamente è un rischio. E questo ancora una volta per una colpa da distribuirsi equamente tra Renzi e i suoi avversari, o meglio tra Renzi e i suoi mancati avversari. Se i suoi avversari non sono capaci di essere all’altezza di Renzi, è fatale che quest’ultimo domini il campo.

 

(Pietro Vernizzi)