Si entra nel vivo della riforma costituzionale. Ieri l’aula del Senato ha bocciato le pregiudiziali di costituzionalità presentate da Forza Italia, Lega, Sel e M5s al ddl Boschi-Renzi. Il presidente dell’assemblea di Palazzo Madama, Pietro Grasso, può ancora aprire l’articolo 2 agli emendamenti. Una decisione — invocata dalle opposizioni e dalla minoranza dem — che tiene con il fiato sospeso il Pd e contro la quale si è ipotizzato che a quel punto il governo potrebbe proporre l’abolizione del Senato tout court con un solo articolo, anche se ieri, in una intervista al Corriere della Sera, il ministro Maria Elena Boschi ha smentito questo scenario. “E vero — spiega il costituzionalista Stelio Mangiameli —, a Grasso spetta l’applicazione del regolamento da cui dipende il modo di votare il famigerato articolo 2 del ddl costituzionale sulla composizione del nuovo Senato, ma non credo che egli voglia fare ripartire da zero la riforma costituzionale”.
Ieri c’è stato l’abbraccio Renzi-Bersani a Bettola, dove il capo del governo era in visita alle zone alluvionate. Per alcuni, anche se è avvenuto per ragioni completamente diverse, sancisce simbolicamente la sconfitta politica della minoranza dem. E’ così?
Il limite della minoranza Pd è quello di non avere opposto alla maggioranza del partito una diversa visione politica; il loro dissenso è stato molto di maniera, ma senza una vera sostanza, come ha mostrato anche la vicenda della legge elettorale qualche mese fa. Del resto, ogni ipotesi di scissione o di danneggiamento del governo doveva ritenersi esclusa in partenza, sia per senso di responsabilità, sia perché con elezioni anticipate la minoranza dem sarebbe stata asfaltata da Renzi.
“L’Europa ci riconosce spazi finanziari di flessibilità se in cambio facciamo le riforme” ha detto il ministro Boschi al Corriere della Sera. Come commenta questa affermazione?
Non credo che l’Europa si riferisca proprio alla riforma del bicameralismo, quanto piuttosto alle riforme del mercato del lavoro e a quelle che incidono sulla spesa pubblica, come la riforma della pubblica amministrazione. Questo non vuol dire che la riforma costituzionale non sia necessaria e non sia utile. Tuttavia, la resa delle riforme — di quella costituzionale e delle altre — si misurerà nel prossimo futuro e speriamo che tutte le ciambelle riescano con il buco.
Ma qual è il grado di coerenza della riforma istituzionale, alla luce di come si va delineando?
La Camera dei deputati aveva peggiorato in molti punti la riforma costituzionale; in Commissione Affari costituzionali del Senato, a fine luglio, sembrava raggiunto un accordo per recuperare l’equilibrio di un anno fa. Adesso vedremo se in aula almeno la parte condivisa degli emendamenti sarà accolta. Comunque esistono parecchi problemi all’interno di questa riforma costituzionale, che riguardano la moltiplicazione dei procedimenti legislativi, che possono dare luogo ad un vero caos, lo squilibrio tra Camera e Senato nell’elezione degli organi garanzia, a cominciare dal presidente della Repubblica, e il riparto delle competenze tra Stato e Regioni, apparentemente semplificato, ma — a guardare bene — reso ancora più complicato e meno funzionale.
Intanto, qualcuno ha chiesto di cambiare l’Italicum…
La legge elettorale approvata qualche mese fa interferisce con la riforma costituzionale, perché nell’apparente continuità delle disposizioni costituzionali sul governo parlamentare, in realtà introduce una forma di governo inedita: quella del primo ministro. Su questa metamorfosi costituzionale sembra esserci il consenso di tutta la classe politica. Quanto ai cambiamenti invocati, non riguardano l’essenza della legge e il meccanismo elettorale che disciplina, ma solo alcuni aspetti (premio alla coalizione anziché alla lista) di cui si chiede la modifica per pura convenienza politica.
Fino a ieri eravamo assillati dal tormentone dei numeri. Renzi non è mai apparso preoccupato di non averli. Secondo lei che cosa preoccupa di più Renzi in questo momento?
Renzi sta lavorando per arrivare sino al 2018 e vincere le elezioni per un nuovo mandato; non a caso dopo la pausa estiva ha sciorinato il programma dei tagli delle tasse, a partire dalla Tasi e dall’Imu sulla prima casa, da effettuare gradualmente nei prossimi anni. Tagliare le tasse equivale a mettere soldi in tasca alle persone, alle famiglie e alle aziende, molti di più degli 80 euro dello scorso anno; e questo Renzi lo sa.
Mattarella si è guardato bene dall’intervenire. E’ davvero fuori dai giochi?
Con Napolitano eravamo abituati a vedere il presidente della Repubblica, anche per via dell’emergenza economica, al centro dell’agone politico. Il comportamento di Mattarella è sicuramente più istituzionale. Questo non vuol dire che il presidente della Repubblica non abbia le sue idee politiche e che sia da escludere che possa esprimerle in determinate situazioni e alle condizioni previste dalla Costituzione.
(Federico Ferraù)