“Quella sulla riforma del Senato è una sfida tra le forze che vogliono il cambiamento e quelle che vi si oppongono. Mi auguro non solo che alla fine il Pd si schieri compatto per il cambiamento, ma che si trovi una maggioranza la più possibile qualificata e qualificante”. E’ l’auspicio di Giuseppe Fioroni, ex ministro dell’Istruzione nel governo Prodi e membro della segreteria del Pd, a proposito del dibattito all’interno del partito sulla riforma costituzionale. Per lunedì è stata convocata una direzione del Pd con l’obiettivo di trovare un accordo. Da un lato il segretario Matteo Renzi cerca di mediare, spiegando che “il caposaldo è che non si tocchi quanto nell’articolo 2 è passato con la doppia lettura conforme di Camera e Senato. Sul resto siamo disponibili”. Dall’altra Pier Luigi Bersani che risponde: “Leggo di disponibilità a discutere modifiche delle norme sul Senato. Sarebbe davvero una buona cosa”.



Si torna a parlare di aperture nel Pd. Che cosa è cambiato?

Approvare la riforma costituzionale è un dato vitale per il cambiamento del Paese. Sicuramente ci sono i voti per cambiarla, ma apprezzo che il presidente del Consiglio lavori per una maggioranza ampia che unisca il più possibile il Pd. Occorre una maggioranza qualificata e qualificante per essere all’altezza della sfida che ha di fronte, cioè il cambiamento della carta costituzionale.



Lei interpreta le dichiarazioni di Bersani come un’intesa raggiunta nel Pd?

Tutti siamo consapevoli che la prima costituzione fu scritta in un momento storico diverso, ma che ha di simile al nostro la fase costitutiva di una nuova repubblica. Questo invita tutti noi a essere protagonisti di questo periodo, con la voglia non solo di avere i numeri, ma di essere all’altezza della storia che stiamo scrivendo. Dall’altra occorre avere in mente l’obiettivo del cambiamento, con la capacità di guardare la sostanza delle questioni senza innamorarsi della forma di qualche emendamento. 

Al di là della forma, il nodo che ha diviso le due parti finora è stata la questione dell’elettività dei senatori. Qual è la posta in gioco politica all’interno del Partito democratico?



Alcuni miei amici hanno presentato una proposta di legge, che condivido, per l’abrogazione del Senato. Io sono sempre stato convinto del fatto che il sistema migliore sia il monocameralismo. Ora la scelta è stata quella di dare vita a una camera delle autonomie, che non vota né la fiducia al governo né moltissime leggi. Dobbiamo stare attenti a fare sì che questa seconda camera, che ha funzioni di integrazione e di condivisione, anche dai governi dei territori, di talune scelte nazionali non diventi surrettiziamente un ritorno a un bicameralismo perfetto. Io credo che sia un obbligo per tutti raggiungere questo obiettivo unitario. Questo non solo perché ce lo chiede il Paese, ma anche perché dobbiamo avere la consapevolezza del fatto che stiamo scrivendo un pezzo di storia.

Alla fine il Pd riuscirà a votare compatto su questa riforma?

Io mi auguro che il Pd riesca a votare compatto. Mi auguro che la maggioranza che la voti sia qualificata e qualificante, come è necessario per chi si accinge a cambiare la storia, partendo come giustamente ha detto Matteo Renzi dal fatto che i numeri ci sono. Ma proprio perché ci sono, c’è il dovere di ricercare una maggioranza che abbia le due qualità che ho citato prima.

 

I senatori che hanno votato emendamenti all’articolo 2 sono 176 su 321. Renzi come fa a dire che i numeri ci sono di sicuro?

La scelta finale che avranno di fronte i colleghi senatori sarà tra cambiare e non cambiare. Viviamo in una stagione in cui tutti noi sentiamo la forza del cambiamento e la difficoltà di passare per quelli che si oppongono o resistono al cambiamento. Siccome moltissimi di quelli che hanno presentato emendamenti non sono per bloccare il cambiamento, se la scelta finale sarà tra cambiare e non cambiare io sono convinto del fatto che questa volta la forza del cambiamento sarà maggiore di quella di quanti vi resistono.

 

Se sarà approvata dal Parlamento, poi questa riforma dovrà affrontare un referendum. C’è il rischio che su questo referendum si scarichino malcontenti e tensioni sociali?

Il bello del referendum è che scelgono i cittadini, e io in vita mia non ho mai avuto paura del giudizio degli italiani.

 

(Pietro Vernizzi)