Mattina dell’1 settembre, “capodanno”. Alle 11 su siti e agenzie lampeggia un flash: l’Istat ha rivisto al rialzo il Pil italiano del primo e del secondo trimestre. A giugno, la crescita non è più +0,5% ma +0,7%. Al diavolo gufi italiani e ragionieri tedeschi: la maledizione del Pil-prefisso telefonico a fine 2015 sembra allontanata con un calcio deciso. Anzi: “Siamo da maglia rosa”, dice il premier Matteo Renzi in un video-messaggio “alla nazione” postato su www.governo.it una manciata di minuti dopo la breaking



Giù il cappello davanti a Filippo Sensi, lo spin-doctor di Renzi, di cui gli intenditori hanno apprezzato giusto una settimana fa lo speechwriting del discorso al Meeting di Rimini (e attendono ora gli effetti speciali in serbo per il workshop di Cernobbio). Un po’ Istituto Luce: nello stile di quel premier italiano del passato, cui proprio Renzi ha strappato il primato di più giovane inquilino di Palazzo Chigi. Un po’ Alastair Campbell, il policy planner di Tony Blair, simbolo di quella sinistra cool di cui Renzi è vero erede europeo in linea retta (certo, nei cinegiornali Mussolini ci è finito anche il suo ultimo giorno e il portavoce di Downing Street è stato accusato di aver mentito lui sulle armi di distruzione di massa di Saddam).  



E’ difficile pensare che la boiler room di Palazzo Chigi sia stata estranea anche alla zampata-Paese del giorno prima: la gestione mediatica della scoperta di un maxi-giacimento di gas da parte dell’Eni al largo dell’Egitto. Notizia raccontata live alla Cnn direttamente da Claudio Desclazi, capo-azienda del cane a sei zampe. Letteralmente “raccontata” perché l’Eni nel Mediterraneo, in Egitto, va molto oltre il notiziario politico-finanziario: è storytelling allo stato puro e all’ennesima potenza. E’ narrazione profonda della “miglior” ‘Italia repubblicana: l’ex partigiano cattolico Enrico Mattei che crea dal nulla una multinazionale petrolifera, che fa geopolitica post-colonialista anti-Sette Sorelle e fa affari con l’Urss negli anni più gelidi della guerra fredda. E l’Eni, nel 2015, c’è,  lotta, non si abbatte: né per il petrolio basso e neppure per i disastri che altri hanno combinato in Iraq, in Libia, alla frontiera ucraina. Somiglia parecchio, l’Eni, al suo azionista di riferimento Matteo Renzi. Ed è oro colante per il co-premier Filippo Sensi, chief storyteller di un’Italia feelgood, che vuole “sentirsi bene” a tutti i costi. Che sembra non avere altra chance che provare a sentirsi bene.



A questo punto, questo spillo avrebbe bisogno di una chiusa. Non c’è. Salvo una domanda senza risposta: quanto pagherebbe la Fox per un duello televisivo fra Renzi e Donald Trump, Turbo-Sinistra Europea contro Fanta-Populismo Americano? Altro che l’Obama pre-pensionando e para-ambientalista in un reality in Alaska.