“La prassi instaurata ha determinato una frattura che non sarà sanata dal referendum. Da domani qualunque minoranza che dovesse vincere le elezioni con l’Italicum e che risulti in grado di impossessarsi del governo e di gestire il Parlamento potrebbe agire sulla Costituzione allo stesso modo del governo Renzi”. Stelio Mangiameli, costituzionalista, commenta così l’accordo politico raggiunto nel Pd e gli emendamenti a firma Anna Finocchiaro che ne rappresentano il primo risultato.



Professore, Renzi ha vinto o ha perso?
Dal punto di vista politico ha stravinto: la riforma costituzionale sarà approvata con un ampio margine anche al Senato, il partito è stato ricompattato e la minoranza dem, alla quale non è stato concesso nulla, si dichiara soddisfatta dell’apertura del segretario. Tutto è stato rinviato a un tempo futuro, ad una legge diversa e a un accordo che, se si farà, si farà in quel momento.



Veniamo agli emendamenti. Sappiamo che i nuovi senatori saranno eletti dai consigli regionali “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi”. Ci aiuti a capire. Che cosa succederà?
C’è poco da capire: il meccanismo di scelta dei senatori resta indeterminato. Ancora in questi giorni si è parlato di un sistema di voto con due schede o una scheda e un listino di candidati. Bisogna dire che si tratta comunque di una complicazione che non aiuta la rappresentanza del Senato e non canalizza il ruolo dell’istituzione nel sistema dei pesi e contrappesi della democrazia.



Il secondo emendamento Finocchiaro riguarda le funzioni del Senato: raccordo tra lo Stato e gli enti territoriali e locali, valutazione delle politiche pubbliche e dell’attività delle pubbliche amministrazioni, verifica dell’impatto delle politiche Ue sui territori. Traduca, per favore.
Si tratta di funzioni che erano state attribuite al Senato nella versione precedentemente approvata è che la Camera aveva sottratto durante il suo esame della riforma costituzionale. Sul ripristino di queste competenze l’accordo era stato già raggiunto a fine luglio in Commissione affari costituzionali; ecco perché la presidente Finocchiaro ha sottoscritto l’emendamento. 

Veniamo al terzo emendamento. Il Senato nominerà due membri della Consulta. Che ne pensa?
Anche questa modifica costituisce un ripristino del testo precedente all’esame della Camera che aveva modificato il punto prevedendo l’elezione di cinque giudici costituzionali da parte delle Camere riunite in seduta comune. Si comprende facilmente che la somma di deputati e senatori avrebbe impedito a questi ultimi, per la loro esiguità, di eleggere realmente i giudici costituzionali. La presenza di due giudici costituzionali espressione diretta del Senato costituito da rappresentanti delle regioni e delle autonomie potrebbe avere un effetto benefico sulla giurisprudenza costituzionale, sin qui prevalentemente, e in modo anche eccessivo, troppo sbilanciata a favore dello Stato.

Calderoli ha detto che rimane aperto il nodo relativo al Titolo V, tutto da risolvere. E’ così? 

Avere parlato solo dell’art. 2 e del modo di eleggere i senatori ha impedito di considerare gli altri aspetti critici della riforma costituzionale, tra cui primeggia il nuovo riparto delle competenze tra Stato e regioni e le questioni del federalismo fiscale dopo che il coordinamento della finanza pubblica è stato ascritto alla competenza esclusiva dello Stato. Ma i punti critici della riforma sono anche altri, come l’eccesso o numero dei procedimenti legislativi e, soprattutto, l’elezione del presidente della Repubblica. Speriamo che qualcosa si faccia anche per queste parti del testo della riforma.

Altro che assemblea costituente: la nuova Costituzione nasce da un ddl governativo. Questo cosa significa?
La riforma costituzionale, più che figlia del Parlamento e della partecipazione popolare, sarà figlia dell’autoritarismo del governo Renzi. Dopo la sua approvazione si terrà il referendum e Renzi si impegnerà, come ha dichiarato, a girare tutta l’Italia per farla approvare e, in questo modo, a rilegittimare il proprio operato. Ma la prassi instaurata ha determinato una frattura che non sarà certamente sanata dal referendum, anche se il suo esisto dovesse essere favorevole al governo. Da domani qualunque minoranza che dovesse vincere le elezioni con l’Italicum e che risulti in grado di impossessarsi del governo e di gestire il Parlamento potrebbe agire allo stesso modo sulla Costituzione. 

La minoranza Pd è in festa. Ne ha i motivi?
Al momento sembra di sì, ma sarei prudente. Dalle mie parti, quando si assiste a forme di trionfalismo, si dice di solito che “non sempre ride la moglie del ladro; non sempre canta questa donna in questo teatro”. Mi intende?