Partito democratico al 32%, M5s al 27% e Lega Nord al 15,5%. Sono gli ultimi dati di un sondaggio appena realizzato da Tecnè, secondo cui rispetto al mese di luglio i partiti di Grillo e Salvini guadagnano ciascuno l’1,5%, mentre quello di Renzi perde lo 0,5%. La crisi della sinistra – che va tutta a vantaggio dell’M5s – è documentata anche dal -0,5% di Sel, attualmente al 4%. Mentre la galassia dell’ex Pdl è frammentata tra Forza Italia al 12% (-1%), Fratelli d’Italia al 4% e Area Popolare al 3,5% (entrambi stabili). Abbiamo chiesto un commento al sociologo e politologo Carlo Buttaroni, presidente dell’istituto di ricerca Tecnè e direttore di T-Mag, quotidiano online su comunicazione e nuovi media.



Da che cosa è determinata l’ascesa dell’M5s?

Sono quasi tutti voti che arrivano dal centrosinistra, in modo particolare da Pd e Sel.

L’aumento dei consensi di Grillo dipende quindi da un elettorato progressista. Gli scontenti di Renzi premiano i 5 stelle?

Non sono solo gli scontenti di Renzi, ma anche di Sel, Lista Tsipras e Rifondazione Comunista. E’ l’intera galassia di sinistra ad andare verso Grillo, ed è un voto di delusi.



Nel frattempo il Pd perde voti. Perché?

Il Pd rimane ampiamente il primo partito. Perde però consensi in quanto mentre prima era un campo aperto, adesso è un perimetro più chiuso. Più chiuso a sinistra, ma anche verso il centro e la destra. Inevitabilmente dunque è più divisivo.

Intende dire che ha svoltato al centro?

No, il Pd non fa politiche più centriste, anzi. Alcune di queste politiche sono di sinistra, altre sono liberiste, ma mentre prima il Pd di Renzi era un campo di grandi attese, adesso è più che altro un campo di rendicontazione. Come è quasi inevitabile, scontenta quindi di più.



In che senso di rendicontazione?

I partiti aumentano i consensi nel momento in cui crescono le attese nei loro confronti. Dopo un anno e mezzo in cui il segretario del Pd è a capo del governo, ciò che ha fatto conta di più delle attese.

Quanto incidono sul calo dei consensi le divisioni interne al Pd?

Incidono moltissimo, soprattutto per quegli elettori che stanno un po’ a guardare. Prima c’era la novità Renzi, in questo momento prevalgono le divisioni. Non è un partito che dà un’immagine unita di sé.

La promessa di tagliare le tasse fa recuperare voti a Renzi?

Sicuramente, però conta di più il momento in cui questo avverrà rispetto al puro e semplice annuncio. Quando un partito è al governo, i consensi non sono più legati alle aspettative ma a quello che riesce effettivamente a fare. La fase degli annunci è finita e il governo è entrato in quella della rendicontazione. I consensi possono sicuramente crescere in funzione dell’abolizione della tassa sulla prima casa solo nel momento in cui la nuova legge sarà effettivamente approvata.

Gli italiani sentono che Renzi ha promesso più di quanto sta realizzando?

Di certo c’è uno scarto tra le attese che si sono create subito dopo l’annuncio del programma di governo e ciò che poi è effettivamente avvenuto. Questo non dipende necessariamente dal governo, quanto piuttosto dai tempi. Capisco che quella dei tempi è una questione tecnica, per cui non sempre è evidente a tutti che per cambiare le cose ci vuole più tempo di quanto si immagini. Il punto è che probabilmente è stata alimentata un’attesa alla quale non era possibile dare subito seguito. Anche se molte riforme, giuste o sbagliate che siano, sono state fatte.

 

Passiamo al centrodestra. Lei come legge il +1,5% della Lega?

Questo è un momento in cui c’è una forte sollecitazione dell’opinione pubblica su alcuni temi. Il primo tra questi è l’immigrazione, che è un argomento sicuramente molto caldo e in grado di muovere. Va aggiunta però una cosa…

 

Quale?

Le percentuali che ho indicato prima sono relative a quanti dicono che andranno a votare, ma tra incerti e astensionismo siamo ben oltre il 50%. La grande quota di elettori continua a stare nell’area grigia di astensione, non voto e rifiuto di schierarsi.

 

Nel centrodestra alla crescita della Lega corrisponde il calo di Fi. Che cosa sta avvenendo?

Il centrodestra è un’area in forte movimento, senza un assetto geometrico definito. Ormai sono molti anni che sta cercando un nuovo equilibrio post-Berlusconi. L’interrogativo è se il nuovo leader del centrodestra sia Salvini o qualcun altro al suo posto. La questione va avanti da tempo, e prima o poi dovrà essere definita. In questo momento manca soprattutto un leader in grado di tenere insieme l’intero campo.

 

(Pietro Vernizzi)