“Berlusconi non tornerà mai indietro sul suo no alla riforma del Senato. Per il leader di Forza Italia i rapporti umani sono più importanti della politica, e il suo voto contrario non nasce da un calcolo di interessi bensì dal semplice fatto che non si fida più di Renzi”. Lo sottolinea Gianfranco Rotondi, deputato di Forza Italia ed ex ministro per l’Attuazione del programma. Lunedì l’aula del Senato voterà sulle riforme costituzionali, e la contrarietà della sinistra del Pd rende decisivo il ruolo di Forza Italia. Dopo che in prima lettura le riforme erano passate grazie al Patto del Nazareno, l’asse Renzi-Berlusconi si è rotto sull’elezione del capo dello Stato e da allora non si è più ricomposto.



A Berlusconi conviene fare un nuovo patto del Nazareno per mettere anche la sua firma sulle riforme?

Io sono sempre stato di questa idea, ma non mi sembra che Berlusconi la condivida.

Per quale motivo?

Perché Berlusconi non antepone la politica alla qualità dei rapporti umani e personali. Io sono democristiano e quindi più cedevole. Bisogna ammirare in Berlusconi l’incapacità di separare il rapporto fiduciario dagli interessi politici. In parole povere, non si fida di Renzi.



Questo prevale anche sul fatto che Forza Italia aveva già votato a favore della riforma del Senato?

Berlusconi aveva già delle perplessità sulla riforma costituzionale. Intendiamoci, le ho anch’io, ma sulle riforme il meglio è nemico del bene: bisogna accontentarsi di diminuire di un terzo il numero dei parlamentari e di eliminare il bicameralismo. Non è insomma una grande riforma, ma nel complesso è una buona riforma.

Che cosa significava per Berlusconi il Patto del Nazareno?

Per Berlusconi il Nazareno aveva un contenuto epocale. Era la fine di alcuni conflitti che hanno messo piombo nelle ali alla ripresa dell’Italia, la cessazione del confronto tra i due poli inteso come scontro massimalista e non come alternanza di governo. Ma soprattutto il superamento dello scontro tra poteri dello Stato, anzitutto tra politica e magistratura.



E’ un caso che Renzi sia uscito proprio adesso con il discorso su berlusconismo e anti-berlusconismo?

Mentre in Berlusconi il pragmatismo ha un limite nel feeling umano, che per lui è fondamentale e che con Renzi è venuto meno, il premier è più che pragmatico, anzi diciamo che ha un po’ di cinismo democristiano. In questo momento a Renzi serve Berlusconi, e lo rincorre con gli argomenti che può sfoderare.

Perché Renzi rincorre Berlusconi?

Renzi ha bisogno due volte di Berlusconi. A un primo giro, cioè a quello dell’approvazione delle riforme, perché senza Forza Italia è difficile che passi il sì, inoltre risulterebbe più debole anche un’eventuale approvazione. Su tre poli politici, due voterebbero no: Forza Italia e M5S. Renzi è un fine politico e capisce che la sua sarebbe una vittoria di Pirro.

 

E al secondo giro?

Il secondo giro è il referendum, che sarà per Renzi quello che fu per Fanfani il referendum sul divorzio. Fanfani azzardò un referendum che voleva essere una sorta di scontro di civiltà. Attestò la Dc sulla linea del no, e si spese personalmente in questo referendum che proponeva il format di “uno contro tutti”, cioè Fanfani contro l’intero schieramento laico. La sconfitta fu la sua fine.

 

Renzi oggi rischia lo stesso sulla riforma del Senato?

Per certi aspetti Renzi, sostituendo alla categoria etica quella istituzionale, va allo scontro allo stesso modo dell’“uno contro tutti”. Lo ritengo un grosso rischio, e da questo punto di vista fa bene a cercare ancora un colloquio con Berlusconi.

 

Il premier cerca il dialogo perché sa di non avere i numeri al Senato?

Io non lo so, i numeri sono risicati. Generalmente però i democristiani con i numeri vanno d’accordo, e quindi se Renzi va avanti sono portato a ritenere che i numeri ce li abbia.

 

(Pietro Vernizzi)