“Aprire a nuovi emendamenti sull’articolo 2 della riforma costituzionale significa ricominciare da capo, e noi non ci stiamo. Siamo aperti a un compromesso purché non si metta in discussione il principio fondamentale, e cioè che i senatori sono eletti dai consigli regionali”. A precisarlo è Giorgio Tonini, vice capogruppo Pd a Palazzo Madama. Ieri sulla vicenda è intervenuto il senatore della minoranza Pd Vannino Chiti, secondo cui la soluzione per trovare un compromesso è semplice: “Con un emendamento soppressivo si cancella la frase ‘I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome eleggono, con metodo proporzionale, i senatori’. Resta in Costituzione la previsione che sono i cittadini a eleggerli”.



Senatore Tonini, a che punto è la riforma della Costituzione?

La riforma ha avuto un suo percorso che è quello previsto dalla Costituzione. Siamo ancora molto lontani dalla fine perché se anche nel giro di qualche settimana il Senato approvasse la riforma, poi ci vorrebbe quasi un anno per completare il percorso tra seconda lettura di Camera e Senato e referendum popolare. Il meccanismo delle riforme è molto complesso e lungo.



In Senato esiste una trattativa e se sì, a che punto è?

Esiste un confronto continuo in Parlamento che ha come sede principale la commissione Affari costituzionali, e nel Pd inoltre ci parliamo continuamente. Al momento le posizioni rimangono distanti sul punto cruciale, e cioè sulle modalità di elezione del nuovo Senato.

Quali sono i paletti irrinunciabili del governo?

Il paletto fondamentale è che non si può ricominciare da capo una volta che la fase di approvazione è stata conclusa. Cinque commi su sei dell’articolo 2, quello che definisce la composizione e le modalità di elezione del nuovo Senato, sono stati votati nello stesso testo sia dalla Camera sia da Palazzo Madama. Sarebbero quindi inemendabili sulla base della prassi e del regolamento parlamentare.



E se Grasso si pronunciasse a favore dell’ammissibilità degli emendamenti?

Grasso ha l’ultima parola e quindi deciderà lui. La nostra posizione tuttavia è fermamente a favore del fatto che cinque commi su sei dell’articolo 2 non siano rimessi in discussione, e che possa essere emendato solo quello già modificato nel passaggio tra Senato e Camera. Quest’ultimo è quello che precisa che i senatori restano in carica per lo stesso periodo in cui ciò avviene anche per il Consiglio regionale dal quale sono stati eletti.

Che cosa ne pensa dell’ipotesi del listino?

L’ipotesi del listino serve per venire incontro a un’obiezione che è stata fatta all’elezione indiretta. Secondo questa obiezione gli elettori sarebbero esclusi dalla scelta dei nuovi senatori, anche se in realtà questi ultimi sono scelti tra i consiglieri regionali i quali a loro volta sono comunque eletti. Si può immaginare un meccanismo che preveda che i candidati a fare i senatori scelti dai partiti siano indicati prima agli elettori e quindi siano eletti con un’indicazione espressa di questi ultimi. Questo è un compromesso con chi vorrebbe immaginare un Senato a elezione diretta.

Perché voi delegate a una legge ordinaria il meccanismo dell’eleggibilità dei senatori?

Il principio stabilito in Costituzione sarà che i senatori sono eletti dai consigli regionali, ma sulla base di indicazioni degli elettori. Il meccanismo elettorale poi è deciso con legge ordinaria, come succede anche per la Camera.

 

Secondo Chiti, per trovare un’intesa basta sopprimere la frase in cui si dice che a eleggere i senatori sono i consigli regionali. Lei che cosa ne pensa?

Questo significa rimettere in discussione l’articolo 2 e ritornare al punto di partenza. Se si apre alla sua emendabilità, tutti sono abilitati a presentare emendamenti e ci troveremo nella giungla delle migliaia di modifiche che vogliono rimettere in discussione il numero dei senatori e le modalità di elezione. Noi siamo disponibili a precisare le modalità con le quali i senatori saranno eletti dai consigli regionali, ma non a rimettere in discussione il principio di fondo, e cioè che i senatori debbano essere eletti appunto dai consigli regionali.

 

Renzi ha stigmatizzato i frenatori, ma sembra voler evitare la rottura. Qual è la sua vera posizione?

Renzi vuole tentare il confronto per capire le ragioni degli altri. C’è però un punto fermo, e cioè che non si può rimettere tutto in discussione. Io vorrei anche capire qual è la ragione di questo accanimento sulla modalità di elezione dei senatori. La difesa del Senato elettivo non fa parte del patrimonio storico della sinistra italiana.

 

Renzi ha i numeri o no?

Vedremo. Penso che alla fine prevarrà il senso di responsabilità da parte di tutti, perché non ha nessun senso questa battaglia che si sta facendo. Si stanno mettendo a rischio le riforme per un obiettivo abbastanza stravagante.

 

Lei esclude del tutto il rischio di una rottura?

Nessuno capirebbe una cosa del genere. Si può sempre impazzire, e anche la follia fa parte dell’esistenza umana. Spero che nessuno arrivi a questo, sarebbe veramente qualcosa di imperdonabile.

 

(Pietro Vernizzi)