“Pensare di poter distinguere tra rifugiati buoni e rifugiati cattivi, bianchi e neri, cristiani e musulmani non ha senso. L’immigrazione è un fenomeno eterogeneo per definizione e l’unico intervento sensato è quello di cercare di governarlo a monte”. Lo evidenzia Giancarlo Blangiardo, professore di demografia ed esperto di immigrazione dell’Università di Milano-Bicocca. Dopo i fatti di Colonia, in cui alcuni profughi hanno molestato delle donne tedesche, si è riacceso il dibattito sul nodo immigrazione. In Italia il Pd aveva proposto di abolire il reato di immigrazione clandestina introdotto nel 2009. Dopo il no del ministro degli Interni, Angelino Alfano (Area popolare) ha fatto dietrofront.



Professore, quali sono le implicazioni dei fatti di Colonia sul modo di affrontare l’immigrazione?

Le implicazioni sono soprattutto di ordine psicologico. La Germania si era accreditata con un atteggiamento di disponibilità all’accoglienza, ma lo spiacevole episodio di Colonia ha offuscato l’immagine del rifugiato che si era fatto il cittadino tedesco. Il profugo era visto come una persona povera e bisognosa di aiuto. L’immagine mediatica dei responsabili dei fatti di Colonia è diventata però quella di un “rifugiato-stupratore”. E siccome si passa rapidamente a generalizzare tutto, l’intera immagine dei rifugiati in Germania ne ha subito le conseguenze.



In molti hanno proposto distinzioni tra rifugiati buoni e rifugiati cattivi. Lei quale condivide?

In alcuni casi si è arrivati a posizioni un po’ esasperate come quella della Slovacchia, che ha detto “Prendiamo solo i rifugiati non islamici”. Si generalizza, e magari si colgono quegli aspetti di identità culturale che sono meno rispettosi della donna, estromettendo per principio quelle realtà culturali. Come sempre le generalizzazioni sono un errore, perché poi non tengono conto della realtà e della variabilità con cui il mondo si manifesta.

Allora come si fa a decidere chi accogliere e chi no?



L’idea di accogliere in modo selettivo è una tentazione emersa in molte occasioni, ma non è una linea percorribile. Non siamo noi che chiamiamo gli immigrati in Europa, ma sono loro che si propongono come rifugiati. E la conseguenza è che non sono i Paesi di accoglienza a governare il fenomeno, bensì sono i migranti a decidere di imbarcarsi. L’idea di selezionare chi arriva in relazione a certe caratteristiche diventa quindi discutibile. Non si può decidere di accettare solo chi è bianco o nero, cristiano o islamico, perché una cosa del genere non è fattibile.

Come vanno gestiti questi flussi per evitare che diventino un problema sociale?

La soluzione ideale per evitare i flussi dalla Siria sarebbe quella di riappacificare la zona. Se volessimo evitare i flussi dall’Africa sub-sahariana, dovremmo creare condizioni di sviluppo locale che impediscano alla gente di scappare dalla miseria per venire in Europa. Il controllo dei flussi si fa impedendo la creazione delle condizioni che li determinano. I rimpatri possono essere un disincentivo, ma hanno dei costi e la loro efficacia è limitata. 

Nel frattempo si grida allo scandalo per il congelamento di Schengen da parte di alcuni Paesi. Non è più grave che Hollande abbia deciso di bombardare unilateralmente la Siria?

Certamente il bombardamento è più deprecabile dal punto di vista delle conseguenze in termini umani. Un conto è chiedere che uno esibisca la carta d’identità ai confini, un’altra cosa è buttargli una bomba in casa. Entrambe le cose sono però la dimostrazione di una realtà europea che a parole è unita, anche se poi nei fatti ciascuno tende a fare di testa propria. Resta però il fatto che non tutti gli Stati Ue sono uguali.

 

In che senso?

Ciascun Paese, in base alla sua storia, alle sue condizioni di vita e alle sue strutture, ha una capacità di accoglienza differente. Bisognerebbe essere capaci di valutarla realisticamente e quindi magari di rispettarla.

 

Lei ritiene che esistano anche delle disparità per cui in Italia lasciamo circolare i clandestini mentre altri Paesi li espellono?

E’ risaputo che esistono queste differenze da sempre. In Italia il reato di immigrazione clandestina non ha prodotto risultati. Le persone condannate per questo reato son infatti davvero poche. Sulla carta quindi in Italia c’è una chiara posizione di contrasto all’immigrazione clandestina. In altri Paesi magari ci sono invece meno chiacchiere e più fatti, e dunque c’è una maggiore difficoltà per gli irregolari a circolare liberamente. Potendo scegliere, un immigrato preferisce rimanere in un Paese dove alla fine è lasciato più tranquillo come l’Italia.

 

Come si collocano gli extracomunitari nel mercato del lavoro italiano?

Gli stranieri si collocano nel mercato del lavoro in posizioni raramente concorrenziali. Nonostante la disoccupazione giovanile, gli immigrati nel nostro Paese continuano a svolgere lavori poco ambiti dagli italiani.

 

(Pietro Vernizzi)