Ieri, 11 gennaio, c’è stato il terzo voto sulla Costituzione (via libera al provvedimento con 367 sì e 194 no, 5 gli astenuti) da parte della Camera dei deputati. Questo significa che il voto finale sulla riforma costituzionale verrà fatto l’11 aprile. E considerando i passaggi formali necessari per promuovere il referendum, sarà possibile convocare quest’ultimo in un arco di tempo che va dall’11 settembre (sic!) in poi. Nulla potrà impedire cioè a Matteo Renzi di andare alle elezioni politiche entro la fine dell’autunno ponendo fine alla legislatura comunque vada il referendum confermativo. Perché?



Se la riforma passasse, effettivamente non avrebbe senso che proseguisse la sua corsa un parlamento di dubbia legittimità. Se viceversa la riforma si arenasse, quale migliore occasione per dire “ci ho provato ma la palude e i gufi mi hanno frenato… datemi fiducia ed una maggioranza piena e vi farò vedere di cosa sono capace”.



In realtà questa folle corsa ad approvare la riforma è determinata da un’altra data. 1° gennaio 2017. Il momento in cui andrebbero a regime le clausole di salvaguardia, cioè tasse, tasse e ancora tasse, trasferite dalla legge di stabilità di un anno per non perdere consenso. 

Renzi deve votare entro il 2017. La favola della legislatura piena è servita per ammansire i più riottosi, che peraltro al Senato diranno ancora un sì per fruire dei benefici delle nomine di metà legislatura che avverranno il 21 di gennaio e cioè all’indomani del quarto voto della camera alta sul testo costituzionale. 



Il delitto perfetto. Agli italiani resterà un dettato costituzionale in cui lo stato prevale sulla repubblica. Centralismo e statalismo dominano. Il governo non ha contrappesi e democrazia e libertà latitano. A palazzo Madama i funzionari sono stati allertati affinché non ci siano intoppi e tutto fili liscio. Il giglio magico è imbattibile nelle operazioni di potere. Maria Elena Boschi coadiuvata dal fido Verdini sta tessendo la tela per convogliare i consensi necessari alla maggioranza. Napolitano, che si è prestato al gioco, sa che il testo è un disastro ed ha lanciato un allarme nel suo ultimo intervento in aula. 

Ma i buoi sono già scappati. Renzi è ormai oltre la fase costituente. È già in campagna elettorale. Non si sa mai. Qualcuno potrebbe accorgersi del bluff e chiedere come ha fatto il vicepresidente della commissione europea Valdis Dombrovskis che l’Italia si decida a fare riforme vere.