“Sulle unioni civili Renzi farebbe bene a mollare la stepchild adoption e a seguire Galantino. L’affido rafforzato chiesto dai cattolici dem? Un compromesso ragionevole”. Lo dice Peppino Caldarola, già direttore dell’Unità e deputato Ds.
Sul ddl Cirinnà il Partito democratico è diviso. Ieri alcuni senatori cattolici del partito hanno presentato un emendamento per sostituire l’adozione (stepchild adoption) con l’affido rafforzato, mentre altri 37 deputati dem hanno firmato un documento che ne chiede lo stralcio. “Senza una mediazione il rischio è, con il voto segreto, il naufragio della legge al Senato”, ha dichiarato Alfredo Bazoli. La linea di Renzi è quella di portare in aula il ddl nella sua attuale formulazione, comprensiva dell’articolo sulle adozioni, cercando di chiarire i passaggi più controversi con l’inserimento di alcune modifiche per lasciare poi ai parlamentari del Pd libertà di coscienza. Sulla carta sembra facile, ma nella realtà tutto si complica. 



Caldarola, si fa presto a dire unioni civili. Per proporre una mediazione serve un’idea di partito. Qual è quella di Renzi sul piano dei diritti?
Quella di un partito a due facce, che sia molto radical sui diritti civili per poter essere più moderato sui diritti sociali. Sarebbe stato più giusto e naturale che su una materia così complicata il presidente del Consiglio avesse concesso assoluta libertà di voto, lasciando ai deputati di esprimersi uti singoli. Concedere la libertà di coscienza vincolandola all’accettazione dei passaggi più discussi e laceranti per una parte del Pd è un irrigidimento, non una concessione di libertà.



Sulla difesa della stepchild adoption Renzi ritrova Bersani, che ieri su Repubblica ha esortato a “rispettare le sensibilità di tutti, di una parte del mondo femminile che teme l’utero in affitto, e dei cattolici”.
E’ una linea zapateriana, che trova cioè nei diritti civili e nella loro interpretazione più ampia possibile la strada di una unità interna altrimenti difficile, se non impossibile. Ma ragionando così viene meno la sensibilità verso un’area che appartiene a pieno titolo al Pd. 

Lei cosa pensa delle preoccupazioni espresse dai cattolici dem?
Può capitare che uno dei due conviventi abbia avuto un figlio con l’utero in affitto in paesi dove la legislazione non è proibizionista e allora il compromesso che si affaccia, di richiamare molto nettamente nel ddl la contrarietà all’utero in affitto, mi sembra giusto. E guardi che non siamo alla dialettica obsoleta di cattolici e non cattolici, perché il tema dell’utero in affitto divide in modo verticale anche il mondo femminile e femminista.



E Renzi?
Renzi ha capito che questa operazione non può essere gestita con il carro armato, primo perché è in gioco un’alleanza di governo, secondo perché le maggioranze variabili, a giudicare dalle relazioni tra Pd e M5s, sono solo rapporti occasionali. Perché sacrificare un alleato per ottenere il consenso passeggero di chi resta un avversario. 

Mons. Galantino, che non è il Pd, ha detto no alla stepchild adption, ma ha riconosciuto che una normativa ci deve essere. 

Sarebbe un suicidio non ascoltarlo. Il capo dei vescovi italiani ha posto un paletto sulla base di quanto afferma la fede cattolica, è un suo diritto farlo e dare indicazioni ai cattolici, che decideranno in cuor loro cosa fare. Ma quando la Cei riconosce la necessità di una legge, siamo di fronte a una possibilità di dialogo molto più avanzata di quanto potessimo immaginare solo alcuni anni fa. Cari legislatori, dicono i vescovi, c’è una norma che a noi non piace, su tutto il resto non poniamo ostacoli, è possibile trovare una formulazione ragionevole? Io questo invito, fossi in Renzi, lo accoglierei.

Cosa accadrebbe se il tandem Renzi-Boschi fosse sconfitto sul tema delle unioni civili?
Sono entrambi in evidenti difficoltà per le ragioni che sappiamo, non avrebbe senso complicarsi ulteriormente la vita puntando alla conquista senza se e senza ma di una vittoria parlamentare su un testo blindato. Sarebbe una di quelle vittorie di cui ci si può rimproverare per molto tempo. 

Quindi?
Diversamente, sarebbe molto più da statisti dire a trenta e più senatori del proprio partito che le loro obiezioni possono essere accolte. Ho letto le dichiarazioni, nessuno di loro mi è sembrato portatore di negatività. 

La negatività è venuta dagli ex deputati Sel ora nel Pd, che in risposta ai cattolici hanno presentato un contro-appello per mantenere la stepchild adoption.
Il “non si torna indietro” è una formula impolitica che Renzi farebbe bene a non fare sua: in politica si può fare marcia indietro da tutto, tranne che sui principi. E uno dei principi fondativi del Pd è il dialogo tra componenti diverse. La componente ex Sel non è fondativa, lo è invece la componente cattolico-popolare. Se una parte di tale componente accetta la via di Renzi, va bene, se non l’accetta e vuole discutere, è necessario farlo. 

E se una soluzione non si trova?
Se un leader politico tiene al principio dell’unità del partito, che è quella delle componenti che lo hanno fondato e che non è una unità burocratica, ma genetica, e decide di sacrificare la dote di chi è venuto con lui, deve però riconoscergli in parlamento libertà di voto. 

L’affido rafforzato chiesto dai cattolici dem?
Un compromesso ragionevole che Renzi potrebbe accettare. Certo finirebbe nel mirino delle associazioni e degli appelli gay, come sta già accadendo, ma ci ritroveremmo comunque con una legislazione più avanzata di quella attuale.

(Federico Ferraù)

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