Il dilemma è amletico: cedere ai cattodem, stralciare ogni riferimento alle adozioni dalla legge sulle unioni civili, perdendo i 5 Stelle, oppure respingere la richiesta, tener duro sulla stepchild adoption, con il risultato di alienarsi il consenso di gran parte dei cattolici, dentro e fuori dal parlamento. Per Matteo Renzi un bivio che si fa sempre più insidioso man mano che l’ora X si avvicina. Al Senato si comincerà a discutere dal 28 gennaio, si tratterà dentro il Pd sino all’ultimo, ma le posizioni sembrano oggi distanti e inconciliabili. 



Mai nella sua breve storia il Pd si è trovato di fronte a un dilemma tanto lacerante. Le sue due anime si fronteggiano, lanciandosi avvertimenti minacciosi. Di cedere i sostenitori del testo Cirinnà non ne vogliono proprio sapere. E forse non si attendevano che la resistenza del fronte contrario fosse così decisa. La controffensiva cattolica — e non solo — guadagna lentamente terreno. E — almeno sulla carta — dovrebbe sferrare il colpo del Ko con il nuovo Family day convocato in Piazza San Giovanni a Roma per il 30 gennaio, stessa piazza di otto anni fa. Il sostanziale via libera alla manifestazione venuto dal presidente della Cei, il cardinal Bagnasco, non può che moltiplicare le preoccupazioni di Palazzo Chigi.



Sinora le contromisure del premier, almeno a livello pubblico, si sono limitate ad assicurare la libertà di voto, trattandosi di una questione di coscienza. In realtà, in privato, Renzi non nasconde il disappunto, anche perché si rende conto che la libertà di coscienza non potrà che certificare la spaccatura del suo partito. Di conseguenza, ha dato mandato ai suoi fedelissimi di valutare le possibili vie d’uscita.

La strettoia si presenta delicata da tutti i punti di vista. Sinora il Quirinale si è tenuto lontano dalla questione, almeno ufficialmente. Valuterà solo alla fine la conformità del testo alla Costituzione. Nulla però impedisce di pensare che la moral suasion di Mattarella sia già in campo per suggerire misure in linea con un testo costituzionale che prevede come famiglia solo quella tradizionale. C’è una sentenza del 2010 (recente, quindi) che lo scrive in modo inequivocabile. Certo, i tempi cambiano, e gli istituti giuridici debbono adeguarsi ai tempi. Del resto, persino il segretario della Cei, monsignor Galantino, lo ha riconosciuto, parlando della necessità che lo Stato dia risposte a tutti. Ma si tratta di qualcosa diverso dalla famiglia. 



Se, dunque, le unioni fra persone dello stesso sesso non possono essere equiparate alla famiglia, il testo Cirinnà rischia di essere fuori dal seminato costituzionale. Ancor più, cade il presupposto giuridico per consentire le adozioni, comprese quelle del figlio del convivente, la cosiddetta stepchild adoption, anche perché finirebbe per legalizzare, con una considerevole dose di ipocrisia, l’utero in affitto praticato all’estero, che rimane invece vietato in Italia. Persino la signora Renzi, su questo punto, sarebbe contraria, come pure la stragrande maggioranza degli italiani, come certificato da alcuni sondaggi.

Renzi è contrariato dalla “lista di proscrizione” dei senatori democratici anti-Cirinnà pubblicata dal sito gay.it. Non solo la giudica una grave scorrettezza. Per lui è addirittura un autogol, una mossa controproducente, che rischia di esasperare animi già esasperati e di compromettere l’esito finale. In buona sostanza, secondo il premier il fronte favorevole ai diritti civili, non contento di vincere, vorrebbe stravincere. Portare a casa le unioni gay, insieme al diritto alle adozioni. 

Dice un vecchio adagio che “chi troppo vuole, nulla stringe”. Di conseguenza, un passo storico rischia di trasformarsi in una clamorosa occasione perduta. Renzi, invece, il risultato vuole portarlo a casa a tutti i costi. Lo ha promesso nella conferenza stampa di fine anno (“il 2016 sarà l’anno dei diritti civili”), e gli serve per connotare come di sinistra il “suo” Pd. Un fallimento non è contemplato.

Renzi ha un disperato bisogno dello “scalpo” delle unioni civili, da esibire tanto in sede nazionale, quanto di Partito Socialista Europeo. I dettagli sono secondari. E se la stepchild adoption dovesse diventare un ostacolo insormontabile per raggiungere questo obiettivo, non esiterà un solo istante ad abbandonarla al suo destino, convinto che sarà la magistratura con gradualità a mettere a posto le cose. 

Due però sono le variabili da tenere sotto controllo. La prima sono i numeri per far passare le unioni civili, visto che cancellando le adozioni verrebbe meno il sostegno dei 5 Stelle. Per questo Renzi deve avere la certezza di recuperare sia i cattodem, sia Area Popolare prima di dare via libera allo stralcio delle adozioni. La seconda variabile a rischio è la tenuta del Pd nel dopo. E questo non può farlo dormire sonni tranquilli, anche perché la frattura generata dalle adozioni gay è trasversale, con ex dirigenti Cgil laicissimi schierati con i cattolici, insieme a diversi renziani della prima ora, mentre Bersani e molti della minoranza si sono posizionati nella trincea che ufficialmente è quella presidiata dalla segreteria del Pd. 

Per ora, infatti, la posizione ufficiale dei democratici è che il testo Cirinnà non si tocca, stepchild adoptioncompresa. Ma ben difficilmente vedrà la luce in questa formulazione.  Pur di non apparire sconfitto, Renzi sta studiando il momento in cui abbandonarlo e modificarlo in maniera significativa. E non si tratterà solo di cancellare la stepchild adoption.

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