«In cambio del fatto che l’Italia non avesse più peso, da Monti in poi la Commissione Ue non ci ha creato particolari problemi. Ora che Renzi non vuole più accettare il ruolo di un governo “servile”, si scontra con il limite oggettivo di un debito pubblico che ci impedisce di contare». Lo afferma il professor Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie. Il crollo dei titoli bancari in Borsa e la polemica tra Juncker e il governo Renzi fanno pensare a una situazione simile a quella del 2011. Allora lo spread a livelli record e le pressioni provenienti da Bruxelles portarono a una caduta del governo Berlusconi e a una sua sostituzione in corsa con Mario Monti.



Professore, oggi si sta ripetendo quanto avvenne nel 2011?

Nel 2011 l’Italia era sotto attacco da parte della finanza internazionale perché c’erano banche tedesche come la Deutsche Bank che vendevano i titoli italiani. Non esisteva ancora quella rete di sicurezza che è il Quantitative easing. L’attacco del 2011, che riguardava innanzitutto il debito pubblico, oggi non può ripetersi perché la Bce sta acquistando il surplus di debito pubblico italiano in vendita. Inoltre, il mercato è estremamente liquido e lo spread viaggia su livelli bassi. Nel 2011 inoltre era il debito pubblico a essere nel mirino, mentre le nostre banche erano solide.



Che cosa sta accadendo al nostro sistema bancario?

Le banche che in Borsa hanno sofferto di più rischiano un’eventuale insolvenza, perché nel 2016 le sofferenze aumenteranno ancora per ragioni fisiologiche. Fin dal 2012 la manovra di Monti ha portato a un aumento eccessivo della pressione fiscale, facendo crollare il Pil. Questo si è tradotto in una crescita media nazionale delle sofferenze bancarie che anche nel 2015 è stato pari al 5% rispetto all’anno precedente, ossia 10 miliardi su 200. Questo 5% non si distribuisce però in modo proporzionale tra tutte le banche, ma riguarda soprattutto alcune in difficoltà.



L’attacco di Juncker a Renzi è paragonabile alle risatine di Sarkozy e Merkel nei confronti di Berlusconi?

Nel 2011 le risatine di Sarkozy e Merkel si proiettarono negativamente su Berlusconi e sull’economia italiana. Oggi invece abbiamo un problema serio legato alle nostre banche che le Borse hanno registrato, e che non dipende direttamente da Juncker: il tracollo delle Borse non è l’effetto della sfiducia del presidente della Commissione Ue. Ciò che si proietta negativamente è un fenomeno endogeno all’economia italiana. Lo scontro tra Renzi e Juncker è invece tutt’altra questione.

In questo caso da dove nasce?

La sua origine è politico-culturale. Juncker è stato eletto presidente della Commissione Ue grazie ai voti del Pd. Renzi sperava che Juncker inaugurasse il principio della flessibilità in cambio di riforme. Solo che questa concessione di Juncker era condizionata agli equilibri della Commissione europea. L’errore di Renzi è stato pensare a Juncker come al capo di un governo europeo capace di condizionare gli altri membri. Al contrario è Juncker a essere sotto il controllo degli altri Paesi Ue, e soprattutto di Francia e Germania, i quali hanno scelto la Commissione Ue.

 

Da tempo il governo italiano non era sotto attacco da parte di Bruxelles. Che cosa è cambiato adesso?

In cambio del fatto che l’Italia non avesse più peso, da Monti in poi la Commissione Ue non ci ha creato particolari problemi. Monti e Letta del resto hanno fatto quello che voleva la Commissione Ue. Renzi al contrario ha chiesto delle deroghe, che inizialmente gli sono state concesse perché stesse tranquillo. La festa però è finita presto.

 

Che cosa si è rotto?

Dall’epoca della rimozione di Berlusconi l’Italia ha chiuso il ciclo storico in cui era importante nell’Unione Europea. Oggi Renzi sembra essersi svegliato, scoprendo che il nostro Paese non conta più, e che il suo stesso esecutivo è stato voluto dall’Europa per avere un governo “servile”. Prima c’è stato il governo tecnico che per sua natura era debole, e quindi c’è stato quello politico del Pd che è stato comunque considerato servile. È il debito pubblico così elevato però a impedirci di uscire da questo ruolo.

 

In questo contesto quale ruolo assume il dibattito sulla bad bank?

La Commissione Ue è irritata con l’Italia che deroga dai principi del bilancio, e quindi compie questo scambio virtuoso. Renzi pretende di fare debito pubblico e di usare i soldi per gli aiuti di Stato alle banche? O il governo italiano mette a posto il bilancio, e allora la Commissione Ue darà l’ok agli aiuti alle banche nel quadro di una ristrutturazione. Oppure l’Italia si troverà con un debito eccessivo e con un problema di sofferenze bancarie, e allora la Commissione Ue vieterà un intervento pubblico.

(Pietro Vernizzi)