“C’è stato uno scambio di parole virili, ma è normale in democrazia e non avrà conseguenze”. Così Jean-Claude Juncker cerca di chiudere la “polemica” tra Italia e Commissione europea apertasi dopo le sue dichiarazioni di venerdì. Resta il fatto che nel frattempo Bruxelles ha aperto una “indagine approfondita” sul piano di salvataggio dell’Ilva di Taranto, uno dei fronti aperti tra Roma e la Commissione, insieme al via libera definitivo alla Legge di stabilità 2016 e al progetto di bad bank, che sarebbe importante per ridare respiro al settore bancario sfiancato da giornate di pesanti cali in borsa. Sul “braccio di ferro” tra Roma e Bruxelles abbiamo sentito Tobias Bayer, corrispondente dall’Italia per il quotidiano tedesco “Die Welt”.
Che idea si è fatto di questo “scontro” tra Italia e Commissione Ue? Chi ha ragione?
Quando una coppia litiga, spesso entrambi hanno ragione e hanno torto allo stesso tempo. Capisco la frustrazione del Governo italiano: il tema dell’immigrazione non viene affrontato in maniera soddisfacente. Però, capisco anche l’irritazione della Commissione Ue, che è il bersaglio privilegiato delle critiche italiane. Ritengo che né il governo italiano, né la Commissione Ue fanno una bella figura in questo momento.
Tutto è cominciato venerdì con la conferenza stampa di Juncker. Qual è secondo te la vera causa dello “sfogo” del Presidente della Commissione Ue?
Renzi è un abile comunicatore che adesso gioca la carta “anti-europeismo”. Si presenta come l’eroe che riforma il Paese, che si batte per la crescita e che viene frenato dagli uomini grigi di Bruxelles con la calcolatrice in mano. È un racconto politico e, dal mio punto di vista, in gran parte una favola. Juncker ha colto l’occasione per illustrare la sua versione e per far capire che Renzi non ha l’esclusività sul versante della flessibilità, della crescita, degli investimenti.
Renzi ha già avuto modo di spiegare che lui non ce l’ha con nessuno, che fa solo delle domande e pone delle questioni, perché in Europa è come se ci fossero due pesi e due misure. Non ha ragione?
Renzi non pone delle questioni. Renzi critica. In pubblico, beninteso. È una rottura con il passato. I governi Monti e Letta rappresentavano lo spirito del dialogo. Si discuteva soprattutto dietro le quinte. Renzi ha scelto lo spirito della conflittualità. È un approccio diverso. Direi anche più rischioso, perché tira in ballo la credibilità dell’Italia e dell’Ue.
Tra Italia e Ue ci sono diverse questioni in ballo: l’Ilva di Taranto, l’approvazione a primavera della Legge di stabilità, la bad bank. Non è che il vero nodo sta qui? Cioè che l’Italia chiede troppo e l’Ue non può o non vuole darglielo?
Non so se l’Italia chiede troppo. Ho l’impressione che l’Italia stia chiedendo “male”. Mi spiego: per convincere la Commissione Ue e gli altri stati membri come la Germania ci vuole una conoscenza profonda dei vari dossier, dei vari trattati. Ci vuole tempo e determinazione. Ci vuole la volontà di parlare con gli interlocutori europei. Mi pare che il governo di Renzi, con tutto il rispetto, abbia meno competenza, meno esperienza e meno pazienza degli esecutivi precedenti. Faccio un esempio.
Quale?
Prendiamo la Legge di stabilità. I governi Monti e Letta hanno ottenuto “flessibilità” da Bruxelles. Monti, per esempio, per pagare i debiti della Pa. Renzi ha ottenuto la “flessibilità” nel 2014 per le riforme strutturali. Adesso, chiede la “flessibilità” per lo stesso motivo. Non mi stupisce che la Commissione Ue sia perplessa. Aggiungo che l’abolizione della tassa sulla prima casa non piace a nessuno a Bruxelles. Non è un’idea del futuro, ma un fantasma del passato.
Secondo lei, come finirà questo “braccio di ferro”? L’Italia corre dei rischi com’è successo nel 2011?
Non esageriamo. L’Eurozona è più stabile di 4-5 anni fa. L’economia italiana si sta riprendendo. Grazie al calo dell’euro, del petrolio e dei tassi d’interesse. Il rischio oggi è meno economico che politico. L’Italia è un pilastro del progetto europeo. Un conflitto fra Roma e Bruxelles danneggia l’Ue in un momento abbastanza complesso. Per contenere i vari nazionalismi, in Francia, in Polonia, in Ungheria e altrove, occorre una forte spinta europea in Germania e Italia.
Ma mettere l’Italia “nell’angolo” o in difficoltà, come sta accadendo per la bad bank, non è un rischio per l’Ue stessa?
Propongo una soluzione: voi ricevete la vostra bad bank. E dopo Renzi fa un selfie con Juncker con il telecomando in mano. Va bene?
(Lorenzo Torrisi)