“Sulla questione delle unioni civili è giusto che il Parlamento si metta in ascolto del Paese. Questo significa riconoscere i diritti delle coppie gay, senza equipararle al matrimonio e senza favorire di fatto tecniche come l’utero in affitto che sono sbagliate anche nell’ottica dei diritti delle donne”. A osservarlo è Antonio Polito, vicedirettore ed editorialista del Corriere della Sera. Mentre a proposito del Family day che si terrà a Roma sabato 30 gennaio, Polito aggiunge che “è interesse dell’intera comunità nazionale se i cattolici parlano, anche a voce alta come è naturale che avvenga in un dibattito pubblico. I vescovi italiani giustamente hanno scelto di non guidare la mobilitazione, ma è necessario che i cattolici laici si esprimano di fronte a tutti”. Martedì intanto il gruppo del Pd al Senato ha approvato all’unanimità una mozione a favore dell’impianto generale del ddl Cirinnà. Il capogruppo Luigi Zanda ha sottolineato: “La volontà politica finale è unanime anche se ci sono nodi da sciogliere” e “nulla giustifica la mancanza di rispetto” per le opinioni altrui.
Polito, come si metterà il dibattito interno al Pd sul ddl Cirinnà?
Il gruppo al Senato si è schierato all’unanimità a favore della legge. Ha quindi accettato l’impianto generale del ddl Cirinnà, stabilendo che nessuno possa votare affinché la norma sia dichiarata incostituzionale. D’altra parte i punti più delicati del testo saranno quasi certamente coperti dalla libertà di coscienza. Do per certo che questo riguarderà tutti gli emendamenti sulle adozioni. Quindi questa decisione conferma soltanto che il Pd è unito nel volere la legge sulle unioni civili. Non lega però a una disciplina di partito i punti più controversi della legge.
C’è il rischio di una spaccatura del Pd?
Per come è impostata la questione, la spaccatura è evitata. Quando si dà libertà di coscienza, è sottinteso che non c’è spaccatura se si vota diversamente. Nel Pd ci sarà sicuramente un voto diversificato, molto probabilmente anche a scrutinio segreto.
Domenica il Corriere ha pubblicato una lettera di don Julián Carrón, leader di Cl, sulle unioni civili. Qual è il suo commento?
Quello di don Carrón è un appello alla ragionevolezza, tanto per usare un termine caro anche a don Giussani. L’invito è a cercare di capire anche i bisogni e le aspirazioni di chi non la pensa come te. E’ questo ciò che deve fare il Parlamento. Deve cioè ascoltare la società italiana, al cui interno la maggioranza è assolutamente d’accordo sul fatto che è necessario fare le unioni civili e riconoscere i diritti delle coppie di fatto. E nello stesso tempo ascoltare la preoccupazione che questo nuovo istituto dell’ordinamento italiano non riduca di valore le unioni matrimoniali.
Come valuta la questione relativa all’utero in affitto?
La questione dell’adozione dei bambini da parte delle coppie gay suscita molta preoccupazione. Il riconoscimento del figlio naturale del partner potrebbe infatti incentivare il ricorso a tecniche come l’utero in affitto, che anche da parte di molte femministe è considerata una cosa sbagliata.
Nell’ottica di questa ricerca di una mediazione, lei come valuta il Family day?
Ritengo che sia interesse dell’Italia, intesa come comunità nazionale, se i cattolici parlano. Nel dibattito pubblico è normale che si intervenga anche ad alta voce, esprimendo inoltre tutte le sfumature che ci sono tra i cattolici. Tra questi non tutti la pensano allo stesso modo sui dettagli o su aspetti particolari. I valori sono comuni, ma tra i cattolici laici ci sono opinioni diverse su come poi questi valori si applichino nella legislazione. I vescovi italiani d’altra parte hanno avuto una grande attenzione a non guidare nessuna mobilitazione.
Che cosa farà l’M5s qualora il ddl Cirinnà fosse modificato?
Spero che l’M5s non approfitti del momento per una manovra politica. Potrebbe essere tentato di farsi ispirare dal semplice gusto di mettere in difficoltà il governo. Questa manovra gli potrebbe essere consentita se il compromesso fosse tale da poter essere giudicato insoddisfacente dall’M5s. Auspico invece che il movimento compia valutazioni nel merito e che sia ugualmente interessato al fatto che il disegno di legge sia approvato.
Quali ripercussioni avrà l’ingresso dei verdiniani nella maggioranza?
Nessuno nel Pd ha mai votato su un accordo di maggioranza con Ala, e quindi immagino che si aprirà una discussione. Il dato di fatto è che il gruppo di Verdini oggi vota con il Pd. La cosa curiosa però è che la sinistra Pd fa tanta polemica sui voti di Verdini a favore della riforma costituzionale, mentre non batte ciglio quando Ala vota a favore delle unioni civili. Quei voti “puzzano” o meno a seconda degli effetti che provocano.
Intanto stiamo entrando nel vivo delle primarie del Pd. Come si metterebbe per Renzi se le amministrative andassero male?
E’ difficile che il Pd sia sconfitto a Milano. Se però perde Roma e non prende Napoli, dal punto di vista politico sarà un brutto colpo. Questo non aprirebbe nessuna crisi di governo, ma potrebbe produrre il suo effetto mediatico anche sul referendum costituzionale che si terrà qualche mese dopo.
A Roma il Pd ha delle chance di vincere?
Quella di Roma non è una partita vinta o persa in partenza per nessuno. A contare tantissimo sarà la scelta del candidato dell’M5s. Anche a Milano si sta discutendo se cambiarlo o meno, perché è chiaro che Patrizia Bedori non è in grado di trainare la campagna. Ricordiamoci che alle amministrative si sceglie il sindaco, non il partito: per legge si vota una persona che ha poteri straordinari molto forti e penetranti. A Roma sono ancora incerti i candidati tanti di M5s quanto del centrodestra. D’altra parte Giachetti è un bel combattente, e quindi il Pd nella Capitale non parte affatto battuto.
(Pietro Vernizzi)