Gli incontri ufficiali sono una cosa. E in genere vanno sempre bene. Quello che sta dietro o all’interno di questi incontri e di questi rapporti tra due personalità di Stato è un’altra cosa. Stefano Folli, grande analista di politica, ex direttore del Corriere della Sera, editorialista attualmente di Repubblica, guarda con fredda lucidità al risultato del “faccia a faccia” tra il cancelliere tedesco, Angela Merkel, e il nostro presidente del Consiglio, Matteo Renzi, dopo le polemiche, le dichiarazioni e le frasi anche dure dei giorni scorsi.
Che ne pensa Folli? L’incontro tra Renzi e Angela Merkel c’è stato, le dichiarazioni successive sottolineano l’importanza di un accordo tra Italia e Germania, di una conferenza economica europea per risolvere i tanti problemi che l’Unione deve affrontare.
Gli incontri, le dichiarazioni comuni, le conferenze stampa successive rassicuranti appartengono a una liturgia necessaria. Poi ci sono i problemi reali. E i problemi di fondo restano tutti, a mio parere. Abbiamo di fronte un nodo come quello del Trattato di Schengen. In tutti i casi mi è sembrato utile e importante che il nostro premier abbia ammorbidito i toni. Una politica di contestazione all’Europa, alla Merkel e alla Germania può farti guadagnare, nel breve, qualche punto in percentuale, ma poi, se non si esce in modo convincente dalla crisi che attraversiamo, c’è il rischio di tirarsi addosso maggiori contestazioni.
Perché lei pensa che sia meglio stabilire un accordo costruttivo e non polemico con Angela Merkel e la Germania?
Comunque si sviluppino le questioni europee, un legame costruttivo e non contraddittorio con la Germania di Angela Merkel è necessario per l’Italia e per Matteo Renzi. E’ vero che la Merkel si è indebolita in questo periodo. Ma l’equilibrio politico possibile del dopo-Merkel, in Germania in questo momento, non può che essere meno europeista di quello attuale, senz’altro più nazionalista di quello che garantisce il cancelliere tedesco.
Non si capisce per quale ragione Renzi abbia allora alzato i toni e si sia messo in una posizione di contestazione e protesta. E’ possibile che non si renda conto del contesto politico che lei ha appena descritto?
Io spero che lo abbia compreso, che lo capisca. Non lo so dire con certezza. Ma spero e credo che abbia capito. Non penso affatto che abbia suggeritori esterni quando alza i toni. Forse si immedesima lui in una parte che pensa possa attiragli simpatie da altri. In realtà penso che abbia compreso quello che Angela Merkel ha rappresentato in questi mesi per un uomo come il presidente della Bce, Mario Draghi.
A ben vedere la sponda più decisiva per l’azione di Mario Draghi è stata la capacità di mediazione di Angela Merkel in una Germania dove il presidente dalla Bce non è affatto popolare.
Appunto. Basta questo per comprendere quanto sia importante un rapporto non conflittuale tra l’Italia di Renzi e la Germania della Merkel. L’unico fatto che ha veramente un peso è stato questo sostegno a Draghi, che ha salvato l’Italia. Su chi altro può fare affidamento in Europa? Spero che Renzi capisca che se chiede di parlare con la Francia e Hollande lo fa incontrare con Manuel Valls, il primo ministro, vuol dire che alla Francia non interessa un incontro con l’Italia. Perché a Parigi c’è il presidenzialismo e il presidente che conta è François Hollande.
Matteo Renzi non deve affrontare solo questioni europee, ma ha davanti un anno tutt’altro che semplice. Sarà un anno duro per tanti. Basta pensare che finisce con le elezioni americane. Ma Renzi dovrà fare i conti con molte scadenze: partito, legge sulle unioni civili, amministrative, referendum sulle riforme istituzionali e naturalmente la ripresa, una fuoruscita reale e convincente dalla crisi.
Convengo sulle difficoltà che il premier si trova di fronte in quest’anno. Si può dire che ha una certa stabilità, anche perché non mi sembra che si presentino alternative credibili alla leadership di Renzi. Certo, non ha sfondato al centro, come tutti pensavano che facesse. Il centrodestra è imploso, ma Renzi non sfonda al centro e resta su una quota che è paragonabile a quella che aveva Veltroni, cioè a una percentuale che si aggira intorno al 32-33 percento. L’avversario più forte nell’attuale centrodestra è Matteo Salvini, che però, realisticamente, non salirà mai sopra la cifra attuale del 15 percento, quota comunque di tutto rispetto per un partito di destra radicale come l’attuale Lega Nord.
Le prossime amministrative della primavera, Folli, possono rappresentare un pericolo per la stabilità di Renzi?
E’ evidente che siano una preoccupazione da affrontare con grande attenzione, ma non mi pare che possano essere una trappola per Renzi. L’importanza di queste amministrative, la vedo concentrata soprattutto a Milano e lì il candidato di Renzi, Giuseppe Sala, è quello che rappresenta veramente il partito-nazione e non mi pare che abbia avversari forti. In più, sanno tutti che Sala, che piace a tutti, che va bene anche a Berlusconi in fondo, ha un accordo con Majorino, che sta logorando la Balzani alle primarie. Ecco, Sala a Milano è l’esempio del partito nazione che nel resto d’Italia non riesce a Renzi.
Il presidente del Consiglio può permettersi perdere altrove?
Bisognerà vedere i risultati complessivi, questo è evidente, ma la partita di Milano, l’importanza di Milano, mi pare decisiva per la sua attuale stabilità. Napoli e Roma, ad esempio, non rappresentano un test come quello milanese. Poi si presenteranno altri problemi, ma fin che non c’è un’alternativa credibile è difficile vedere Renzi in grandissima difficoltà. Il premier è in difficoltà, ma riesce ancora a reggere. Senza alternative il rischio più vicino è quello di una grande disaffezione, di una grande fuga dalle urne e dal voto.
(Gianluigi Da Rold)